Quanto gli abiti dicono di noi

Jane Sautiere dedica un libro al suo guardaroba e ci conduce non solo tra le ante dei suoi armadi o tra le cose sparse nei suoi cassetti, ma nei ricordi della sua vita. Nata a Teheran, vissuta per tanti anni in Cambogia, di origini bretoni, tornata poi in Francia associa ogni abito o accessorio indossato nel corso della sua vita ad un momento, ad un avvenimento ben preciso.

In queste 130 pagine sfilano tantissimi abiti: da quelli tradizionali del Bigouden, a nord della Bretagna, alla cerata rossa con cui Jane si ripara dalla pioggia, dall’abito da sposa da comunicanda, ai bracciali acquistati a buon mercato. Ogni abito è associato dalla scrittrice ad un momento particolare, ad un occasione e quindi ad un ricordo, che si intreccia con l’emozione di indossare un determinato abito o accessorio. Abito che cambia nei diversi periodi della vita e anche nei vari luoghi in cui l’autrice è vissuta.

Mentre leggevo Guardaroba e le descrizioni dei vestiti, delle scarpe, dei copricapi, delle borse e di tutti i mille accessori che l’autrice ha indossato nella sua vita non potevo non pensare al mio armadio, ai miei abiti. A quanto ogni vestito fotografa e rappresenta un periodo della nostra vita, un nostro stato d’animo, una nostra ribellione. Scegliere il nero assoluto, indossare una mini gonna o un paio di mini short, caracollare su un paio di tacchi o avvolgersi in un cappotto colorato rimanda un messaggio al mondo e spesso dice più di mille parole. Decidere di investire mezzo stipendio per comprare una borsa o un paio di scarpe, o centellinare per mesi, nella speranza di raggiungere la somma necessaria a realizzare un nostro desiderio, perché in un dato momento della nostra vita anche realizzare un sogno, indossando un determinato abito ha la sua importanza. Perché ogni abito lancia un messaggio preciso e rimanda un immagine di noi.

Gli abiti cambiano e si evolvono con noi. Da adolescenti indossare un capo può essere un atto di ribellione, di affermazione di sé rispetto al resto del mondo. Crescendo anche i gusti cambiano, si evolvono, si modificano, come si modifica il corpo che ricopriamo.

Se a trent’anni il tailleur e la giacca erano un vero e proprio must necessario anche per darmi una sorta di autorevolezza sul lavoro, negli ultimi anni prediligo i vestiti, le linee sciolte dell’abito intero, mi fanno sentire bene, mi avvolgono. I colori poi sono determinati, quando indossiamo un abito di un colore acceso, in particolare il rosso, mandiamo un messaggio al mondo, ci sentiamo sicure di noi e vogliamo gridalo attraverso quella scelta. Vogliamo essere viste.

Non per niente i carcerati, gli internati, i malati hanno una divisa, il massimo della spersonalizzazione e della mancanza di libertà.

Aprire l’anta di un armadio, oltre a sentire il profumo della persona che indossa quegli abiti, ci porta nella sua vita, ci dà informazioni preziose su chi è, sul lavoro che fa, sull’importanza che attribuisce alla moda e ci permette di conoscerla meglio. Ad esempio io ho una vera e propria passione per le camicie bianche, ne ho un mezzo armadio di modelli e tessuti diversi e per i tubini neri, apparentemente tutti uguali eppure tutti diversi.

Ogni abito ci trasmette una sensazione e ci porta un ricordo. Ho dato tutti gli esami universitari indossando abbinamenti bianco e neri, per me erano i due colori portafortuna, c’era una sorta di scaramanzia nello scegliere una camicia bianca e un paio di pantaloni neri prima di affrontare una prova. E anche oggi se devo affrontare qualcosa di particolare, la scelta dell’abito non è mai casuale, rimanda a qualcosa di personalissimo, deve farmi sentire a mio agio, trasmettere sicurezza, avvolgermi ma non coprirmi.

Nel lungo viaggio fatto l’anno scorso alla scoperta della moda e delle sue infinite declinazioni ho scoperto quanto l’abbigliamento definisca un certo periodo storico, lo renda riconoscibile anche a distanza di anni. E continui anche a distanza di secoli a mandarci messaggi. Perché l’abbigliamento è veramente un linguaggio, da imparare, da approfondire, che dice tanto anche su di noi.

Ringrazio la casa editrice per la copia

Guardaroba di Jane Sautiere – La Nuova Frontiera (2018) – pag. 133

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