Petra Delicado: un ossimoro vivente

Ho sempre apprezzato e molto il personaggio di Petra Delicado, la poliziotta protagonista dei libri della spagnola Alicia Gimenez Bartlett. Una donna moderna, anticonvenzionale, allergica ai sentimentalismi e ai cliché familiari che già nel nome mostra di essere un ossimoro vivente. Una figura molto vera, in cui mi sono più volte riconosciuta, che vive, come molte di noi, la difficoltà di coniugare una professione difficile e totalizzante con gli affetti familiari, che ha voglia di ritagliarsi spazi e momenti solo suoi, di non veder fagocitare la propria essenza sull’altare degli interessi altrui. Ho letto tutte le sue indagini e libro dopo libro ho cercato di conoscere meglio la determinata e volitiva ispettrice catalana. L’autrice, come capita in tutti i libri seriali, ha svelato qua e là alcune delle caratteristiche della sua eroina, ma senza rivelare mai da che cosa nascessero alcune delle sue idiosincrasie e il perché di alcuni suoi modi di essere. Lo fa in questo romanzo, imperdibile per chi ama Petra, ma anche per chi vuole iniziare a conoscerla.

Sentivo la necessità di stare da sola? Immagino di sì. Io ho sempre bisogno di un momento per me, per piccolo che sia. Credo si tratti di un esigenza comune a tutte le donne. L’ordine mentale, messo a dura prova delle attività quotidiane, tende a ricomporsi quando non abbiamo nessuno intorno. L’assenza di altri esseri umani ci aiuta a ricordare chi siamo veramente. In ogni caso credo che la decisione di regalarmi una pausa di sette giorni in solitaria nascesse soprattutto dal desiderio di riflettere sulla mia vita. Come la quasi totale del genere femminile anch’io sono una creatura poliedrica e multitasking. Le mie funzioni sono svariate, sebbene non originali, e mi impongono di mostrare volti diversi: uno per la famiglia, uno sul lavoro, uno nei rapporti sociali, un altro ancora nella vita amorosa… Un bel numero di maschere che devono entrare in scena tutte insieme quando si alza il sipario. Con tutto questo teatrino e i suoi numerosi drammi rischiavo di dimenticare che ero io la protagonista della mia vita, non una comprimaria”.

Decisa a prendersi una settimana solo per sé, per riflettere sulla sua vita e «per riprendere le redini del presente», si ritrova, a causa del tempo brutto, rinchiusa tra quattro mura in una cella monastica e per passare il tempo decide di mettere nero su bianco la sua storia.

Petra parte proprio dall’inizio, dalla sua nascita in una famiglia con un padre remissivo, una madre egocentrica e teatrale, e due sorelle maggiori. E’ soprattutto il rapporto con la madre, sempre al centro di qualsiasi storia, a farle nascere l’idea che ricevere amore non è una scelta ma una cosa che subisci senza meriti e senza nessuna possibilità di reazione.

«In ogni caso, l’amore prese forma nella mia mente come qualcosa che ricevi anche se non lo meriti, e lo ricevi perché chi esprime quel sentimento ha sottoscritto con se stesso un patto cruciale che ti coinvolge, che tu lo voglia o no».

La madre le ha instillato fin da piccola il senso di colpa perché con la sua nascita, in qualche modo, le rovinato la vita, ma ciò nonostante ha sempre sostenuto che l’ha amata infinitamente. E con questa insanabile contraddizione Petra ha dovuto fare i conti e convivere.

Soltanto l’inizio dell’università le permette di entrare in contatto con un mondo diverso, più vasto e sfaccettato, in cui le sue idee e il suo modo di essere non sono più una anomalia.

Ero al colmo della contentezza, non ero più costretta a nascondere o a tacere le idee che avevo ereditato, come ero stata costretta a fare sin da piccola. In quelle aule io non ero più un eccezione. E al tempo stesso, in un contesto così ideologizzato, finì per rendermi conto che la politica sì, era importante, ma non così fondamentale per me. Io tendevo a una vita più bohemienne. Mi sentivo più a mio agio in cui lo scetticismo e l’umorismo, il dubbio permanente e un atteggiamento libertario erano alla base delle relazioni. Ma anche quel tipo di gente non era difficile da trovare nella mia facoltà. Inoltre, anche se non diventai mai loro intima amica, mi piacevano gli eccentrici, gli originali al limite dell’emarginazione”.

E’ però l’incontro con Hugo a determinare la svolta più significativa della sua esistenza.

Mi innamorai. Mi innamorai fino al midollo, fino al nucleo di ciascuna delle cellule che costituivano il mio giovane corpo. Il mio era un amore assoluto, totale, che non ammetteva analisi né radiografie. Non ci fu un solo momento in cui mi domandai perché mi fossi innamorata, che cosa avesse di speciale Hugo per avermi rubato la ragione. Era un amore che mi faceva bene, o un amore inutile, accidentale, molesto?… Era tale la grandezza di quello che provavo che l’amore finiva per impedirmi di osservare l’oggetto amato. Come se l’importante non fosse Hugo, ma l’amore in sé, quella corrente impetuosa di un fiume ampio e inarrestabile che si faceva strada fino all’ultimo angolo della mia coscienza”.

Petra sposa Hugo piena di illusioni, convinta che il progetto del marito (diventare avvocato e aprire uno studio legale insieme) sia anche il suo. Non ha tenuto conto che il marito è ossessionato dal successo e che quel “progetto” non è suo e lei infondo non ne fa parte. Per evitare di diventare una donna perennemente insoddisfatta, che passa da una relazione all’altra, pur di sentirsi viva, decide di divorziare.

Questa la porta a riflettere su se stessa, a rendersi conto che la Petra che lei crede di essere, “l’indomita e la selvaggia, la ribelle con la fama della ragazza intelligente”, si è lasciata abbindolare da qualcosa che non voleva, ad intraprendere degli studi e una carriera che non erano nelle sue corde. Non può ricominciare gli studi, ma può abbandonare la professione forense ed entrare in polizia. Gli anni dell’accademia, il senso di cameratismo, le amicizie strette lì, scorrono come il periodo per certi versi più intenso, anche perché privo di vere responsabilità, della sua vita, quello che però le permette di rimettere a fuoco la sua vita e fare nuovi progetti. Certo, prima di diventare ispettrice e fare finalmente il lavoro che vuole, dovrà trascorrere una sorta di purgatorio nell’Ufficio Documentazione del commissariato, apprezzata per la sua capacità di organizzare e archiviare i fascicoli. Di nuovo topo di biblioteca e non segugio di criminali.

In quel momento nella sua vita piomberà un originale e assai più giovane, ristoratore, Pepe, il più improbabile e assurdo secondo marito che le potesse capitare. E nonostante le buone intenzioni, i principi e le affermazioni, ricadrà nella trappola di un amore che non le corrisponde pienamente e in una relazione che lei sente, fin da subito, sbilanciata e destinata ancora una volta a crollare. Ma Petra sa che “La vita continua sempre, questo è un grande insegnamento” e che anche dopo le brutte esperienze, ci si rialza e si riparte, altrimenti l’umanità non si sarebbe mai evoluta.

La stupidaggine che avevo commesso può essere definita errore umano, volendo usare una formula compassionevole. Tutti tendiamo a sbagliare, e quando è in gioco l’amore questa tendenza si trasforma in una vera compulsione. Qualcuno potrà dire che ci sono e ci sono sempre stati matrimoni riusciti, ma che cos’è un matrimonio riuscito? Quello che dura più a lungo, basato sull’assoluta fedeltà? O quello in cui la convivenza è più facile e serena? Non ne ho idea, so solo che ormai io ero lì, per lottare per il benedetto progetto comune, ad arrancare e inciampare come un cane randagio che non sa dove va. È innegabile che avevo vagamente intuito il panorama che mi attendeva, e che quei sentimenti si erano manifestati dentro di me con intensità crescente, ma io non avevo voluto ascoltarli, o semplicemente non ne avevo avuto il coraggio”.

E finalmente arriverà il tanto desiderato primo caso da risolvere e l’incontro con il fido partner Fermin Garzon, che si affinerà, fino a diventare vera amicizia, caso dopo caso e libro dopo libro. Perché l’ultima parte è una sorta di riassunto accennato a quelli che sono stati i casi via via raccontati dalla scrittrice spagnola nei libri dedicati a Petra.

Tra le pagine scorrono i ricordi di Petra e sullo sfondo si intravede una Spagna che vive il tramonto del regime franchista e il ritorno alla democrazia, con tutte le ferite legate al periodo più buio della storia iberica e l’euforia del periodo successivo. Ne emerge il ritratto di una donna forte e contraddittoria, una donna che sa cosa vuole, ma che ammette di aver commesso, come tutti, degli errori. Una donna consapevole di ciò che vale, che non accetta di farsi mettere i piedi in testa da chicchessia.

Un libro inutile? Non direi, per chi ha apprezzato le indagini di Petra e lo stile di Alicia Gimenez-Bartlett si ha modo di approfondire il personaggio, di comprendere meglio alcuni dei suoi meccanismi difensivi, di entrare un po’ di più nella sua testa. Infondo noi lettori ci affezioniamo ai personaggi seriali, diventano un po’ degli amici, di cui ci piace conoscere pregi e difetti, punti di forza e debolezze, segreti e bugie.

Autobiografia di Petra Delicado di Alicia Gimenez-Bartlett – Sellerio editore (2021) – pag. 455

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