L’amore è rapimento
L’amore è un attimo, un volo
L’amore è gioco
L’amore è cambiamento
L’amore è anche ombra
L’amore è lontananza
L’amore è sguardo
L’amore è fuga
L’amore è eccesso
L’amore è divieto
L’amore è viaggio
L’amore è segreto
L’amore è dono
L’amore è il mondo
Partendo da tutte le possibili sensazioni, emozioni, esperienze che può regalare o negare l’amore, Paola Mastrocola riprende una gran parte di miti greci, legati in un modo o nell’altro al concetto di amore e li riscrive. Mettendo l’accento su particolari, dando maggior rilevo ad alcuni aspetti e regalandoci un libro che, pur rispettando il mito, lo rinnova, gli dà una nuova linfa.
E ci ricorda che l’amore, raccontato dai Greci, è struggente. E’ molto più di un sentimento, è la forza che lega insieme il tutto, è la terra che si congiunge al cielo in un abbraccio indissolubile, sono le stelle messe in cielo apposta per continuare ad esistere e confortare anche quando tutto pare non essere più, è quell’emozione che dà senso, che rende la nostra essenza mortale rilucente ed imperitura. Perché infondo l’amore è un sentimento ostinato, che ci lacera e ci consuma, insopprimibile ed essenziale che dilata la nostra vita fino a farla diventare l’universo intero. L’amore è Eros. L’amore è necessità.
Eros è il dio sopra gli dèi. Il suo potere è oltre, immenso. Ma inconsapevole, fuori controllo. Eros è ciò che deve essere: Necessità. Per riuscire ad accettarla, gli dei l’hanno chiamata Amore.
Tra queste pagine scorrono le storie immortali di Eros e Psiche, Apollo e Dafne, Orfeo ed Euridice, Teseo e Arianna, Giasone e Medea, Ero e Leandro ma anche quelle di Adone, Fedra, Icaro, Clizia, Artemide, Pasifae, Atalanta… e il loro struggimento, il loro dolore, la loro effimera felicità ci accende ancora una volta di stupore e meraviglia.
Di alcuni miti l’autrice non cambia il finale ma ne modifica il senso, ad esempio il mito di Orfeo ed Euridice, una delle storie più tragiche della mitologia: un amore spezzato dalla morte. Orfeo, colui che ha il dono del canto, un canto così ammaliante e potente da ammansire le belve non accetta che la sua amata Euridice non ci sia più. E’ pronto a sfidare l’impossibile, a tentare un’impresa folle, scendere nell’Ade e chiedere indietro la sua amata. Gli dei degli Inferi sono affascinati e commossi dalla determinazione di Orfeo e le sue note inteneriscono anche il cuore più duro. Persefone, però, lo avverte: non deve voltarsi mai a guardare l’amata, finché non siano usciti a rivedere la luce. Ma durante la risalita entrambi iniziano a riflettere, a considerare che Euridice ormai è ombra, non fa più parte dei viventi.
Sono le parole di Euridice a disvelare questa profonda contraddizione:
«Se ti seguissi, Orfeo, mi riporteresti alla solita vita, giornate che finiscono e ripartono, e alla fine ci lasciano invecchiati, di nuovo sull’orlo di lasciarci. L’amore è lontananza, si nutre di distanze impercorribili. Non ho bisogno di vivere con te.
In questo buio dove non ti vedo e non ti ho, è perfetto amarti. Fare a meno di te è l’amore».
L’autrice riesce a rendere perfettamente tutte le sfumature dell’amore, perché l’amore non è soltanto passione, gioia, trasporto, a volte è qualcosa di più complesso, di più cupo, qualcosa di improvviso, ineluttabile, folle che spazza via i limiti della ragione, come ci ricorda la tragica vicenda di Pasifae.
E ci ricorda che gli dei, nonostante la loro immortalità o forse proprio per quella, sono attratti dai mortali, come se la fugacità della vita, ciò che loro non posso avere, rendesse la nostra esistenza invidiabile.
Per chi ama il mito e ha letto e riletto infinite storie legato ad esso, trovare un libro che riesce a rispettare la storia antica ma infondendogli uno sguardo più moderno è pura soddisfazione.
Certo in un libro antologico non tutti gli episodi sono riusciti allo stesso modo, ma alcuni mi hanno toccato davvero tanto e tante sono state le riflessioni sull’amore che mi sono annotata.
Ho poi particolarmente apprezzato la scrittura evocativa, poetica, avvolgente che rappresenta un valore aggiunto ad un libro già bello.
Paola Mastrocola nell’ultimo capitolo ci lascia questa riflessione sul potere dei miti che abitano la nostra storia anche quando non ce ne rendiamo conto, quando siamo convinti che sono solo sciocche favolette per bambini.
I miti sono storie che tutti conosciamo, o che ci pare di conoscere, da sempre. Anche se li dimentichiamo, essi restano in noi dimenticati, e basta un nulla a riportarli in superficie. Sono nell’aria, aleggiano, abitano il mondo. E abitano anche al fondo di noi. È come se qualcuno in un tempo remoto li avesse affondati negli abissi e assicurati a qualche macigno. Da lì continuano a parlarci. Lévi-Strauss ha scritto che i miti diventano pensiero dell’uomo a sua insaputa.
[…]
Ad un certo punto gli dei ci hanno abbandonati. O noi abbiamo abbandonato loro, decidendo di non crederci più. Ma loro forse non sono mai andati via, si sono solo messi un po’ da parte. […]
Riraccontare queste storie è un tentativo di richiamarli. Riportare il divino in noi. Ripopolare di dèi il mondo, in modo che le cose abbiano anche un altro senso, si rivelino anche in un’altra forma: gli alberi non sono solo alberi. Così il mare, le aquile, le nuvole, le cime dei monti, i fiori, i cervi, le fontane, i girasoli e le stelle.
Come dice Calasso, non si tratta di credere o meno nei miti: si tratta di entrare nel rischio e riuscire ad incantare se stessi.
Perché il mito nonostante la sua antichità continua a raccontarci qualcosa di noi, qualcosa che probabilmente è talmente ancestrale, da far parte della nostra essenza più profonda e forse proprio per questo non ci stanca mai. E ci rammenta che per i greci ogni cosa che vive sulla terra ha un’origine o una spiegazione che affonda nel mito: dalla nascita del girasole, del giacinto, del lauro, alla divisione dell’anno in quattro stagioni, fino alla formazione delle costellazioni.
L’amore prima di noi di Paola Mastrocola – Einaudi editore (2016) – pag. 314