Un percorso di consapevolezza

Sono passati ormai due anni da quando con Federica @fede abbiamo deciso di iniziare a leggere libri che affrontassero il tema del razzismo. Avevamo entrambe bisogno di capire di più, di conoscere l’origine del “problema”. Uso volutamente questo termine, perché all’apparenza nessuno si definisce razzista, però nei fatti la diffidenza, lo sguardo sospetto, il “tornatevene a casa vostra” fa ormai parte del sentire comune, come gli episodi di intolleranza e quelli, ahimè, di vera e propria violenza.

E questo percorso nato per curiosità e sete di conoscenza, oltre a farci comprendere meglio l’origine della questione, è diventata l’occasione per conoscere, prima virtualmente poi live, persone stupende con cui è diventato bello e naturale confrontarsi, partendo dalla realtà e tornando ai libri o tramite il percorso opposto in cui le risposte o le tante tantissime altre domande scaturiscono dai libri, ma trovano riscontro nel reale.

Con #ilrazzismonellaletteratura le mie compagne di lettura ed io stiamo intraprendendo un percorso di consapevolezza. Mi sento di definirlo proprio così, perché oltre al valore letterario di ciò che stiamo leggendo, penso, una per tutti, a Toni Morrison, e alla bellezza tragica di tanti romanzi scoperti proprio grazie a questo gruppo, tipo La strada di Ann Petry, è la conoscenza di un fenomeno, è la violenza endogena di cui la storia degli afroamericani è caratterizzata, è la storia misconosciuta di una comunità a rappresentare un valore immenso ed impagabile.

Ogni lettura fatta rappresenta un passo nella consapevolezza, perché ogni volta che ho creduto di aver ormai un quadro abbastanza chiaro di che cosa sia stata la schiavitù e quanto in salita ed irto di ostacoli sia stato e, purtroppo sia ancora, il percorso dell’integrazione razziale, alla fine mi sono sempre ritrovata attonita e sconvolta di fronte ad un fenomeno odioso eppure sistemico, integrato, deliberato, seppure a volte anche inconscio ed inconsapevole.

E questa sorta di consapevolezza la ritrovo quando guardo libri o film che con il razzismo apparentemente non hanno nulla a che fare, perché colgo riferimenti o capisco situazioni che prima mi sfuggivano. Come se avessi affinato un grado di sensibilità particolare che prima non avevo. E non mi pare poco.

Oltretutto le letture fatte hanno messo in evidenza una sorta di fil rouge che unisce autori vissuti in anni diversi e in luoghi diversi degli Stati Uniti, mostrando una sorta di “comune esperienza” che li accomuna. Penso all’educazione basata e fondata solo sulla punizione corporale, come se tutta la violenza ricevuta, a partire dalla schiavitù, fosse penetrata in loro rendendo impossibile solo pensare ad un altro sistema educativo. All’assenza quasi costante della figura paterna, che lascia il compito dell’educazione e del mantenimento solo alle madri, che se prive di un sistema familiare, si trovano a sobbarcarsi di un carico mentale e materiale enorme per provvedere ai figli. Alla religione, presente in tutti i testi, che rappresenta una costante che, da una parte, aiuta a sopportare la violenza e la miseria di una vita senza vie d’uscita né prospettive, dall’altra, lascia ad un’ipotetica vita futura quel benessere che è miraggio di quella attuale. Una religione comunque basata su castighi e punizioni, che ha lo scopo, neanche troppo velato, di impedire che il nero alzi la testa, che si ribelli al sistema, che pretenda qualcosa di più e di meglio dalla sua esistenza terrena.

E sottotraccia è sempre presente la scelta di mantenere sottomesso l’uomo nero, di fargli “scontare” la propria inferiorità. Non bisogna dimenticare che la Jim Crow Law del 1877 (e restata in vigore fino al 1960) aveva inserito la discriminazione basata sul colore della pelle come legge: divieto ai neri di salire sugli stessi treni dei bianchi, di bere alle stesse fontane, di utilizzare gli stessi gabinetti, di frequentare gli stessi luoghi pubblici e ovviamente le stesse scuole ed università. Ovviamente le strutture per neri non erano come quelle per bianchi, meno soldi voleva dire edifici, insegnanti, materiale peggiore e minori erano le possibilità che erano aperte a chi li frequentava. Per i neri ogni occasione di evoluzione e sviluppo era estremamente limitata e le opportunità di lavoro esigue. Vi era una sorta di imprinting trasmesso dalla stessa famiglia, che per evitare guai, educava i figli a tener bassa la testa, ubbidire e crescere nella convinzione che il colore della pelle determinasse la propria diversità e soprattutto la necessaria subordinazione. Ed ecco la ribellione di Richard Wright, che crescendo senza controllo, non apprende quel codice di comportamento e si domanda perché debba sentirsi inferiore, perché non possa mangiare tutti i giorni come l’uomo bianco, perché non possa studiare o pensare con la sua testa e si ribella ad un sistema ingiusto, trovando necessario studiare, avere sogni, combattere il pregiudizio, e soprattutto uscire da schemi mentali atavici e consolidati ma non per questo iniqui.

Un’ultima riflessione, in quasi tutti i libri letti compare il riferimento allo Zio Tom dell’omonima capanna. Pubblicato nel 1851, scritto da una scrittrice bianca, Harriet B. Stowe, che voleva sensibilizzare i suoi connazionali della questione schiavista e sulle condizioni inumane degli schiavi neri, il libro, pur nella sua eccessiva religiosità, diviene pietra di paragone, epigono delle generazioni successive. Tom infatti è il simbolo del nero acquiescente, sempre pronto a compiacere il padrone, capace di giustificare, di accettare, di subire. Il suo consapevole e volontario martirio diventa con gli anni un fatto negativo, un esempio di subordinazione ed ingiustizia da cui prendere le distanze.

E il nostro percorso continua, dobbiamo leggere James Baldwin e Angela Davis; affrontare figure emblematiche di Martin Luther King e Malcom X e la loro lotta per ottenere pari diritti; conoscere i motivi che generarono la rabbia del movimenti legati alle Pantere Nere e arrivare ad anni più vicini, temporalmente, ma purtroppo ancora lontani da un’effettiva e reale parità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *