La moda nel 1600: dal dominio spagnolo al Re Sole

Nei primi anni del 1600 la moda femminile fu ancora caratterizzata da rigidi busti a punta, dalla gonna a campana, dagli abiti chiusi sul busto, senza scollature, con colli importanti e rigidi di pizzo inamidato, detti a gorgiera, e gioielli sparsi su tutto l’abito. Il colore nero, di derivazione spagnola, era preferito agli altri.

La rigidezza degli abiti, che trasformava la figura in forme geometriche e impediva movimenti sciolti, dava al corpo una forma ieratica che sottolineava la superiorità morale dell’aristocrazia rispetto alla volgarità della plebe. Si andava delineando con molta forza il vestito delle classi alte, che trovò un parallelo anche nell’arte, dove il popolo era dipinto in forma grottesca e caricaturale.

Dopo la guerra dei Trent’anni, lo stile si modificò. L’abbigliamento maschile doveva sembrare maestoso, incutere paura, essere adatto alle armi. Caratteristico dell’epoca fu il costume quasi militaresco, con l’uso perenne degli stivali in cuoio, lo spadone e marziali baffi alla moschettiera. I vestiti femminili tornano ad aprirsi sul davanti, arricciandosi lateralmente con scollature a barchetta sottolineate da grandi collari di pizzo.

I gentiluomini seicenteschi privilegiano in primo luogo la comodità, abbinandola, ovviamente, a una forte passione per l’eleganza. I pantaloni a sbuffo tipici del secolo precedente rimangono, ma si allungano, arrivando fino al ginocchio. Il busto è coperto da giacche con decorazioni elaboratissime, impreziositi da colletti in pizzo molto voluminosi. Per completare il look, i signori del Seicento, amavano portare stivali alti con risvolto, dentro ai quali finivano i pantaloni. La spada, inoltre, occupa il fianco di ogni uomo di alto rango.

Il 1600, però, passato alla storia come Barocco, (termine incerto che indica stravagante o bizzarro) diede il via ad una sovrabbondanza di decorazioni, con un forte senso di teatralità, e anche il vestito fu caricato fino all’inverosimile, perdendo del tutto il senso di essenzialità che era stato caratteristico del primo Rinascimento.

Il gusto seicentesco in fatto di moda si può classificare come opulento, creativo e molto sensuale.

Dal 1660 circa, il centro della moda divenne la Francia (e lo rimarrà per un paio di secoli).

Dopo la fine della Guerra dei Trent’anni, infatti, questo paese vide il suo potere crescere esponenzialmente a discapito della Spagna, la cui influenza sulla moda aveva imposto un carattere di rigore e moderazione. Il cambiamento si manifestò principalmente con l’avvento del re francese Luigi XIV, che si batte affinché il suo Paese divenisse punto di riferimento non solo politico, ma anche culturale per il resto d’Europa.

Con il regno di Luigi XIV la corte di Versailles divenne il fulcro di tutte le novità.

Luigi XIV, detto il re Sole obbligò la nobiltà francese a trasferirsi a Versailles, memore dei problemi che i suoi antenati avevano avuto coi feudatari ai tempi della Fronda. La vita della reggia ruotava attorno a lui, che comandava la sua corte in modo assoluto, imponendo comportamenti e stili vestiari. Precise regole obbligarono i cortigiani a indossare determinati capi d’abbigliamento. L’estetica maschile abbandonò i segni della forza. Il nuovo tipo di cortigiano fu chiamato “homme de qualité”, e doveva avere alcune precise prerogative come l’essere ricco, alla moda, e ricevuto in società, escludendo a priori la classe borghese.

Sotto il suo regno il Re regolava l’abito secondo le stagioni, le circostanze, il rango. Indicava la lunghezza dei galloni e perfino il materiale dei bottoni. Il re proibì l’uso delle casacche ornate d’oro e d’argento che concesse solo agli uomini più meritevoli della sua corte. Nacquero così i “justaucorps à brévet”, ossia casacche azzurre foderate in rosso e portate solo dalla sua scorta privata.

Tra il 1655 e il 1675 si impose il periodo più ricco e stravagante della moda francese, che perse la sua severità e si caricò di ornamenti frivoli. Particolarmente curiosi furono i calzoni alla “Rhingrave”, presentati a corte dal Rhein Graf (conte del Reno) e costituiti da una gonna pantalone molto larga e ornata di nastri e fiocchi laterali. Sopra al busto si indossava un bolero da cui fuoriusciva fluente la camicia. Aboliti gli stivali, tornarono le calze e le scarpe col tacco, che erano di colore rosso solo per il re e la nobiltà.

Una novità assoluta fu l’introduzione della veste a tre capi: marsina (una giacca al polpaccio), sottomarsina, un lungo gilè, e braghe corte al ginocchio. Questo insieme, detto “Habit à la française”, che dava estrema importanza alla giacca, che andò ad allargarsi verso il basso, con tasche e risvolti, fu copiato in tutta Europa. Altra novità fu l’uso della parrucca maschile, un torrione di riccioli che arrivava a mezzo busto e ingrandiva e stilizzava l’aspetto di chi la portava. La parrucca più costosa era di capelli veri, mentre chi non se la poteva permettere se la faceva fare in crine o lana.

Infine al Seicento si deve l’invenzione della cravatta, all’inizio una lunga striscia di mussola ornata di pizzo che veniva avvolta negligentemente attorno al collo. Questo tipo di nodo provvisorio fu imitato dopo la battaglia di Steinkerque, quando gli ufficiali dovettero accorrere in fretta e furia sul campo, annodandosi malamente la cravatta. Il merletto, inventato a Venezia un secolo prima, e rigidamente protetto dalle leggi della Repubblica, fu introdotto con uno stratagemma in Francia e adottato da uomini e donne.

Maria Teresa d’Asburgo, moglie di Luigi XIV

L’evoluzione dell’abbigliamento femminile andò invece verso il progressivo abbandono della tenuta formata da busto rigido, gonna e soprabito, a favore del “manteau”, un abito ampio con sopragonna ed elaborati drappeggi posteriori.

Si introdusse la moda delle cuffie, dette alla Fontange, nate per caso dalla omonima favorita del re Sole che, durante la caccia, si spettinò i capelli e, audacemente, si sollevò la gonna e con le giarrettiere creò questa nuova acconciatura.

Durante una festa di caccia la deliziosa favorita di Luigi XIV, Marie Angélique de Scorailles, duchessa di Fontanges,venne colpita improvvisamente da una raffica di vento che le scompigliò la pettinatura. Per ricomporsi in modo veloce, prese un nastro (alcuni dicono che in realtà fosse una giarrettiera) e si legò I capelli. Il re trovò questa acconciatura improvvisata così affascinante che le chiese di portarla assiduamente, in poco tempo tutte le dame di corte la copiarono.

Così nacque intorno al 1679 l’acconciatura con”cuffia à la Fontanges”, moda che durò una decina d’anni. In questo periodo le dame gareggiavano a rendere l’acconciatura sempre più ricca di nastri, pizzi e gioielli, oltre a piramidi di riccioli tra i capelli. Erano dei veri e propri edifici sempre più alti, tanto da sorreggere le ciocche con fili di rame e cuscinetti di crine. L’altezza divenne tale che le  donne dovevano piegarsi per passare sotto le porte. 

Spopolarono anche i falsi nei in seta (conosciuti già all’epoca dei Romani) che avevano un significato galante a seconda della posizione in cui venivano incollati. La loro origine risale a un periodo in cui le epidemie di vaiolo erano all’ordine del giorno, più di 400.000 europei morivano ogni anno e i fortunati superstiti dovevano fare i conti con la calvizie, la cecità e con delle cicatrici in tutto il corpo; per nascondere  almeno le cicatrici del viso, le donne iniziarono a imbellettarsi con biacca o cerusa che però essendo realizzate a base di piombo risultavano estremamente nocive alla salute. Un altro stratagemma per nascondere le cicatrici più evidenti, fu quello dei finti nei anche conosciuti come “mouches” (mosca, in francese); realizzati in stoffe come seta, taffetà e velluto, con varianti più economiche di carta, essi furono prodotti in diversi colori, anche se i prediletti erano i neri, perché risaltavano di più sulla carnagione molto bianca  che andava tanto di moda. I nei avevano svariate forme come quella a cuore, diamante, mezze lune e stelle, ma si hanno anche testimonianze di nei a forma di animale, insetti e altre figure.
Questi nei, con il tempo crearono un proprio linguaggio che voleva comunicare con l’altro sesso le proprie intenzioni o la propria disponibilità o meno. Ai tempi del Re Sole, i nei avevano acquisito la loro simbologia che variava in base alla disposizione che arrivava anche al collo e al petto assumendo sempre nomi diversi.

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