Un giallo filosofico che tiene col fiato sospeso

Vi siete mai chiesti perché rimaniamo tanto affascinati dai libri e i film gialli?

Secondo me perché in questo tipo di libro, nonostante la crudeltà o l’efferatezza dei delitti, le difficoltà delle indagini, gli intoppi, o il tempo che ci può volere, l’investigatore di turno finisce sempre per risolvere il caso e consegnare il colpevole alla giustizia. Riportando, quindi, ordine nel caos. E questo ci tranquillizza, ci fa sperare che anche nella realtà possa avvenire qualcosa di analogo. Malgrado sappiamo benissimo che nel mondo in cui viviamo raramente accade, perché il caso, l’errore, l’equivoco possono determinare la mancata soluzione del caso. Ed è partendo da questa premessa che parte il breve ma intenso romanzo La Promessa di Frederich Durrematt non a caso sottotitolato Un requiem per il romanzo giallo. Lo scrittore svizzero vuole infatti dimostrare che nonostante la presenza di un buon investigatore, una serie di vittime innocenti e un pericoloso e malato psicopatico, le cose nella realtà possono prendere una piega del tutto imprevista ed invece di avere la brillante soluzione all’enigma, l’indagine può diventare un’ossessione, il poliziotto essere travolto dalla follia e il colpevole non essere mai assicurato alla giustizia.

Il romanzo inizia con un fortuito incontro tra un uomo che deve tenere una conferenza sull’arte di scrivere romanzi gialli e un vecchio comandante della polizia cantonale, che decide di raccontargli l’episodio della sua carriera che ha scardinato i principi in cui credeva.

… la gente spera che almeno la polizia sappia mettere ordine nel mondo, benché io non possa immaginare nessuna speranza più miserabile di questa. Ma purtroppo in tutte queste storie poliziesche ci si infila sempre anche un’altra ciurmeria. Non mi riferisco solo alla circostanza che tutti i voi stri criminali trovano la punizione che si meritano. Perché questa bella favola è senza dubbio moralmente necessaria. Appartiene alle menzogne ormai consacrate, come pure il pio detto che il delitto non paga — mentre basta semplicemente considerare la società umana per capire dove stia la verità a questo proposito…

Anni prima una bambina di sette anni venne trovata barbaramente uccisa da parte di un sadico. Matthäi, commissario di provincia stimato per le sue capacità investigative, di fronte al dolore dei genitori della bimba, promise di trovare il colpevole.

A questo punto la donna cominciò a parlare.
“Chi è l’assassino?” chiese con una voce così calma e staccata che Matthäi ne ebbe un brivido.
“Lo scoprirò, signora Moser.”
La donna allora lo fissò, minacciosa, supplichevole. “Lo promette?”
“Lo prometto, signora Moser,” disse il commissario, improvvisamente dominato solo dal desiderio di lasciare quel luogo.
“Sull’anima sua?”
Il commissario rimase sorpreso. “Sull’anima mia,” disse infine.
Che altro poteva fare?
“Adesso vada,” ordinò la donna. “Ha giurato sulla sua anima.”

Questa promessa, fatta ai genitori della bimba, si trasforma però in una vera e propria ossessione per Matthäi, e diventa il suo unico scopo di vita.

Inizia da qui un indagine serrata e un’intuizione che porta il commissario a scardinare la sua intera esistenza pur di assicurare l’assassino alla giustizia, con un’abnegazione che diventa ossessione, che lo porta infine a osare l’impossibile, a fare scelte discutibili e a rimanere poi vittima della sua stessa fissazione.

Il romanzo, oltre alle intrinseche premesse filosofiche, è davvero un ottimo giallo. Dürrenmatt costruisce un poliziesco dal ritmo perfetto. Una trama e una tensione degna del miglior poliziesco, pur considerando il genere defunto.

Allo scrittore svizzero importa soprattutto la psicologia del commissario, il degrado morale che lo porta a trasformarsi da poliziotto razionale a uomo sull’orlo della follia, capace di fare anche ciò che è moralmente riprovevole pur di assicurare il colpevole alla giustizia. Il commissario Matthäi davanti alla sua solenne promessa fatta ai genitori della bambina si rende conto che la giustizia è imperfetta e ingiusta nell’accertare la verità e nel punire i colpevoli. Ma è una realtà che Matthäi non può accettare, per questo rimane convinto della sua idea, anche quando l’evidenza e tutti intorno a lui asseriscono il contrario. Eppure Matthäi ha ragione ed è l’unico tra tutti ad essere arrivato vicino alla verità, anche se questo non è sufficiente in un universo governato dal caso.

La promessa è un romanzo perfetto negli incastri deduttivi e psicologici, grazie ad una prosa secca, amara, ad un’ambientazione in cui dominano le atmosfere grigie delle gelide lande svizzero-tedesche e i paesaggi di periferia urbana desolate, e nell’indagine di scavo dei meandri della psiche umana. Un romanzo in cui domina il senso di impotenza e di angoscia dell’investigatore ma anche di noi lettori, consapevoli, riga dopo riga, che nella realtà quello che racconta Durrenmatt è più frequente di quanto si pensi.

Durrenmatt ribalta l’idea del giallo classico, in cui l’autore del delitto, simbolo del disordine sociale e quindi del male e del caos, alla fine, viene sconfitto dalla logica del detective, simbolo del bene. In un mondo governato dal caos, è assurdo poter pensare di arrivare alla verità e alla giustizia, attraverso il mero uso del raziocinio o la logica dell’indagine di polizia: la logica razionale del detective nulla può contro la fatalità, guidata dal caos.

No, quel che mi irrita di più nei vostri romanzi è l’intreccio. Qui l’inganno diventa troppo grosso e spudorato. Voi costruite le vostre trame con logica; tutto accade come in una partita a scacchi, qui il delinquente, là la vittima, qui il complice, e laggiù il profittatore; basta che il detective conosca le regole e giochi la partita, ed ecco acciuffato il criminale, aiutata la vittoria della giustizia. Questa finzione mi manda in bestia. Con la logica ci si accosta soltanto parzialmente alla verità.

Una curiosità: il canovaccio originario era stato scritto da Dürrenmatt come sceneggiatura per il film Il mostro di Mägendorf di Ladislao Vajda, incentrato su delicato problema della violenza sui bambini. Successivamente, lo scrittore decise di sviluppare il soggetto ruotando il punto di vista e trasformandolo in un piccolo capolavoro del genere.

Molto bello anche il film del 2001, diretto da Sean Penn e con un immenso Jack Nicholson nella parte del commissario Matthäi.

La promessa – Un requiem per il romanzo giallo di Friedrich Dürrenmatt  [Das Versprechen – Requiem auf den Kriminalroman 1958] La Biblioteca di Repubblica- Le strade del giallo (2005) – traduzione di Silvano Daniele – pag. 137

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