Alison Weir prima di dedicare sei romanzi alle rispettive mogli di Enrico VIII, nella sua prima opera di narrativa concentra la sua attenzione su un’altra donna legata al destino dei Tudor: la giovane Jane Grey regina d’Inghilterra per soli nove giorni, finita nella torre e decapitata con l’accusa di tradimento, per aver usurpato il trono che spettava a Maria, figlia di Caterina d’Aragona e di Enrico VIII.
Un’opera sicuramente diversa da quella relativa alle sei regine Tudor soprattutto per l’impostazione. Qui invece di raccontare la vicenda attraverso gli occhi della protagonista, l’autrice sceglie di inserire più voci, e cogliere quindi molteplici punti di vista: Jane Grey naturalmente, ma anche sua madre Frances, la sua balia Mrs Ellen, la principessa Maria Tudor, la regina Caterina Parr, il duca di Nurthumberland, fino addirittura al boia.
Jane, figlia primogenita di Frances Brandon – nipote, in quanto figlia della sorella Maria, di Enrico VIII – e di Henry Grey, marchese di Dorset e duca di Suffolk, finì in linea di successione al trono inglese, dopo i cugini Edoardo VI, Maria I ed Elisabetta I, figli di Enrico, per scelta di quest’ultimo di designare come successori, dopo i propri figli, proprio i discendenti di Maria.
Fin dalle prime pagine emerge come Jane, nonostante il buon carattere e l’intelligenza brillante, ebbe un’infanzia senza amore, i genitori, delusi di non avere avuto un figlio maschio che permettesse di spingere al massimo le proprie ambizioni, la trattarono sempre con durezza ai limiti della crudeltà. La coppia era composta, infatti, da due persone arriviste, avide, e pronte a tutte pur di conquistare un maggior potere e avere maggiori privilegi. La donna trattava con brutalità e violenza la figlia, arrivando a picchiarla e usare metodi coercitivi che erano considerati raccapriccianti già in un’epoca notoriamente non proprio famosa per l’educazione permissiva.
La madre non aveva remore a trattare la figlia in modo crudele e per questo, a soli cinque anni, Jane rimane sconvolta dal racconto brutale di sua madre sulla decapitazione di Caterina Howard, portata ad esempio negativo di come non deve comportarsi una dama. L’entità di quello che fu costretta ad ascoltare, nonostante non cogliesse in pieno l’entità dei discorsi materni, la riempì di orrore e le procurò incubi spaventosi, quasi un presagio di quello del suo tragico destino.
E pensare che la bambina rivelò, fin da subito, doti non comuni per intelligenza e acutezza di pensiero, un piccolo genio capace di tradurre dal greco e dal latino, di conoscere le lingue straniere, di tenere una corrispondenza con alcuni degli studiosi più brillanti dell’epoca in materia filosofica e religiosa.
Un’intelligenza brillante che non poteva non attirare l’attenzione di Caterina Parr, vedova di Enrico VIII, a cui piaceva circondarsi di menti stimolanti, oltretutto aperte alla riforma protestante. Il periodo trascorso con Caterina, anche grazie allo stimolante presenza dell’altrettanto dotata Elisabetta, fu per lei estremamente piacevole.
Jane fu mandata a vivere con Caterina e il marito Thomas Seymour perché l’idea di quest’ultimo di far convolare a nozze il nipote Edoardo VI con Jane, lusingava l’ambizione dei genitori della ragazza.
Thomas Seymour vedeva nella giovane Jane la moglie perfetta per il giovanissimo re, per educazione, religione e, data la giovane età di entrambi, per la possibilità di influenzare la coppia, ed ampliare così il proprio ascendente sul nipote e spodestare il fratello Edward Seymour, Duca di Somerset, che alla morte di Enrico VIII era divenuto consigliere fidato del re e Protettore del Regno, nonché reggente. Ma l’ambizioso piano di Seymour fallì e lui fu condannato a morte per tradimento.
Jane fu costretta a tornare a casa dai genitori, la cui smodata ambizione non ebbe requie e una nuova alleanza comparve all’orizzonte nella persona del duca di Nurthumberland, che approfittando della salute sempre più cagionevole del re fece modificare il testamento, eliminando dalla linea di successione le due sorelle Maria e Elisabetta e indicando come erede proprio Jane a cui fece sposare il proprio figlio, Guildford Dudley. Il progetto del duca era quello di trovarsi tra le mani due pedine facilmente manovrabili, che gli avrebbero permesso di governare in vece loro.
Lady Jane si ritrovò quindi a soli sedici anni, alla morte di Edoardo VI regina d’Inghilterra. La giovane era molto titubante e decisa a non accettare il trono, fu solo l’idea che la nuova regina Maria avrebbe riaffermato la fede cattolica, riportando l’Inghilterra sotto il papato dando vita ad una forte persecuzione contro i protestanti, a far decidere Jane. Ma la popolazione voleva la figlia di Enrico VIII sul trono, e la stessa nobiltà che in un primo momento aveva appoggiato il progetto del duca di Northumberland ben presto si defilò. Jane fu quindi incarcerata nella Torre di Londra e sottoposta con il marito ad un processo per tradimento.
Maria non voleva avere sulla mani il sangue di una giovane che riteneva totalmente estranea agli intrighi di corte, ma la pressione dell’ambasciatore spagnolo e un’ennesima congiura che aveva tra i partecipanti il padre della ragazza, la obbligò a non tenere fede alla promessa di risparmiarle la vita e la giovane finì decapitata, dopo otto mesi di carcere.
Alison Weir dimostra fin da questo esordio nella narrativa, la capacità di unire l’analisi documentata con la verosimiglianza di tutti quei fatti che non finiscono in un trattato storico, ma rendono umanamente più comprensibile la parabola umana del personaggio che racconta.
Jane Grey avrebbe voluto solo dedicarsi ai propri studi, non aveva l’ambizione né la preparazione per salire al trono, eppure la stoltezza e la miopia dei suoi genitori e l’ambizione senza fine di chi non si accontentava di avere posizione e ricchezza, ma voleva anche avere il vero potere, determinarono la sua morte. Un personaggio davvero tragico: un’innocente che regnò per soli nove giorni e finì decapitata a diciassette anni, per la bramosia e l’avidità di altri, vittima della politica e dell’inganno.
L’innocente [Innocent Traitor 2006]di Alison Weir – BeatBestseller (2020) – traduzione di Chiara Brovelli – pag. 457