La Moda del 1700: dal Rococò al Neo Classicismo

Nel settecento, lo stile barocco del seicento si evolve nel “Rococò” – termine probabilmente derivante dall’unione delle due parole francesi: “rocaille”, (piccole rocce) e “coquilles” (conchiglie) – a sottolineare l’amore per le decorazioni sovrabbondanti, i dettagli leziosi, gli ornamenti. Uno stile sfarzoso ed arabescato fine a se stesso, che verrà poi sostituito con il più sobrio neoclassicismo della fine del secolo, che ben rappresenta la vita superficiale e libera da preoccupazioni dell’aristocrazia,distaccata dalle preoccupazioni della vita comune, inconsapevole dei venti di tempesta, che la spazzeranno via.

Con l’avvento al trono di Luigi XV cominciano, infatti, a scontrarsi due modi di vivere e di pensare totalmente opposti: quello dell’aristocrazia parassitaria che non lavora e vive di rendita spremendo le risorse del paese, e quello della borghesia industriosa sempre più intenzionata ad emergere. Grazie anche alle idee illuministe, inizia la prima presa di coscienza di un’Europa più libera, eguale e moderna, che costituiscono la premessa ai radicali rivolgimenti di fine secolo, che influenzeranno inevitabilmente anche la moda.

La ROBE VOLANTE, appare per la prima volta nel 1705, conosciuto anche come “WATTEAU” dal nome del famoso pittore Antoine Watteau che per primo dipinse moltissimi ritratti di donne che indossavano questa veste.

Si trattava di un abito molto ampio e leggero sciolto e fluttuante, un abito definito “rotondo”, simile ad un sacco, che non costringeva la donna. Spesso era allacciato sul davanti per mostrare la camicia o l’abito sottostante. La gonna non era sostenuta da PANIER, ma faceva affidamento su sottogonne inamidate ed imbottite. L’ampio panneggio che scendeva dalle spalle e sul retro, oltre al volume era la sua caratteristica distintiva. All’altezza della linea del collo una mezza cappa dello stesso tessuto dell’abito scendeva fino al pavimento irrigidita da ampie pieghe tenute in posizione da stecche di balena o di salice. Le maniche,  di lunghezza a tre quarti, dalla forma allargata a imbuto verso il fondo (“en pagodes”) potevano avere gli orli decorati con più ranghi di trine, e un fiocco di seta che si allacciava in corrispondenza dell’attaccatura delle trine.

L’abito tipico del periodo è, però, la “ROBE A LA FRANÇAISE”, introdotto nel 1720, divenne a partire dal 1750 l’abito alternativo al grande abito di corte.

Chiamato anche “ANDRIENNE” perché fu indossata per la prima volta dall’attrice Marie Carton Dancourt durante la rappresentazione della commedia “Andrienne” di Baron (rifacimento della “Andria” di Terenzio Afro Scipione): l’attrice che interpretava il ruolo della protagonista era incinta e per nascondere la gravidanza utilizzava un ampio soprabito da indossare sul corsetto e panier.

La “ROBE A LA FRANÇAISE” era caratterizzata da un bustino stretto,  scollato e che spingeva il seno in alto, chiuso dalla “PIÈCE D’ESTOMAC” – un davantino triangolare di stoffa ricamata o decorata – da un’ampia gonna a cupola che si apriva davanti mostrando il “sottanino”, mentre sulla schiena si allargava in uno strascico che partiva dalle spalle con pieghe a cannone cucite e poi sciolte. Le maniche si allargavano a pagoda fino al gomito, da cui uscivano cascate di pizzo dette “ENGAGEANTES”. Sotto l’abito vi era la CRIADE, sottogonna rigida e i “PANIER”, intelaiatura a centri concentrici d’ampiezza crescente, direttamente attaccati al corsetto in vimini o stecche di balena legati tra loro con nastri verticali.

I grand PANIER da sera potevano raggiungere i 5 – 6 metri di apertura! Ed erano talmente larghi da impacciare i movimenti nel sedersi e nel passare le porte.

Il “PIÈCE D’ESTOMAC” veniva inserito nella parte centrale del bustino e poteva far parte del corsetto o essere posto sopra di esso. Aveva una funzione prevalentemente decorativa e allo stesso tempo nascondeva i lacci del corsetto con allacciatura frontale“

Piece d’Estomac


Una naturale evoluzione della robe “à la Française” fu l’abito “PET-EN-L’AIR” la cui giacca, abbinata ad una gonna, manteneva il motivo delle pieghe a cannone che ricadevano sul retro partendo dalle spalle.

Abito Pet en l’Air

Intorno al 1760 venne introdotto negli abiti l’uso di panneggi. La robe “A LA POLONAISE”, era portata sopra le gonne ma senza gli enormi panier dell’andrienne. La sopragonna, divisa in tre parti (da cui il nome, in cinico riferimento alla spartizione della Polonia del 1772) era arricciata tirando dei cordoncini, per ottenere i ricchi panneggi che la moda esigeva.  Era leggermente più corto del vestito alla francese e lasciava intravedere il sottogonna e le caviglie, rendendo più agevole il camminare

La robe “A LA POLONAISE”

La ROBE “À L’ANGLAISE”, così chiamata perché fu lanciata in Inghilterra, ebbe la sua massima diffusione verso gli anni settanta del Settecento. A differenza della robe à la française, non prevedeva l’utilizzo del panier, sostituito da imbottiture posizionate al di sotto del bustino non rigido ma attillato per evidenziare il punto vita. L’abito era aderente al corpo e stretto in vita e poteva aprirsi sul davanti per rivelare una sottoveste dal colore in contrasto con la gonna. Più confortevole, garantiva alle donne maggiore mobilità, dal momento che le gonne potevano essere sollevate per camminare. Spesso veniva abbinata alla veste un FICHU (scialle che copriva il petto e le spalle).

ROBE “À L’ANGLAISE”

Altro elemento di impronta britannica fu la diffusione del cappello da donna che in Europa soppiantò l’uso della cuffia, e che in Gran Bretagna era diffuso presso tutte le classi sociali. I figurini di moda illustrano pittoreschi esempi dei monumentali copricapi femminili che ricoprivano teste dove l’acconciatura era diventata necessariamente molto meno ingombrante.

Le spettacolari costruzioni a falda larga francesi erano cariche di nastri, decorazioni, coccarde, spesso con ingenue connotazioni patriottiche, ma erano invise in Italia perchè il cappello da donna era considerato un’insopportabile usurpazione dei privilegi maschili e in taluni casi, come a Venezia, proibito dalle Leggi suntuarie almeno per le funzioni religiose.

REDINGOTE, inizialmente utilizzata come abito da caccia, divenne poi un abito da giorno per l’uso in città, spesso accessoriato con un fazzoletto di seta al collo, ispirato al  RIDING-COAT inglese

Dal 1740 cominciano a prendere piede le idee di Rosseau sullo stato di natura, e gli abiti si fanno più fluidi, destrutturati con elementi che richiamano la natura come piume e fiori

Le scarpe di questo periodo divennero oggetti molto raffinati e preziosi. La moda del momento tendeva a far sembrare il piede molto piccolo, quindi si indossavano scarpini strettissimi, con tacchi alti e ornati davanti con nastri disposti a ciuffi. Le scarpe erano realizzate con la stessa stoffa dell’abito, e spesso ricamate. I tacchi in legno potevano essere rivestiti di pelle sottile.  Per le più importanti occasioni di corte si portavano scarpe con la fibbia ornata di gemme.
La tomaia era a punta e a volte incurvata verso l’alto, mentre l’interno era foderato di pelle di capretto.

Nel periodo rococò, sui capelli raccolti con morbidi boccoli furono molto usate le cuffie e i berretti, spesso coperti da un leggero velo nero chiamato mantille. Con le acconciature più voluminose si portava invece la toque, un cappello con falda, disposto obliquamente sul capo. Per le attività di svago come le passeggiate, ma soprattutto la caccia e l’equitazione le signore portavano spesso il tricorno. Per tutte le altre occasioni però il cappello era indossato soprattutto dalle vedove o dalle donne più anziane.

La cipria è il vero segno distintivo della moda settecentesca: costituita da farina di riso, amido, polvere di giaggiolo nei casi migliori, o di osso bruciato fino a candirlo in quelli peggiori, veniva sparsa abbondantemente sulle teste aristocratiche di ambo i sessi e fu una vera e propria mania fino alla rivoluzione francese, quando una testa bianca poteva costituire un segnale di appartenenza all’odiata nobiltà con conseguente rischio di decapitazione. I capelli così imbiancati erano raccolti in modo semplice fino alla metà del settecento, quando l’acconciatura cominciò a rialzarsi di una decina di centimetri, fino a diventare eccessiva e monumentale con Maria Antonietta.

Per quanto riguarda l’abbigliamento maschile, nei primi anni del regno di Luigi XV rimasero gli stessi capi del periodo della Reggenza, ma con qualche modifica.

Gli uomini invece portano la giacca lunga a campana, ricamata e decorata da passamanerie e sotto, il gilet spesso di colore contrastante. I pantaloni al ginocchio lasciano scoperte le calze di seta e le tipiche scarpe con fibbie, fiocchi e gale.

  • Nella seconda metà del regno di Luigi XV la moda francese introdusse alcuni cambiamenti più evidenti nei capi dell’abbigliamento maschile.

L’abito si portava slacciato per lasciare visibili il gilet e la camicia, e tutti i capi divennero più aderenti.
La forma della marsina assunse un aspetto meno appariscente e frivola. La vecchia linea a campana venne infatti ridimensionata, eliminando le imbottiture, riducendo l’ampiezza delle falde e accorciando l’abito. Il busto si fece più attillato e venne ristretto il taglio del dorso, spingendo le falde più indietro. Le maniche divennero più strette, con paramani molto più piccoli.

  • Dalla metà del ‘700 per i gentiluomini si diffonde un gusto più sobrio soprattutto nell’abbigliamento quotidiano. Vengono preferite stoffe dalle tessiture più semplici, uniformi, rigati o con motivi piccoli, mentre le decorazioni si fanno più limitate

Verso il 1770 l’influenza della moda inglese si fece più forte e anche la marsina divenne molto più pratica, arrivando a trasformarsi completamente fino ad assumere il nome di frac.  Le tasche e i paramani furono completamente eliminati, mentre venne lasciato solo un piccolo collo appena rivoltato. Le falde vennero tagliate in modo da lasciare scoperta tutta la parte anteriore del busto.

La novità più importante che giunse dall’Inghilterra verso il 1725 fu il RIDING-COAT, un soprabito molto funzionale e privo di decorazioni, adatto soprattutto ai climi rigidi e per ripararsi dalla pioggia, ma pensato anche per andare a cavallo. Il riding-coat si portava con calzoni aderenti in maglia o in pelle di daino, infilati negli stivali. Aderente al busto, ma ampio verso l’orlo, poteva avere allacciatura a doppio petto, con due colli sovrapposti di cui uno poteva essere portato sollevato, o un collo con risvolti ampi. Per la sua praticità il riding-coat si diffuse rapidamente, divenendo un capo abituale dell’abbigliamento maschile.

Gli abiti di fine settecento si rifanno ai modelli dell’antichità come ideale estetico e politico. I costumi della Roma repubblicana e dell’antica Grecia rappresentavano esempi ideali, sia per la semplicità e praticità sia perché indicatori di stili di vita repubblicani.

Dal 1790 l’abbigliamento neoclassico diventa moda in Francia, lo stile adottato è rigoroso, sobrio e semplice, basato su una versione idealizzata dell’antico abito greco e romano (o di quello che all’epoca si pensava fosse un abito greco e romano antico).
Le donne si vestono come statue che prendono vita con abiti strettamente adattati al busto appena sotto il busto, cadendo liberamente sotto gonne aderenti strette, di colore bianco con gli accessori in colori contrastanti

La Francia rivoluzionaria si ribella all’uso di corsetti, di abiti ingombranti, di rasi dai colori vivaci e altri tessuti pesanti di moda nell’Ancien Régime.

Lo “stile Directoire” si basa sullo “chemise”, un abito, generalmente di mussola, di colore chiaro, generalmente bianco, che scende cadendo liberamente, senza sottogonne o panier.

Il principio filosofico di uguaglianza, che rimase sostanzialmente un’utopia, trovò riscontro anche nella moda. Gli abiti, dai più pregiati di alta sartoria a quelli più economici prodotti dall’industria, divennero sostanzialmente simili nelle forme e nei colori, mentre la distinzione venne basata sulla qualità dei materiali e della fattura, differenziandosi nei tessuti, nei tagli, nelle confezioni e nella realizzazione dei particolari.

Un tentativo di realizzare una sorta “divisa” che diventasse l’abito di una società di uguali, venne fatto nel 1793, quando il governo rivoluzionario incaricò per questo compito il più grande artista della rivoluzione: Jaques-Louis David. Ma questo lavoro rimase solo un esperimento, perché nemmeno un giacobino convinto e profondamente repubblicano come David riuscì a trovare una soluzione. Le sue creazioni rimasero dei costumi teatrali, adatti alle feste e alle commemorazioni nazionali, ma non divennero mai veri e propri abiti.

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