Una donna che doveva diventare regina

Elisabetta di York la donna che doveva esse regina.

Potrebbe sintetizzarsi così la vita tribolata e relativamente breve di questa donna che fu figlia, sorella, nipote, moglie, madre e nonna di re. Figlia di Edoardo IV, prima pretendente al trono per la casa di York poi re d’Inghilterra per circa vent’anni, nonostante le alterne fortune politiche. Sorella di Edoardo V e di Riccardo che, alla morte del padre, furono imprigionati nella Torre di Londra dallo zio e scomparvero in circostanze misteriose. Nipote di quel Riccardo III, divenuto famoso grazie alla penna di William Shakespeare, su cui grava una sorta di “damnatio memoriae” anche per la misteriosa e drammatica fine dei nipoti rinchiusi nella Torre. Moglie di Enrico VII, figura principale nella Guerra delle Due Rose, che conquistò la corona nella battaglia di Bosworth, sconfiggendo Riccardo III. Madre del più che famoso Enrico VIII e ovviamente nonna di Maria, Elisabetta ed Edoardo tutti re d’Inghilterra. E’ quindi, l’antenata di tutti i sovrani succedutisi sul trono inglese dal 1509, di tutti i monarchi scozzesi dal 1513, e di ogni monarca britannico dal 1603.

Elisabetta visse in un periodo turbolento della storia, che vide l’inizio della transizione dal mondo medioevale a quello moderno, e in Inghilterra lo scontro tra due rami della stessa famiglia per la conquista del trono: la sanguinosa lotta dinastica combattuta tra il 1455 e il 1485 tra due diversi rami della casa regnante dei Plantageneti, meglio conosciuta come guerra delle due rose, la rosa bianca degli York e quella rossa dei Lancaster. Guerra che provocò l’estinzione delle linee maschili di entrambi i casati e si concluse con l’affermazione di una nuova dinastia, i Tudor, di ascendenza lancasteriana, ma in cui confluivano anche gli York, tramite il matrimonio della loro ultima rappresentante, la principessa Elisabetta, con il nuovo re.

Elisabetta ebbe, quindi, un ruolo essenziale negli equilibri del trono. Dapprima promessa sposa allo zio Riccardo III, poi sposa di Enrico VII, avrebbe potuto essere la prima sovrana a regnare, ma nel Quattrocento in Inghilterra una donna sul trono veniva considerata una cosa contronatura: né Dio, né gli uomini potevano accettare una cosa simile. Il suo matrimonio con il figlio di Edmondo Tudor e di Margaret Beaufort, discendente dei Lancaster, permise, però, di unire tramite matrimonio le due casate in guerra e pacificare il regno. Essendo diretta discendente di re e di parte York, Elisabetta avrebbe voluto essere regina al pari del marito, non sua semplice consorte. Cosa che però non avvenne: Enrico VII, per ottenere e mantenere il trono aveva bisogno dell’alleanza matrimoniale con Elisabetta ma non poteva far discendere la sua investitura da questo.

Eppure, non fu affatto felice di sentire che Enrico la definiva la sua consorte: sarebbe stata la sua regina, al suo pari

In questo romanzo di Alison Weir, frutto di una ricca documentazione storica, seppur non possa essere considerato una vera e propria biografia, emerge la vita di una donna la cui vita è stata costantemente in balia degli eventi. La lotta per il potere prima al fianco del padre, poi in attesa del matrimonio, che non arriva. I rapporti con la madre, l’ambiziosa Elizabeth Woodville, mal vista a corte, poi con la suocera Margaret Beaufort, vera matriarca e spina dorsale della famiglia. Quelli con le sorelle, spesso pedine degli affari di stato, in quanto la politica matrimoniale di alleanze fu una delle costanti delle corti europee del periodo.

Non siamo che pedine, Bessy che vengono mosse seguendo i capricci di un re.

Le gravidanze e le morti dei figli. Il rapporto con Arturo l’erede al trono cresciuto lontano dal palazzo, malaticcio e debole, al contrario di Enrico, chiamato Harry, pieno di vita e di energia.

Alison Weir, trattandosi di biografia romanzata, si prende a volte delle libertà, soprattutto nei dialoghi o nel rendere molto più moderni alcuni passaggi o rapporti interpersonali che all’epoca non erano sicuramente di quel tenore. Interessante però cercare di far entrare il lettore in un mondo distante temporalmente per mentalità e sensibilità, in cui la vita è sempre appesa un filo, l’incertezza regna sovrana e la donna ha valore solo per li figli che sforna e le alleanze che intesse tramite il matrimonio.

Consiglio, però di dotarsi di una buon albero genealogico perché i nomi uguali, gli intrecci familiari e le connessioni, importantissime per capirci qualcosa, sono davvero intricate e quella di cui è dotato il libro è tutto fuorché chiara.

Elisabetta di York. L’ultima rosa bianca di Alison Weir – Neri Pozza (2023) traduzione di Chiara Brovelli – pag. 575

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