Ci sono personaggi storici talmente affascinanti da risultare materia per scrittori e da assumere, via via nel tempo, una connotazione quasi mitica. Tra questi vi è certamente Alessandro Magno. Uno dei più grandi conquistatori di ogni tempo, il suo impero si estese dal Mediterraneo fino all’Indo, ma anche un uomo affascinante che, forse per l’origine macedone, non si arroccò nella superiorità greca, ma vide e apprezzò la varietà di culture, lingue, tradizioni con cui venne in contatto.
Avevo già approfondito la figura storica e non del condottiero macedone grazie al bellissimo Alexandros di Valerio Massimo Manfredi, che racchiude la trilogia a lui dedicata, ma non potevo lasciarmi sfuggire la trilogia di Mary Renault, che dopo quasi cinquant’anni dall’uscita è finalmente stata tradotta in italiano.
L’autrice inglese, contemporanea ed allieva di Tolkien affascinata dal mondo greco, su cui scrisse molti romanzi, si dedicò ad un appassionato studio sulle fonti per scrivere di questo straordinario uomo.
In questo primo volume l’autrice si concentra sulla vita di Alessandro dall’infanzia alla morte di suo padre Filippo.
Filippo, uomo di eccezionale vitalità e intelligenza, in grado di alternare le più sottili arti della diplomazia e l’impiego sui campi di battaglia di un esercito profondamente rinnovato ed efficiente, fece di tutto per essere accettato e accolto dalle varie poleis, mentre i politici e pensatori dell’epoca, primo fra tutti Demostene, sottolineavano l’onnipotenza del sovrano nelle dinamiche di potere della società macedone, affermando che Filippo fosse “padrone incontrastato di tutto, della diplomazia palese e di quella segreta, insieme stratego, padrone e tesoriere”: cosa inaudita e sospetta per la mentalità democratica delle poleis.
Non bisogna dimenticare che i Macedoni, pur essendo stati ammessi a partecipare ai giochi olimpici dal V secolo a.C. non erano riconosciuti come greci in età classica, e tra gli elementi che influirono negativamente su tale riconoscimento vi era l’assenza di questo popolo dall’elenco di chi partecipò alla presa di Troia nella saga omerica, poema per eccellenza e simbolo dell’appartenenza alla “grecità”.
Il re macedone avrebbe potuto conquistare con la forza Atene e le altre poleis greche, ma voleva essere riconosciuto come greco, accolto da chi in definitiva lo disprezzava profondamente e lo considerava solo un montanaro rozzo e ignorante, un barbaro.
Filippo, nei 23 anni del suo regno, seppe abilmente adattare i suoi comportamenti alle circostanze e modellare le sue scelte politiche alle situazioni contingenti: imponendo direttamente il suo potere su taluni popoli, controllando e sfruttando le istituzioni preesistenti su altri, rendendo stabile e sicura la monarchia macedone e compattando il traballante mondo greco, fino all’ideazione della grande impresa di unire Grecia e Macedonia per sfidare l’impero persiano, il tutto senza riuscire però ad essere mai accettato completamente dal mondo greco.
Filippo, grande politico e abile stratega, creatore della falange macedone, che, attraverso alcuni decisivi cambiamenti (l’alleggerimento dell’armamento difensivo, l’allungamento della lancia – la sarissa – fino a circa sei metri, il tutto unito a un livello elevatissimo di addestramento e di organizzazione), rese la fanteria praticamente imbattibile sui campi di battaglia dell’età ellenistica per circa un secolo e mezzo, trasmise questa lungimiranza e capacità al figlio Alessandro.
Filippo voleva che il figlio ricevesse la migliore educazione possibile sia militare che politica. Riteneva essenziale che il figlio assorbisse la cultura greca e ne fosse profondamente permeato, tanto da poterne incamerare i valori ed ottenere finalmente quel riconoscimento che gli era mancato. Il percorso educativo di Alessandro doveva essere volto verso quei principi che caratterizzarono la grandezza della Grecia classica, necessari per poter essere accettati dagli stessi greci, così diffidenti e arroganti rispetto al popolo macedone, che reputavano poco più che barbari.
Alessandro, cresciuto tra i continui contrasti tra la madre – la bellissima Olimpia, orgogliosa della sua stirpe: diretta discendente di Achille ma anche dalla casa reale di Troia, potente e pericolosa -, e il padre, uomo di grandi appetiti, anche sessuali, sempre a caccia di uomini o donne, deve e vuole dimostrare di essere un degno erede di Filippo, ma capisce anche che la madre vuole controllarlo per essere lei a governare in caso di morte prematura del re. E’ un bambino intelligente, sveglio, capace e soprattutto determinato che mostra da subito sprezzo per il pericolo e voglia di combattere.
Viene educato prima tramite maestri in varie discipline, grammatica, musica, matematica, ginnastica, sotto la supervisione di Leonida, zio di Olimpia, cresciuto ad Atene, poi da Lisimaco, che si propone ad Alessandro come figura di riferimento, nel modo in cui Fenice era stato per Achille. Infine affidato dal padre ad Aristotele, convinto che politica e filosofia debbano essere collegate per contribuire alla cura dell’Ellade.
Aristotele vuole forgiare un re che sia giusto e vede in Alessandro la grande opportunità di guarire la grave crisi in cui è caduta la Grecia.
Preparò le proprie domande: quelle di un uomo formatosi in un’epoca in cui filosofia e politica erano legate, in cui nessun uomo di pensiero avrebbe potuto concepire per il proprio intelletto un’utilità più nobile di contribuire alla cura della malattia dell’Ellade. I barbari erano per definizione un caso disperato: era come tentare di raddrizzare la schiena di un gobbo. Bisognava guarire l’Ellade perché guidasse il mondo. Due generazioni avevano visto ciascuna rispettabile forma di governo degenerare nelle rispettive distorsioni: l’aristocrazia in oligarchia, la democrazia in demagogia, la monarchia in tirannia. Con progressione matematica, più numerosi erano i soggetti affetti dal male, più aumentava il peso morto in contrasto alla riforma. Cambiare una tirannia si era di recente rivelato impossibile. Cambiare un’oligarchia richiedeva un potere e una spietatezza distruttivi per lo spirito. Per cambiare una demagogia bisognava diventare demagoghi e distruggere così la propria mente. Ma per riformare una monarchia bastava plasmare un solo uomo. L’occasione di forgiare un re, agognato riconoscimento per ogni filosofo, era capitata a lui.
Ma Aristotele e Alessandro non hanno la stessa visione delle cose. Il ragazzo è più aperto e pronto a cogliere la grandezza della cultura di tutti i popoli, non solo i greci, mentre il filosofo è convinto che nulla di buono possa derivare da barbari e nemici storici della Grecia.
«Alcuni di voi comanderanno in guerra. Alcuni di voi governeranno le terre conquistate. Ricordate sempre questo: come il corpo non è nulla senza la mente che lo guida, come la sua funzione è quella di operare affinché la mente possa vivere, così è il barbaro nell’ordine naturale stabilito da Dio. Queste persone possono essere migliorate, come i cavalli, domandole e mettendole a servizio. Come le piante o gli animali, possono servire a scopi che la oltrepassano ciò che la loro natura può concepire. È questo il loro valore. Sono dello stampo degli schiavi. Nulla esiste senza una funzione: questa è la loro. Ricordatevelo.»
Inoltre per Alessandro la guerra e le imprese militari non sono e non possono essere scienze esatte, troppe sono le variabili a cui fare riferimento, che possono cambiare in un senso o nell’altro l’esito di un’impresa.
«Aristotele conosce la Ionia, Atene, la Calcidica e un po’ anche la Persia. Voglio sapere come sono gli uomini laggiù, le loro usanze, il loro comportamento. Ciò che vuole lui invece è fornirmi risposte a tutto in anticipo. Che cosa farei se accadesse questo o quest’altro? Lo stabilirò quando accadrà, gli ho detto. Sono gli uomini gli artefici degli eventi, quindi bisognerebbe conoscerli. Lui mi ha giudicato ostinato. […] Il fatto di non essere d’accordo ti costringe a riflettere. So cosa non va. Lui pensa che sia una scienza inesatta, ma comunque è una scienza. Metti un montone con una pecora, e ogni volta otterrai un agnello, anche se sempre diverso; scalda la neve e lei si scioglie. Questa è scienza. Le dimostrazioni devono essere replicabili. Prendiamo la guerra, ora. Anche replicando tutte le condizioni, cosa impossibile, non si può replicare l’elemento sorpresa. O il tempo. O il morale degli uomini. Eserciti e città sono tutti composti da uomini. Essere un re… essere un re è come la musica».
Amatissimo dai soldati per il legame speciale che riesce a creare con ciascuno di loro. Intriso di umanità e senso della misura si affianca ai “compagni” (hetairoi) cresciuti con lui e con lui educati dal filosofo Aristotele, creando rapporti speciali che dureranno per la sua intera vita.
A scuola si discuteva spesso di amicizia. È una delle cose, appresero, di cui un uomo più difficilmente può fare a meno, necessaria per una vita felice e bella in sé stessa. Tra amici la giustizia non serve, perché non possono esistere né il torto né l’inuguaglianza. Il filosofo descrisse i gradi d’amicizia, da quelli egoistica, a quella pura, quando si vuole il bene dell’amico solo per amore suo. L’amicizia è perfetta, quando uomini virtuosi amano ciascuno il buono nell’altro, poiché la virtù da più gioia della bellezza e resta inalterata nel tempo. Proseguì collocando l’amicizia ben al di sopra delle sabbie mobili di Eros.
Tra tutti spicca il rapporto speciale con Efestione, il più caro fra tutti gli amici. Un rapporto intenso, durato tutta la vita e paragonato, dai due stessi interessati, a quello mitico tra Achille e Patroclo.
La grandezza di Mary Renault è quello di trascinare il lettore alla corte di Filippo, sulle montagne dove vivono popoli rudi e nell’agora delle poleis greche, facendogli vivere la tensione delle imprese di guerra, il forte senso di cameratismo, ma anche l’invidia, la gelosia tra chi vive e combatte insieme. Farlo partecipare ai riti di Dioniso, vedendo tutto il mistero e l’ambiguità che li circonda; assistere agli spettacoli teatrali, raccontando della grandezza e della bravura degli attori; fargli assaporare tutte le contraddizioni e le meraviglie del mondo antico. Assistere al primo emozionante incontro con Bucefalo, il cavallo indomito, che accompagnerà Alessandro per tantissimi anni e in tantissime imprese. Perché quello che colpisce è l’affresco vivido e brillante della sua ricostruzione su cui brilla un giovane uomo intenzionato a dimostrare tutto il suo valore in guerra e in pace.
Fuoco dal cielo di Mary Renault – Mondadori Oscar Cult (2023) – traduzione di Maria Grazia Bosetti – pag. 435