Diario minimo

Un lungo elenco di avvenimenti da quelli più importanti, storici, a fatti più minuti, ricette di cucina, utensili, oggetti che rimandano ad un tempo che fu.

Una lista di piccole immagini di una società e di una cultura che via via cambiano, si modificano.

Nel mezzo l’autrice che partendo da una sua fotografia dell’epoca mette a fuoco se stessa: chi era in quel momento, cosa stava facendo, quali erano i suoi sogni, le sue aspirazioni, i suoi amici, i suoi amori. Una carrellata di eventi e di immagini dal 1945 al 2005: la Liberazione, l’Algeria, la maternità, de Gaulle, il ’68, l’emancipazione femminile, Mitterrand; e ancora l’avanzata della merce, le tentazioni del conformismo, l’avvento di internet, l’undici settembre, la riscoperta del desiderio. Sessant’anni in cui la storia accelera, come mai prima di allora.

Una serie di immagini che trascinano anche il lettore in un percorso a ritroso, in cui le foto che scandiscono il passare del tempo via via si modificano, cambiano, da quei rettangolini color seppia dei nostri bisnonni, alle immagini in bianco e nero, fino alle lucide foto a colori degli anni novanta fino alle ultime immagini intrappolate nello schermo di un cellulare. Una cavalcata implacabile e inevitabilmente venata di malinconia, quello scorrere e fluire del tempo, che deforma e modifica, intenerisce e intristisce al tempo stesso. L’autrice francese lega gli eventi attraverso un filo emotivo che, raccontando, in una sorta di ricerca del tempo perduto, salva ciò che fu e che ora non è più.

In questa sua “autobiografia impersonale”, la scelta del “noi”, invece che del primo pronome singolare, trascina il lettore, lo ingloba nella narrazione, lo coinvolge suo malgrado. Perché ancora una volta Annie Ernaux parla di sé ma parla di noi, la sua storia personale si riflette e si specchia in quella universale. Per questo, in queste pagine ognuno può trovare un richiamo, un’eco della sua vita, della sua storia, dei suoi ricordi.

Lo sfondo, ovviamente, è la storia della Francia, alcuni eventi possono non essere così noti, come i nomi dei presidenti che si sono succeduti, o gli scandali o le tragedie che l’hanno turbata, ma la girandola di fatti e soprattutto il cambiamento profondo di una società che da rurale è diventata operaia, ha visto l’avvento dell’automobile, del televisore, del telefono, di internet, in un’accelerazione sempre più veloce al punto da non riuscire più a riconoscere e ritrovare se stessa. Una società che vive di passato e presente ma dove non c’è posto per il futuro. Il presente talmente frenetico, vorticoso, veloce, si è dilatato, allargato a dismisura e ha finito per fagocitare tutto il resto.

Gli anni è, dunque, un romanzo autobiografico e al contempo la cronaca collettiva del nostro mondo dal dopoguerra a oggi, magistrale fusione della voce individuale con il coro della Storia.

Si viveva nella sovrabbondanza, di ogni cosa, delle informazioni, degli «esperti». Opinioni si formavano su fatti appena accaduti, su come comportarsi, sul corpo, l’orgasmo e l’eutanasia. Tutto veniva discusso e decodificato. «Dipendenza», «resilienza», «elaborazione del lutto», c’era profusione di termini e linguaggi per mettere in parole vita ed emozioni. Depressione, alcolismo, frigidità, anoressia, infanzia difficile, niente era più vissuto invano. La comunicazione delle esperienze e delle fantasie intime conteneva la coscienza. L’introspezione collettiva offriva modelli alla verbalizzazione dell’io. Il bacino delle informazioni comuni si allargava. Aumentava la rapidità intellettuale, le fasi dell’apprendimento si facevano sempre più precoci e la lentezza dei ritmi scolastici esasperava i ragazzi che digitavano SMS a tutta velocità.

Annie Ernaux grazie ad una narrazione che non è netta e lineare ma vaga, proprio come la memoria, ricca di elenchi, che nella loro asciuttezza, descrivono più di mille parole, non spezza il testo in capitoli, ma sceglie una sorta di continuum, separato solo da spazi bianchi. Un flusso di coscienza ordinato, interrotto solo da quelle foto e sequenze di filmati che a intervalli regolari colgono fermi-immagine della memoria e rappresentano resoconti sull’evoluzione dell’esistenza. Un’esistenza che combinando elementi esterni ed interni l’ha resa tale, unica, così come lo è per ciascun individuo.

Gli anni di Annie Ernaux – L’Orma editore (2022) – traduzione di Lorenzo Flabbi – pag. 266

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