Che strano libro è L’ultima stella a destra della luna. Ci si mette un po’ a comprenderne la natura, un altro po’ la bellezza, ma alla fine il messaggio arriva forte e chiaro.
Inizialmente a lasciare sbigottiti è la scelta narrativa: si tratta di una raccolta di temi, scritti da un bambino, che non scrive benissimo perché è solo all’inizio della scuola. In questi temi, non privi di errori sintattici o grammaticali, a cui seguono le correzioni a volte spietate della maestra, racconta della sua vita, dell’amore per la sua numerosissima famiglia, per gli animali, per le cose che brillano. Tra le righe si intuisce la sua anima curiosa ed intraprendente, la sua voglia di giocare con gli amici.
A poco a poco, però, si capisce che lo scolaro non è un bimbo come gli altri, perché abita in un pianeta lontano (proprio l’ultima stella a destra della luna), dove i bambini hanno la pelle color violetto, la cresta e i tentacoli, vivono in paludi, con piante carnivore, insetti giganti e alligatori da cui guardarsi; i genitori lavorano nelle miniere, con un solo giorno di permesso all’anno; ed appartiene ad un popolo il cui futuro è già scritto, senza nessuna via d’uscita. L’allievo non ha nemmeno un vero nome ma solo una sigla 4/6**5, eppure ha la capacità di sognare di ogni bimbo. Il suo popolo, gli Yukon, sono costretti ad un’esistenza dura, ad un obbedienza totale e ad un lavoro disumano, di estrazione del plutonio nelle miniere, mettendo costantemente a rischio la vita. Frequentano la scuola solo per imparare a leggere e scrivere e così poter compilare i moduli richiesti. La Legge dell’Ordine gli ha tolto poco a poco ogni diritto, se non quello di sopravvivere, pagare tasse per ogni singolo bene all’Ufficio Tasse e Imposte, e obbedire. Gli Amir, che quella legge e quelle tasse le hanno imposte, abitano dall’altra parte del pianeta protetti da cupole, mangiando cibo liofilizzato, per certi versi non meno prigionieri delle loro paure di quanto non siano gli Yukon dei mille divieti.
Saranno, invece, proprio i temi che la maestra Star-One darà ai suoi alunni ad innescare la protesta e ad aprire gli occhi verso una nuova consapevolezza. Perché quando l’Ispettore rimprovererà la maestra per aver assegnato temi “inutili” ai suoi studenti ed imporrà loro di smettere di scrivere questi componimenti, 4/6**5 e i suoi compagni cominceranno a porsi delle domande: perché non possono terminare la scuola, perché il loro unico lavoro deve essere la miniera, perché devono chiamarsi con delle sigle e non possono avere anche loro dei nomi veri e propri? La loro prima ribellione sarà proprio quella di darsi un nome fantasioso e significativo, così l’allievo 4/6**5 diventerà NuvolaCheVola.
Silvana De Mari scrive un romanzo assolutamente originale e particolare. Attraverso i temi e i relativi commenti della maestra, all’inizio davvero spiazzanti, racconta un mondo non poi così diverso dal nostro. E tramite la contrapposizione tra Yukon e Amir rivela ai lettori “la banalità del male”, del razzismo, dell’educazione al non pensiero, dell’emarginazione, della ghettizzazione e della miseria. Ma racconta anche quanto potente è la creatività, la forza degli affetti, l’osservazione della bellezza di ciò che ci circonda e soprattutto la potenza del pensiero.
“Potrebbe succedere che per evitare che le cupole gli franino addosso facciano uscire i loro figli da quelle specie di vasche per pesci rossi in cui avete ridotto la vostra vita. Potrebbero scoprire il colore vero del cielo, l’odore del vento, la pioggia sulla pelle. Potrebbe venirgli in mente che è inutile sperperare la metà delle risorse del pianeta a cercarne un altro perché questo pianeta, il nostro pianeta, così com’è, è quanto di meglio si possa sognare. Potrebbe venirgli in mente di mangiare qualcosa di non sintetico, cantare qualcosa che abbia un ritmo e provare ad essere felici una volta tanto, veramente e senza opprimere nessuno.”
L’ultima stella a destra della luna di Silvana De Mari- Salani editore (2006) – pag. 95