Bianca Pitzorno è una delle più prolifiche e amate scrittrici di libri per ragazzi eppure i suoi romanzi sono davvero adatti ad ogni età. Ne è l’esempio più lampante La bambinaia francese.
Un pubblico più adulto e maturo saprà cogliervi i mille e più frammenti di arte, citazioni, richiami che, grazie ad un quadro d’insieme straordinariamente ricco e vivace, personaggi vivi, ambientazione riuscita, nonché un’accurata documentazione sulla vita del tempo e una gran quantità di riferimenti storici, culturali, artistici e letterari, sorprenderanno anche il lettore più esigente.
Una storia però estremamente appassionante e consigliata anche per i giovani e curiosi lettori, che conosceranno la dura vita dei bambini dell’ottocento, l’importanza dell’imparare a leggere e a scrivere nonché a ragionare con la propria testa.
La storia di Sophie Gravillon – “sassolino” -, comincia nella Parigi colta, spietata e rivoluzionaria di primo Ottocento e rischia di concludersi all’Ospedale di mendicità quando a otto anni rimane orfana. Salvata dall’intervento provvidenziale di una famosa stella dell’Opera, Céline, Sophie conoscerà Toussaint, un ragazzino proveniente dalle Antille, e insieme a lui avrà il privilegio di essere istruita dal padrino di Céline, un vecchio marchese dalle idee illuministe. Insieme a Tussi dovrà affrontare non poche difficoltà e dimostrare la propria lealtà a chi tanto generosamente l’ha accolta.
Nelle pagine di questo romanzo scorrono le immagini di povertà della Parigi del 1830, la voglia di cambiamento e di rivoluzione che danno vita a periodici sollevamenti popolari e innalzamento delle barricate, la superbia e arroganza dei nobili, che alla faccia delle epurazioni precedenti continuano a vessare e tiranneggiare le classi più basse.
In modo estremamente vivido, l’autrice intesse la sua storia con gli ideali rivoluzionari di libertè, fraternitè ed egalitè, evidenziando l’obbrobrio della schiavitù, le nuove idee sull’educazione e istruzione dei bambini, l’ammirazione sconfinata per Victor Hugo, ma anche Rossini, Delacroix, Jane Austen e molti altri. L’autrice dipinge l’affresco di una società viva, spumeggiate, desiderosa di spettacoli, di libri, di nuove idee. Una società ancora in bilico tra i privilegi dell’ancient regime e gli ideali repubblicani dei “cittadini”.
Un romanzo sorprendente, anche perché l’autrice prende un personaggio secondario, anzi una mera comparsa, di un romanzo celebre e molto amato, Jane Eyre di Charlotte Bronte, e le dona una storia e uno spessore.
E così facendo rivaluta anche due figure che nel romanzo originario passano una per mantenuta, l’altra per pazza furiosa. Bianca Pitzorno prende, infatti, un personaggio minore, direi poco più di una comparsa, del romanzo originario e immagina la sua vita prima di arrivare a Thornfield. Sophie la bambinaia francese non è la timida ed incolore ragazzina che non conosce una parola di inglese e che costringe Mister Rochester a cercare un’istitutrice per la piccola Adele. E’ una ragazza che ha riscattato la sua misera giovinezza venendo accolta, istruita ed amata da quella Celine Varens che nel romanzo di Charlotte Bronte è descritta come una ballerina dell’Opera, donna di facili costumi, una scaltra e infedele cortigiana che ha approfittato del buon cuore del Lord inglese per farsi mantenere da Lui.
Il risultato è un libro godibilissimo, con un rovesciamento di figure e un inevitabile confronto con il celeberrimo romanzo di Jane Eyre.
Perché se l’autrice poco aggiunge alla figura della protagonista principale, il cui carattere chiuso, modesto, severo, ma anche dignitoso e ironico, è quello descritto dell’autrice inglese, non è assolutamente tenera con la figura di Edward Rochester. Oltre ad essere scorbutico, scontroso, umbratile, lo reputa anche poco affettuoso ed eccessivamente geloso. Il suo carattere è dominato da un’educazione puritana che si scontra con i modi dei parigini colti, molto più affettuosi, aperti alle nuove idee e a commistioni di classe assolutamente mal visti al di là della Manica.
Così facendo dà una nuova dignità alla ballerina madre di Adele e a Bertha Mason, già protagonista del romanzo del 1966 Il grande mare dei sargassi di Jean Rhys, edito Adelphi. Infondo, se ci si pensa bene, le due donne, nella storia di Charlotte Bronte, appaiono solo nella descrizione che dà loro Mister Rochester che, quanto a sincerità, diciamolo chiaramente, lascia per lo meno un poco a desiderare.
L’autrice offre, inoltre, al lettore tantissimi spunti letterari, oltre a paragonare le atmosfere gotiche di Thornfield a quelle descritte da Jane Austen in L’abbazia di Northanger e a richiamare la storia di Barbablù, che inganna e imprigiona le sue mogli.
E alla fine della lettura ho trovato estremamente interessante rileggere i brani in cui le due storie collidono per vedervi differenze e similitudini.
Alcuni amanti di Jane Eyre non hanno apprezzato molto questa incursione trovandola assurda ed inammissibile ed accusando Bianca Pitzorno di lesa maestà. A mio parere, pur avendo amato e molto Jane Eyre, non riesco a vedere questo scempio. L’autrice ribalta i punti di vista e sceglie di raccontare le storie di personaggi che nell’originale rimangono in ombra, di cui sappiamo solo per sentito dire e dal racconto e inevitabile punto di vista dell’uomo, Mr. Edward Rochester, che rappresentata l‘unico elemento di contatto per tutte e tre.
La bambinaia francese di Bianca Pitzorno – Mondadori (2012) – pag. 593