Rosa Candida

Una storia semplice, raccontata in prima persona dal protagonista un giovane di 22 anni, appassionato di botanica, amore che aveva in comune con la defunta madre, con un padre molto apprensivo e un fratello gemello autistico e una figlia nata dopo un unico incontro fortuito nella serra di casa.

Arnljotur Thorir, detto Lobbi, è un ragazzo alla ricerca di un senso, di un progetto, sa che non vuole seguire il consiglio del genitore che lo vorrebbe veder frequentare l’università, lui preferisce lavorare, prima imbarcato per mare, poi a sistemare il giardino trascurato di un monastero in un paesino del continente.

Per raggiungere questo lavoro deve lasciare la sua terra l’Islanda – che appare a noi lettori, lontana dal nostro immaginario, descritta come una terra ricoperta da muschio soffice, dove il piede affonda, alta erba verde, spiagge di sabbia nera contornate da un oceano immenso e da un cielo infinito – e affrontare un viaggio molto lungo in compagnia delle talee di una rosa bianca piuttosto rara, la Rosa candida, che dà il titolo al libro.

«Papà non crede alle coincidenze, o almeno non ci crede quando riguardano gli avvenimenti più importanti dell’esistenza: la nascita e la morte, per esempio. La vita non si accende e non si spegne così per caso, dice lui. Che il concepimento possa essere la conseguenza di un solo incontro fortuito […] lui proprio non riesce a capirlo. Non più di quanto capisca che a volte la morte è il risultato di circostanze imprevedibili, come una pozzanghera o un po’ di ghiaia dietro una curva».

Il viaggio è occasione per ripensare a se stesso, al padre, che non crede nelle coincidenze e trova terribile che la madre che aveva 16 anni meno di lui sia morta prima; di affrontare e ripensare alle due cose che più l’hanno stravolto: la morte della madre e la nascita della figlia. Lobbi ha paure e dubbi che spesso, soprattutto da giovani, ognuno di noi ha affrontato: teme di perdere il ricordo della madre, di non essere portato per le donne e di non avere granché da dire agli altri. Sa che solo con le mani nella terra, toccando le piante, creando talee e pretendendosene cura, lui è felice.

Nel monastero dove è diretto c’è il «meraviglioso giardino delle Rose Celesti», come lo chiamano nei vecchi libri, un luogo magico che contiene più di 200 varietà di rosa, ormai in preda all’incuria e all’abbandono. Lobbi lo ha scoperto e ha dato la sua disponibilità per prendersene cura e riportarlo ai vecchi fasti.

«Sono arrivato qui di mia totale e spontanea iniziativa, animato dal desiderio di occuparmi di fiori, cercando nel frattempo di rimettere un po’ d’ordine nella mia vita ».

L’arrivo al monastero, che si staglia in cima ad una collina a cui piedi sorge un piccolo paesino, il lavoro per il recupero del vecchio giardino e soprattutto l’incontro con Padre Tommaso, appassionato di lingue (ne parla bene 19 e discretamente una quindicina) e di film (ha una collezione di circa 2000 videocassette di pellicole d’autore di varie provenienze e in varie lingue) lo porteranno ad iniziare un percorso per dare risposta alle sue domande, fino ad una telefonata e ad un arrivo, che sbaraglierà le carte e porrà il nostro protagonista di fronte a nuove sfide.

Un libro discontinuo con una prima parte, quella del viaggio e di tutti gli incontri strani e surreali che fa, molto vivace, una parte centrale più lenta e un finale molto riuscito, seppur aperto.

Un romanzo lento ma mai noioso, un viaggio nell’animo di un giovane goffo ma tenerissimo, pieno di tantissimi dubbi ma anche di incrollabili certezze, una storia dolcissima assolutamente da leggere.

Rosa candida di Audur Ava Olafsdottir – Einaudi editore (2012) – pag. 204

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