Quella bisbetica di Margo

Dopo aver messo al centro del suo romanzo più famoso una ultraottantenne tutta d’un pezzo, testarda, sicura di sé, decisa a vivere a modo suo dopo il disastro di Černobyl ne L’ultimo amore di Baba Dunja, Alina Bronsky nel suo nuovo romanzo tesse una trama accattivante attorno ad un’altra donna: Margarita Ivanovna, detta ‘Margo’, orgogliosa della sua lunga treccia rossa, che cura con attenzione e porta arrotolata sulla testa. Margo è un’anziana scorbutica, arrivata in Germania dalla Russia per dare un futuro al nipote, che lei considera un essere fragile, bisognoso di cure costanti, di visite mediche continue e di attenzioni esagerate. Questo nipote, Max, cui la nonna raccomanda di non affezionarsi troppo alla vita, dal momento che la sua è destinata a durare poco; che terrorizza con la mania dell’igiene, la fobia delle malattie e la cattiveria della gente; cui propina soltanto pappine insapori, facendogli soltanto annusare cibi più elaborati, perché il cibo normale lo potrebbe uccidere; a cui non ha raccontato nulla riguardo alle sue origini e i genitori; e soprattutto che mette costantemente in guardia dall’ebreo “Pel di carota”, che da un momento all’altro potrebbe portarlo via e fargli fare una fine terribile; in realtà, è un ragazzino come gli altri, soltanto più insicuro e più gracile anche a causa delle “cure” stritolanti e ossessive della nonna. Margo è saccente, convinta di sapere sempre più e meglio degli altri quello che bisogna fare e dire, ma anche diffidente verso gli usi del nuovo paese che reputa sempre inferiore al suo paese d’origine, inoltre è prepotente, comanda tutti a bacchetta e decide per tutta la famiglia quello che lei reputa meglio. Accanto a loro il nonno Čingiz, silenzioso e passivo, e due vicine, la graziosa Nina e sua figlia Vera che rappresenteranno la rottura degli equilibri preesistenti e la nascita di nuove alleanze.

Mi voltai, non volevo vedere né lei né le sue foto. Nel contempo, però, temevo che non avrebbe mai smesso di avere ragione. Aveva ragione anche quando sbagliava. Mi conosceva meglio di qualsiasi altra persona e sapeva cose di questo mondo che tutti gli altri ignoravano.

La storia è raccontata proprio da Max, il nipote considerato incapace, che vive prima con terrorizzata inadeguatezza le continue e assillanti attenzioni della nonna, ma che saprà distaccarsi ed arrivare a conoscere alla fine ( e noi lettori con lui) la storia dei suoi genitori e l’origine delle paure della nonna.

La treccia della nonna, consigliatomi allo stand della @keller_editore al Salone del Libro di Torino, è una storia familiare centrata su un personaggio davvero insolito, Margo, una donna presuntuosa, caustica, maniacale e iperprotettiva, pessimista e vittimista, smaccatamente fiera dei propri pregiudizi, con cui non è facile simpatizzare, eppure è anche una donna che mette al centro della sua vita e dei suoi interessi la sua famiglia, che vuole proteggere e migliorare anche se lo fa in modo ossessivo.

Il tutto è narrato con una carica ironica ed umoristica che stempera tutta la malinconica tristezza di cui è permeato il racconto.

Un romanzo di formazione su una famiglia allargata e caotica in cui l’amore per quanto imperfetto e bizzarro risplende.

Un’altra perla da aggiungere al catalogo quanto mai ricco di gioielli della casa editrice trentina.

La treccia della nonna, di Alina Bronsky, Keller editore (2022), traduzione dal tedesco di Scilla Forti, pag. 210

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *