A chi non piacerebbe vivere in un luogo dove la povertà è stata abolita, dove tutti gli abitanti sono sani e belli, i livelli di inquinamento bassi, il trasporto pubblico gratuito e operante tramite una lussuosa Ferrari?
Questo è ciò che promette a colpi di slogan la campagna elettorale per la riconferma del sindaco in carica, che ha ingaggiato una sorta di spin doctor, un personaggio molto sopra le righe, già dall’appellativo con cui si presenta: Leccaculo. Non è il suo vero nome, ma è un vero esperto a vivere senza faticare, seguendo delle semplici regole, per cui è bene evitare seccature, non avere idee, accettare qualunque comportamento o opinione altrui, appellandosi al sacrosanto diritto della libertà di espressione.
Ed è proprio lui la voce narrante, nonché protagonista, a dichiarare che non persegue nessuna missione sociale, deve solo far vincere la sua parte alle elezioni politiche. E per farlo cosa c’è di meglio che mettere in campo provvedimenti che eliminino tutto quello che c’è di brutto e deprimente nel piccolo paese dove vive?
E così a colpi di misure tarate e costruite proprio sulle regole anti povertà, di cui è maestro, e riforme realizzate a tempo di record, inizia la sua opera di restyling.
Dieci leggi antipovertà di Saverio Bargagna è un libro che scardina ogni certezza, ironico, sarcastico a tratti grottesco, fa ridere ma fa anche ragionare su quante promesse elettorali, e non, nascano su idee fondamentalmente strampalate e prive di fondamento, ma impacchettate e vendute così bene da portare le persone a crederci.
Bargagna mette da parte il politically correct e il buonismo, lanciando slogan come “la povertà fa schifo”, “stop ai catorci” e “belli si nasce” che parlano alla pancia dell’elettorato. Un sorta di esperimento sociale, basato sull’apparenza, che però, una volta messo all’opera mostra tutta la sua inadeguatezza ed inconsistenza. Perché a Pontarno, un piccolo borgo tra le colline toscane, dove il campanile batte le ore (proprio tutte) e scandisce il tempo sonnacchioso ma normale della popolazione, le cose non sono proprio così perfette, come le vorrebbe il protagonista. E dato l’innesco, le conseguenze sono inimmaginabili in un crescendo delirante e parossistico.
Si può stabilire per legge che la povertà, la disoccupazione, la malattia, la bruttezza non esistono? E chi invece è povero, disoccupato malato e brutto cosa deve fare? E siamo poi convinti che un mondo fatto solo di ricchi, belli e sani sarebbe migliore? Queste sono alcune delle domande che pone questo romanzo, oltre a quella centrale, cosa sarei disposto a fare per ottenere una società così?
Un viaggio ironico e spietato tra i meccanismi del dietro le quinte del potere, sulla facilità con cui è più semplice far credere l’inverosimile, anziché cercare di cambiare le cose, e lottare contro le ingiustizie e le prevaricazioni. Perché è più facile concentrarsi sulle apparenze che non cercare delle soluzioni.
«Non devi più pensare a come risolvere i problemi di Pontarno, è del tutto inutile. E poi, lo si sa, risolto un guaio, subito ne spunta un altro. E’ sfiancante, caro sindaco.»
Una feroce e riuscita satira moderna che, dietro la risata, nasconde una riflessione attenta sulla nostra società e sulle possibili conseguenze di un certo modo di pensare.
Tra nomen omen – tutti gli abitanti hanno nomi che richiamano la loro personalità, Cipensoio, Urlapiano, Sudasodo, Vecchieciance, Sanzionaonesti e così via -, giochi di parole, sport, come la maratona di lamentela, che accomunano tutta la cittadinanza, momenti esilaranti (uno su tutti la lista dei possibili lavori) e considerazioni profonde, Dieci leggi antipovertà, alternando tono scanzonato ad analisi sociale, è un romanzo sul potere della manipolazione e dell’ipocrisia, di chi è disposto a vendere fumo e monetizzare ogni cosa pur di raggiungere l’obiettivo prefissato.
[…] si è trattato di denaricidio. Con questo neologismo definisco una qualsiasi forma di violenza esercitata in nome del profitto e della bramosia di soldi e potere. Uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica, annientamento morale, demolizione culturale al fine di ottenere un vantaggio economico diretto o indiretto. Per denaricidio muoiono persone e popoli interi. Si combattono guerre, e un giorno ci estingueremo. Non voglio dire che il denaricidio sia tollerato, non arrivo a tanto. Oppure, posso sostenere una tesi così estrema? Diciamo che l’eliminazione del singolo, nella nostra pozione di mondo, è ancora ritenuta inaccettabile dall’opinione pubblica: morire per una rapina o un’aggressione induce scandalo e sgomento. Ma quando il denaricidio è perpetrato da Stati e Governi, allora le nostre opinioni cambiano, e con loro anche l’uso dei termini. Dunque, parliamo di sicurezza nazionale, democrazia, legittima difesa e sfere di influenza.
Un libro per ridere, sì, ma denti stretti.
Dieci leggi antipovertà di Saverio Bargagna – Astarte (2025) – pag. 230

