L’incontro con l’infinito

«Sto seduto a guardare le nuvole che passano, mentre lo aspetto. Appartengo a una specie che sa riconoscere una forma che non si ripete mai».

Vi è mai capitato di trovarvi di fronte ad un tramonto, ad un’alba, ad un animale selvaggio, ad un paesaggio di incommensurabile bellezza e perdervi per un attimo in quella contemplazione? Annullarvi? Sentirvi completamente e totalmente parte di ciò che vedete? Personalmente credo che in quell’istante l’essere umano provi l’esperienza dell’infinito, del mistero della natura.

E’ quello che succede ad Ulf, un uomo di settantanni, un guardiacaccia, che il primo dell’anno, seduto nella sua roulotte in mezzo alla foresta, vede un lupo, un lupo solitario e maestoso. Da quel momento entra in connessione con l’animale, arriva a percepire l’essenza del lupo e questo cambia il suo modo di vedere le cose, di relazionarsi con esse.

Poi vidi quel lupo.

Un animale irrazionale. Quando ero più giovane credevo che gli animali non avessero l’anima. Ma è il raziocinio, che non hanno. Che cosa diamine mi aveva fatto?

Quell’apparizione cambia il suo modo di approcciarsi a tutto ciò che l’ha contraddistinto fino a quel momento, mette in discussione valori e principi che fino ad allora gli erano parsi fondanti e soprattutto giusti. In fondo per tutta la vita, come cacciatore e come ispettore forestale, ha svolto il suo mestiere di controllo, convinto sostenitore della caccia, soprattutto quella di protezione, e delle politiche ambientali delle amministrazioni pubbliche. Come lui e prima di lui c’erano stati il padre e il nonno, un’eredità tramandata di padre in figlio, dimostrata dall’infinità di animali imbalsamati e di palchi di corna appese per casa. Senza mai un dubbio. Poi l’incontro con il lupo, la sua immedesimazione in questo splendido e vilipeso animale, su cui l’uomo, chissà perché ha concentrato fin dall’antichità tutte le sue inquietudini, lo cambia dentro. E lo fa allontanare dalla sua comunità, spaventata dall’attacco del lupo contro le pecore di alcuni allevatori, che attribuiscono a quel fiero animale che attacca solo per mangiare l’incarnazione di tutte le paure.

«Con le nostre automobili uccidiamo più animali noi dei lupi», dissi «Ma non lo facciamo per fame.»

E’ come se Ulf diventasse lupo, capisse cosa prova, come ragiona, quali sono i suoi obiettivi. Nella sua mente scorrono le immagini che il lupo vede, il territorio in cui caccia, le prede, ma anche la voglia di una compagna, sebbene non voglia avvicinarsi al branco né farne parte. Il lupo visto da Ulf e da lui battezzato Zampalunga è un solitario, proprio come lui e rivoluziona totalmente la sua vita. Lo porta a mettere in dubbio tutta l’impalcatura di principi, di regole, di idee che lo hanno sostenuto per settantanni. Inizia a rileggere i diari che teneva da bambino e a quelle poche righe, sovrappone ricordi molto più articolati. Riprende in mano i libri di una vita, Il libro della giungla di Kipling, nella descrizione sui lupi e sul branco, Il richiamo della foresta di London ma anche Memorie di un cacciatore di Turgenev o La vita degli animali di Brehm.

E soprattutto comincia ad interrogarsi, sente che quello che ha fatto, i convincimenti che ha avuto non sono corretti; che l’approccio verso la natura è sbagliato: non è l’uomo che deve controllarla ed imbrigliarla, sfruttandola a suo piacimento, perché la natura conosce molto meglio dell’uomo come conservarsi e mantenersi.

Lo vidi, e la mia vita cessò di essere normale. Cominciai a mettere in discussione le mie convinzioni: perché uccidere, perché pianificare disboscamenti in base a grandi programmi che avevo gestito dal mio ufficio, seguendo di volta in volta le modifiche che chi gestiva il potere decideva a seconda di ciò che faceva guadagnare di più?

Ci sono libri che nella loro apparente semplicità riescono a trasmettere pensieri profondi, ad accendere una miriade di riflessioni, a toccare corde importanti del tuo essere. E’ quello che fa questo piccolo libro che, oltretutto, il formato Iperborea rende le sue pagine assai meno delle duecento che dichiara.

Un libro che nel raccontare la metamorfosi di Ulf, parla di vecchiaia, di bilanci, di ambiente, di malattia, di legami – meravigliose le pagine dedicate alla routine di coppia tra Ulf e la moglie Inga, una donna che ama leggere e cucire con gli scampoli capi patchwork, un rapporto fatto di rispetto, di cura, di piccole attenzioni reciproche. Un romanzo dalla straordinaria  potenza evocativa, che con uno stile fatto di sottrazione con pochissimi aggettivi e quasi nessuna descrizione, catapulta ed avvolge il lettore nel mondo di Ulf. Un esempio di come la vera letteratura riesca a rendere una storia universale, comprensibile a tutti e a scatenare ricordi, connessioni, sensazioni intense, oltre ad accendere riflessioni esistenziali, che diventano spunto per un’attenta analisi di sé stessi e del mondo che ci circonda.

Un’ultima osservazione l’autrice svedese Kerstin Ekman ha scritto questo libro a 88 anni!

E pensare che quando Elena @lettricegeniale lo ha proposto come lettura del Gruppo Babele, la mia prima reazione è stata: questo mese salto, non ho voglia di leggere un libro sulla caccia. Poi però ho capito che in questo libro c’era ben altro e mi sono immersa nella lettura. E ho fatto bene

Se cercate una lettura diversa, introspettiva e profonda, ma anche avvincente sceglietelo anche voi

Essere lupo di Kerstin Ekman traduzione di Carmen Giorgetti Cima – Iperborea (2022) – pag. 208

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