Una lettera necessaria

Quante volte avrei voluto scrivere una lettera che inizia proprio con “Caro stronzo…”?

Un’infinità…

Ad un ex, ad un amico, che forse tale non è, ad un collega, o uno dei tanti uomini che nel corso della vita si sono sentiti autorizzati a guardarmi come fossi un oggetto, a considerarmi come fossi stupida, a provare un avance o qualcosa di più solo perché ero donna.

Questo libro che non rientra in nessuna definizione, in parte romanzo, perché ha comunque una sorta di trama, in parte saggio seppur molto discorsivo, sicuramente epistolario, per la scelta di utilizzare uno scambio di mail tra i protagonisti, è un ottimo modo per iniziare (o proseguire) a ragionare sul femminismo, sulla violenza alle donne, sul femminicidio, sulla disparità tra uomo e donna, sul #metoo ma anche su tanto altro.

Basta leggere questo passo e fermarsi per un attimo all’ovvio in esso contenuto per rabbrividire:

«Immagina se al posto delle donne uccise dagli uomini si trattasse di impiegati uccisi dai loro datori di lavoro. L’opinione pubblica si irrigidirebbe maggiormente. Ogni due giorni, la notizia di un datore di lavoro che ha ucciso un suo impiegato. La gente si direbbe, qui stiamo esagerando. Dobbiamo poter timbrare il cartellino senza rischiare di venire strozzati, o accoltellati o fatti fuori a colpi di arma da fuoco. Se ogni due giorni un impiegato uccidesse un datore di lavoro, sarebbe uno scandalo nazionale. Pensa ai titoloni: “Il datore di lavoro aveva sporto tre volte denuncia e ottenuto un ordine restrittivo, ma l’impiegato l’ha aspettato sotto casa e freddato a bruciapelo. È quando lo trasponi che ti accorgi di quanto il femminicidio sia tollerato. Gli uomini possono ammazzarti».

E’ il primo libro che leggo di Virginie Despente, definita la più disturbante delle scrittrici francesi e dato il titolo e la veemenza della prime pagine, sinceramente mi aspettavo un libro molto più forte di quello che ho avuto tra le mani, ma questo non rappresenta assolutamente una critica.

Tramite lo scambio epistolare per mail tra lo scrittore Oscar Jayack e l’attrice Rebecca Latté, a cui si aggiungono gli articoli di un blog di Zoé Katana, giovane ed arrabbiata femminista decisa a far sentire la propria voce, vengono affrontati tanti temi di enorme attualità che portano il lettore a ragionare sulla moderna società. Una società magmatica e complessa che crea disorientamento, in cui vi è una costante necessità di essere visti, di poter esprimere il proprio parere, di far sentire la propria voce. Una società in cui l’importanza dei social e l’attenzione che gli dedichiamo crea una sorta di mondo parallelo reale e fittizio al tempo stesso in cui spesso ci sentiamo più liberi di esprimere il nostro pensiero, piuttosto inconsapevoli delle conseguenze. Un mondo che però crea in ognuno di noi delle dipendenze fortissime di cui spesso non siamo neanche pienamente consapevoli.

Oscar è uno scrittore di discreto successo che si sente libero di scrivere un’invettiva contro un’attrice di grande fama, ex sogno erotico alle prese con la mezza età, a cui lei risponde proprio con il “Caro Stronzo” che dà il titolo al libro. Ne deriva una corrispondenza di botte e risposte in cui tutte le fragilità, le difficoltà dei rapporti interpersonali, i buchi dell’infanzia, l’abuso di sostanze, le dipendenze, il femminismo, gli eccessi del #metoo, l’egoismo che regola ogni rapporto, ma anche la solitudine fatta scaturire dal covid, l’uso delle mascherine, la fama come specchio e maledizione della propria vita, vengono sviscerate. Mail dopo mail il rapporto dei due, caratterizzato all’inizio dalla violenza delle rispettive posizioni, diventa a poco a poco, importante per entrambi. Rebecca vuole disintossicarsi dopo una vita di dipendenze, che lei rivendica e di cui non si pente. Oscar accusato da Zoe, sua ex addetta stampa, di molestie è nell’occhio del ciclone del #metoo. Entrambi sono alla ricerca di qualcuno che sappia ascoltarli senza giudicare, che sappia farsi partecipe, ma anche bacchettarli. Per entrambi lo scambio epistolare che intercorre, rappresenta una novità, il modo di fare chiarezza in se stessi, di mettersi in discussione e di riflettere su una società in cui le dipendenze non sono rappresentate più solo dall’alcool, dalla droga, dalle sigarette, ma anche dal cellulare, dalla costante necessità di essere connessi, di essere visti, di avere visibilità, di far sapere agli altri il proprio pensiero, di prendere posizione su tutto e tutti.

Oscar si sente una vittima dell’accusa di Zoe, perché lui si è davvero innamorato di lei, ed è convinto di non averla mai stalkerata né abusato in nessun modo di lei. Secondo il suo punto di vista, si è sempre comportato correttamente e le sue accuse e la campagna mediatica che Zoe gli ha scatenato contro sono ingiustificate. Rebecca, che rappresenta una sorta di ago della bilancia tra Oscar e Zoe, riuscirà a fargli capire come comportamenti per lui definiti normali, in realtà non lo sono, perché i rapporti di forza tra uno scrittore famoso e la sua addetta stampa, non sono esattamente sullo stesso piano. L’autrice, pur non nascondendo gli eccessi del #MeToo, non li reputa comunque tali da condannare tutto il movimento. Un movimento che sta ancora cercando un equilibrio, che cerca di dare risposte ad un problema complesso, basato su convenzioni ed idee inculcate da secoli, che necessita di una presa di coscienza da parte di tutti, perché tutti si devono mettere in discussione, anche le donne. Partendo comunque dal presupposto che per iniziare a dialogare, a capire le rispettive decisioni, occorre rispetto e soprattutto “riconoscimento”.

Mi invia una citazione di Burroughs, tratta da un’intervista dove dichiara, “penso che quello che chiamiamo amore sia una truffa perpetrata dal sesso femminile e che lo scopo dei rapporti sessuali tra uomini non abbia niente a che vedere con l’amore, ma che si tratti più che altro di riconoscimento”. Mi dice qui c’è tutto. L’idea di un complotto femminile. I subalterni complottano sempre alle spalle dei padroni. L’idea che siamo responsabili di quello che ci fanno subire. Il colpevole è sempre la vittima. E l’idea che non ci sia solidarietà possibile; nessun “riconoscimento”. Per loro noi siamo il sesso straniero, il sesso nemico. Il contrario è falso. Ma il problema è questo – come vivere in armonia con qualcuno che rifiuta di “riconoscerti”?

Virginie Despentes è una scrittrice dirompente, capace di descrivere la società contemporanea con rara spietatezza. Nell’esaminare temi centrali come il #MeToo e il femminismo, mette al centro il tema della dipendenza, in tutte le sue declinazioni. Eppure il suo non è un libro cupo, anzi, perché anche chi si detesta e si insulta, se si apre al dialogo, può trovare un amico, seppure improbabile.

Caro stronzo di Virginie Despentes traduzione di Maurizia Balmelli – Fandango Libri (2023) – pag. 296

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