Chi è Beloved? Una figlia in cerca di risposte? L’anima senza pace di una bambina che gattonava già? Il fantasma di un esserino con una fame smisurata d’amore? Lo spirito della vendetta che vuole portare solo tormento a sua madre?
E’ frutto dell’immaginazione di Sethe? O la sua Nemesi, in cerca di una giusta vendetta per quello che ha subito?
E’ nata dal senso di colpa di una madre? O dalla sua follia per ciò che l’uomo bianco l’ha costretta a commettere?
Un romanzo potente che stimola domande a ripetizione ed accende ansie ed inquietudini.
Si ha la sensazione di scendere in un incubo senza fine e, pagina dopo pagina, la sensazione di angoscia e di costrizione aumenta. Un horror reale, purtroppo, perché non è frutto dell’immaginazione dell’autrice, non nasce dai suoi incubi e dalle sue allucinazioni, ma racconta la storia che milioni di persone hanno dovuto subire, solo per il loro colore della loro pelle.
Toni Morrison ci dona una riflessione potente e lucida sull’abominio della schiavitù e lo fa con una storia di luci ed ombre, con un racconto temporalmente sfasato e bagnato di realismo magico.
E conclude con una frase incisiva “It was not a story to pass on”, tradotto in italiano con “Questa non è una storia da tramandare”, intesa come qualcosa da nascondere, da celare, ma forse, visto che il verbo “pass on” significa anche ignorare, meglio sarebbe stato renderla con “Non è una storia da ignorare” perché deve scuotere la coscienza, deve turbarla, deve far riflettere. Dimenticare e non parlare di quello che accadde è come condannare a morte di nuovo quei sessanta milioni di schiavi morti nell’Atlantico sulle navi negriere, che reclamano giustizia, ma anche tutti i milioni di neri che invece lavorarono nei campi, trattati peggio di bestie, senza diritti, senza libertà, senza sogni.
Amatissima di Toni Morrison – Pickwick (2018) – pag. 409