Un’enigma chiamato Anna

Anna Bolena chi era costei?

Nell’immaginario collettivo è stata l’amante di Enrico VIII, causa scatenante dello scisma dalla chiesa cattolica, la donna che portò via il marito alla legittima consorte, la madre della regina più grande che abbia mai avuto l’Inghilterra, Elisabetta I, nonché la vittima che finì nella torre subendo la morte per decapitazione per ordine dello stesso uomo che le aveva giurato eterno amore.

Insomma un personaggio discusso, amato o odiato quasi nella stessa misura. Eroina tragica e vittima degli eventi o crudele manipolatrice, strega senza pudore né ritegno, che grazie al suo fascino ammaliò il re, manipolandolo senza remora?

E’ con questo mix di idee che mi sono avvicinata al romanzo di Alison Weir Anna Bolena l’ossessione del re, curiosa di leggere una ricostruzione storica di questa donna controversa e devo dire che per certi versi sono rimasta stupefatta.

Intanto Anna non è certamente una sciocca e frivola ragazza irretita dal fascino del grande re; colta, intelligente, dotata di una grande autostima, ha un carattere forte, e poco malleabile.

Appartenente ad una famiglia di media nobiltà, seppur molto ambiziosa, cresce nel castello di famiglia ad Hever nella verde campagna del Kent, dove riceve l’educazione convenzionale per una gentildonna del suo ceto: grammatica, storia, musica, danza, ricamo, galateo, tiro con l’arco, falconeria. A dodici anni viene mandata a far parte del seguito della Reggente Margherita d’Austria, e due anni dopo a quella della regina Claudia di Francia: come filles d’honneur. Anna impara il francese, il corteggiamento dell’amore cortese, ma anche le idee di Christine de Pizan, scrittrice, poetessa, con idee femministe ante litteram, convinta che la donna non sia assolutamente meno di nessun uomo, decisa a rivendicare il ruolo e lo spazio della donna nella società. Anna è piena di interessi culturali, decisa a non sposarsi se non per amore e soprattutto a non sottostare ai voleri e ai capricci delle voglie maschili. Dopo nove anni e al quanto controvoglia Anna torna in Inghilterra a far parte del seguito, come dama di compagnia della regina Caterina d’Aragona. Si innamora, ricambiata, di Lord Henry Percy, sesto conte di Northumberland: scambiandosi una promessa che equivale quasi ad un matrimonio. Ma il cardinale Wolsey si mette in mezzo e impedisce le nozze. Anna gliela giura.

Il re è colpito da quella giovane donna, dalla bellezza insolita, così brava a danzare e comincia a corteggiarla, le offre di diventare sua maîtresse-en-titre, amante ufficiale, come già è capitato alla sorella Maria che ora aspetta un figlio da lui. Lei rifiuta, gli si inchina e, camminando a ritroso, esce dalla stanza senza che lui gliene abbia dato licenza. All’inizio il corteggiamento del re la disturba, non c’è nulla in quell’uomo che la seduca, sa perfettamente che come amante del re è destinata ad essere messa da parte appena il re si stancherà di lei. Eppure lui insiste, probabilmente attirato dall’unica donna che osa dire di no al re. Ormai ne è ossessionato: le manda doni, splendidi gioielli che lei respinge; le scrive lettere appassionate ornate da cuoricini trafitti, alle quali lei non risponde. Anna non è innamorata di Enrico, per quanto a lungo andare sicuramente sia orgogliosa dell’attenzione costante e dei continui doni che il sovrano gli fa, non intende cedere alle sue avance, sa perfettamente che una donna senza virtù non vale nulla e diventare l’amante del re non è nei suoi piani. Con il pressante assalto del re alla sua virtù cresce anche l’ambizione della giovane. Ormai non è più giovanissima, per l’epoca ha un’età da “zitella” , difficile convolare a giuste nozze, ma diventare regina d’Inghilterra e avere tutto il potere che vuole non è privo di incanto. Enrico capisce che se vuole averla, dovrà sposarla. Ma prima dovrà liberarsi della moglie. Ricorrere a Roma, ottenere un annullamento. Alla proposta, l’intransigente Catherine risponde con sdegno. Intanto il papa, oltretutto sotto assedio (e in questo periodo che Roma subisce il pesante sacco con la distruzione e la violenza dei Lanzichenecchi) prende tempo, è ostaggio dell’Imperatore Carlo V d’Asburgo, nipote di Caterina, e la questione matrimoniale del re d’Inghilterra lo interessa fino ad un certo punto. Per ottenere un ripudio, un annullamento, un divorzio lui consulta i vescovi d’Inghilterra, i “dottori di divinità” di mezza Europa, manda minacce al papa: non ottiene nulla. Il tempo passa e la situazione non si sblocca. Vengono nominate commissioni e il cardinale Wolsey trama contro di lei. Lei intanto studia e comincia ad installare nel re dubbi sull’eccessivo potere della chiesa, sulle incredibili ricchezze dei conventi, sui soldi che vengono inviati a Roma, ma si scontra con Thomas Cromwell divenuto consigliere del re.

Mano a mano che il tempo passa, pare mutare anche la personalità di Anna, da donna intelligente, anticonformista, libera a donna ansiosa che vuole a tutti i costi diventare regina, pronta a tollerare l’acredine della nobiltà, le proteste del popolo che ama Caterina e non la vuole deposta. L’ambizione la rende rabbiosa, capricciosa, incontentabile, utilizza il suo potere per vendicare torti. Oltretutto è consapevole di essersi spinta troppo in là e di essersi fatta troppi nemici. Il re dal canto suo è altamente influenzabile, vede complotti ovunque e comincia a guardare con sospetto la donna per cui ha messo in crisi l’intero regno.

Dopo sei anni lei gli si concede e rimane incinta. Enrico la sposa, nonostante non abbia ancora avuto l’annullamento da Caterina. Nel giugno 1533, Anna è incoronata regina e il 7 settembre partorisce una bambina, la futura Elisabetta I. Rimarrà incinta altre tre volte ma tutte e tre le volte abortirà o partorirà bambini morti: tutti maschi. Le conoscenze mediche – scientifiche molto superficiali dell’epoca non potevano mettere in dubbio che Enrico, scelto da Dio e benedetto, potesse essere la causa delle morti dei figli maschi, per motivi genetici. Per il re che è stufo di Anna e si è invaghito di una sua giovane dama di compagnia Jane Seymour, sono segni che l’unione è maledetta.

«Come hai potuto?» strillò quasi isterica, mentre tutte le sue peggiori paure si risvegliavano. Jane era lei nove anni prima, e lei per qualche diabolica alchimia, era Caterina. La ruota della fortuna aveva fatto un giro completo.

Nel frattempo muore Caterina, Anna ormai è un intralcio e pochi mesi dopo è accusata di tradimento: avrebbe avuto ripetute relazioni con uomini della corte e addirittura con suo fratello. La vita delle due donne è incredibilmente intrecciata e la fine di Caterina è anche la fine di Anna. Viene portata alla Torre di Londra, dove, dopo un processo farsa, finirà decapitata.

Nel periodo di prigionia e poi nel morire dimostrerà estrema dignità, ritroverà quella fierezza che l’aveva contraddistinta per tanti anni. Le ultime pagine del libro della Weir sono ricche di pathos, commoventi, nel ricostruire le ultime ore di vita, la speranza di una grazia da parte del re, una sorta di esame di coscienza su cosa avrebbe potuto fare, sulle azioni che avrebbe dovuto evitare, Anna si dimostra ancora una volta intelligente e riflessiva, ma il suo tempo terreno è giunto al termine.

Alison Weir mostra la complessità di una donna che ebbe sicuramente, come tutti, luci ed ombre, una donna appassionata e sicura, che non sopravvisse alla incombente necessità del figlio maschio da parte di un re che si sentiva assediato, seduto su un trono vacillante e con l’esigenza di una discendenza che facesse proseguire al dinastia Tudor.

Anna Bolena. L’ossessione del re di Alison Weir – SuperBeat (2019) – traduzione di Chiara Brovelli – pag. 570

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