La figura di Maria Antonietta è una delle più tragiche e incomprese che la storia ci offra.
Andata in sposa giovanissima, senza un’educazione adeguata, ad un ragazzo goffo e sprovveduto quanto e forse più di Lei, non fu ben accolta dalla corte francese.
Chiamata per tutta la vita l’Autrichienne, cioè l’Austriaca, in senso dispregiativo, divenne sinonimo di frivolezza, di eccessi: tutto veniva passato al setaccio dall’altezza delle parrucche che indossava, alle dimensioni degli abiti che indossava, e ogni sua scelta diventava oggetto di critiche.
Il matrimonio con Luigi XVI, consumato solo dopo molti anni e maldestri tentativi, l’amore con il conte svedese Fersen, la diffidenza dei cortigiani, la necessità di ricercare un’esistenza più vera, meno costruita ed imposta, la portarono a sfuggire alle pressioni della vita di corte e a trovare rifugio nel Petit Trianon.
In questo luogo, dono di di nozze del marito, si rifugiava in compagnia di pochi intimi, senza tutte le etichette e i cerimoniali dell’asfissiante corte di Versailles. Qui passò moltissimi anni a ristrutturare i giardini e ad abbellire l’edificio, fino a trasferircisi in modo permanente.
Questi suoi atteggiamenti, oltre all’accusa di incarnare tutte le perversioni – fu accusata di essere erotomane, lesbica e traditrice – nonché di sperperare le ricchezze di Francia, la resero invisa sia alla nobiltà che al popolo.
Anche dopo la sua morte, avvenuta a soli 38 anni sul patibolo, la regina francese fu ricordata come una donna frivola, assolutamente indifferente al suo popolo. La frase, oltretutto mai detta, “se non hanno il pane, dategli le brioche” è passata alla storia come sinonimo di arroganza e totale disinteresse verso la sofferenza di chi moriva di fame.
Soltanto negli ultimi anni la sua figura è stata riletta nella giusta prospettiva e si è dato fintamente giustizia ad una donna che non fu né migliore né peggiore di altre regine, ma affrontò il processo e la morte con grande dignità.
Stefan Zweig scrive questa biografia della regina Maria Antonietta nel 1932 per ridare spessore e allo stesso tempo rendere giustizia ad una figura che, per motivi opposti, è stata tirata più volte da una parte e dall’altra. Definita da alcuni frivola, intrigante e causa della rovina della Francia, nonché Madame Deficit. Per altri è un’eroina, una martire caduta sotto la ghigliottina, vittima della violenza cieca e scellerata della Rivoluzione Francese. Infangata all’inverosimile e altrettanto osannata, Maria Antonietta era soltanto una donna vissuta in un momento drammatico, che visse i primi trent’anni di vita nel lusso e nel potere assoluto, per poi dover affrontare il disprezzo del popolo francese, subire un processo ignominioso e morire con una dignità ineguagliabile.
Lo scrittore austriaco decide di mantenere il più possibile una forma di oggettività e ridarci il ritratto di una donna, nata alla corte degli Asburgo, “educata ai principi della sovranità per grazia di Dio, persuasa dei propri diritti reali come di una legge divina, ella considera a priori ogni aspirazione del paese come illecita rivolta plebea”, che non comprese mai le richieste di libertà, uguaglianza e fraternità della rivoluzione.
Zweig si sofferma su quelli che reputa i punti cruciali per capire la personalità della regina: il matrimonio giovanissima, consumato solo dopo più di 7 anni; il marito buono, ma apatico, un uomo pigro, abitudinario, in una parola ignavo; i rapporti con l’aristocrazia francese da cui si tenne lontana, mal sopportando le regole continue della corte di Versailles e che per questo la disprezzava; la necessità di trovare una propria dimensione nelle atmosfere del Trianon; l’affetto verso i figli; l’amore verso Fersen. Per arrivare, nei momenti più difficili dopo la presa della Bastiglia, ad un’incredibile fierezza e al coraggio con cui affronta la ghigliottina.
Un saggio con le caratteristiche del romanzo, che ridà spessore al personaggio, facendo vedere tutte le ombre e le luci che caratterizzarono Maria Antonietta, rendendola viva, luminosa e complessa: non più solo una capricciosa e viziata parassita, ma nemmeno una vittima incompresa e vilipesa.
Sposata ad un uomo inetto, indeciso, incapace di prendere una decisione qualsiasi, che proprio a causa dei suoi continui tentennamenti e della mancanza di personalità, oltre che di decisionismo, sarà spazzato via. Impossibilitata, come donna, ad agire al suo posto, poté solo tentare di indirizzare, mediante una corrispondenza fittissima, richieste ai re europei e agli aristocratici fuggiti per cercare di uscire dall’impasse e salvare il salvabile.
E proprio questo aspetto di Lei è possibile vedere in Lettere inedite. La personalità dell’ultima regina di Francia, il suo desiderio di non veder versato sangue francese, l’affetto verso la famiglia, l’accettazione di un destino incomprensibile, l’orgoglio e l’acume politico traspaiono tutte nelle missive scritte soprattutto a partire dal 1790.
Maria Antonietta di Stefan Zweig – Oscar Mondadori (1984) – pag. 398