Amatissima: un capolavoro imperdibile

Quando vedo l’infinità di libri ancora da leggere mi domando che senso abbia mettersi anche a rileggere testi già affrontati. Eppure ogni volta che rileggo un libro mi si aprono domande, osservazioni, pensieri che non mi avevano minimamente sfiorato la prima volta. E capisco come rileggere sia un esercizio utile, necessario, anzi direi imprescindibile per entrare più a fondo e in modo più capillare nei libri, soprattutto quando questi sono anche particolarmente complessi.

E’ quello che mi è accaduto con Amatissima di Toni Morrison, letta quattro o cinque anni fa, non di più, un romanzo tosto per scrittura e temi in cui avevo fatto una fatica boia ad entrare in sintonia. Lo avevo trovato respingente e, seppur alla fine, ne avessi colto la bellezza, e mi fosse piaciuto, non ne ero rimasta rapita.

Forse proprio il mancato innamoramento mi ha spinto a rileggerlo e, grazie alla lettura di Maestre di Carolina Capria, che si sofferma anche su questo doloroso romanzo, ho deciso di riprenderlo in mano e ho fatto benissimo.

Amatissima è la storia tragica di Sethe, della sua schiavitù a Sweet Home, una piantagione tutto sommato “umana”, almeno fino all’arrivo del Maestro e dei suoi seguaci, dove ha conosciuto Halle, lo ha scelto e ha fatto con lui quattro figli

Quella di Baby Suggs, la donna che ha avuto otto figli da otto uomini diversi, figli dispersi, morti, venduti, perché in realtà non le appartenevano se non nel suo cuore. Una donna forte che una volta ottenuta la libertà, grazie al lavoro costante e paziente dell’ultimo figlio rimastole, Halle, si è messa a fare la predicatrice per portare un po’ di sollievo, un po’ d’amore tra la sua gente

Quella di Paul D, un uomo spezzato dalle infinite umiliazioni e violenze subite. Un uomo che crede di aver finalmente trovato un po’ di pace al 124 di Bluestone Road

Quella di Denver, l’ultima figlia di Sethe, che porta il nome della ragazza bianca che ha aiutato sua madre a metterla al mondo

E quella di una bambina ancora piccola, che gattonava già, rimasta senza nome, che continua a vivere tra le braccia di sua madre, nel ricordo della sorella che nemmeno l’ha conosciuta ma che ha causato la fuga dei fratelli e l’ostracismo degli abitanti della città

Ma è anche la storia di sessanta milioni di uomini, donne e bambini che morirono senza nome e senza lapide nel Middle Passage, il passaggio tra Guinea e isole caraibiche. Uomini nati liberi in Africa, catturati e venduti o meglio scambiati con le merci, in una triangolazione di violenza e sopraffazione

Amatissima non è un romanzo di semplice lettura, sia per lo stile che per gli argomenti trattati. Un romanzo ricco di sovrapposizioni, di cambi di voce: la narrazione in terza persona lascia il passo a quella in prima, per poi tornare in terza. Morrison scrive un libro che pare una partitura di Jazz, sincopato, poliritmico: il tema centrale è anticipato, accennato, poi lasciato e ripreso più volte nel corso della narrazione. Una narrazione a tratti onirica, con tocchi di realismo magico: visioni, presentimenti, presenze, aleggiano in ogni pagina. Oltretutto Toni Morrison dichiaratamente non scrive per i bianchi ma per la sua gente. Se un bianco vuole accostarsi alla sua prosa deve spogliarsi dai costrutti mentali che lo rappresentano e cercare di calarsi nei panni di un nero.

Amatissima è un romanzo sulla schiavitù, sulla sistematica, deliberata, privazione della libertà, del trattamento come bestie, della violenza endemica e istituzionalizzata di un sistema atroce, ma è anche il canto d’amore per i sessanta milioni di morti nel Middle Passage (come dichiarato dalla stessa Morrison che a loro dedica il libro) e sulla successiva e corollaria amnesia collettiva, non solo dei bianchi, ma anche dei neri, nei confronti della storia che porta a dimenticare gli orrori della schiavitù.

[…] Che un bianco qualunque potesse prendere l’io di una persona per il primo motivo che gli saltava in mente. Non solo poteva sfruttare, uccidere o mutilare una persona, ma anche sporcarla. Sporcarla al punto che lei non riusciva più a piacere a se stessa. Sporcarla al punto da dimenticare chi si è e non poterci più pensare. E anche se lei e altri erano sopravvissuti e si erano ripresi, non avrebbe mai potuto permettere che accadesse ai suoi figli: loro erano la sua parte migliore. D’accordo, i bianchi potevano sporcare lei, ma non la sua parte magica, meravigliosa – la parte pulita.

Amatissima è un romanzo inoltre su una madre e sulla sua scelta. Una scelta che è difficile da capire. Una scelta dolorosa e irreversibile, e soprattutto incomprensibile. Una scelta e un tema che mi ha richiamato alla memoria un mito, forse quello più discusso dell’antica Grecia, quello di Medea.

Anche Sethe come Medea sceglie di togliere la vita alla creatura che ha messo al mondo. Cambiano le motivazioni, come diverso è lo scenario sociale e la personalità delle due donne, ma rimane lo stigma, l’idea che una madre non può uccidere un figlio quale che sia la motivazione. Sethe, come Medea, compie quindi un gesto sovversivo e abietto senza pari.

Ma come può una madre accettare che i figli siano proprietà del padrone? Che le possano essere strappati dalla braccia? Uccisi o venduti per puro capriccio da chi ha potere di vita e di morte su chi possiede? Sethe uccide per un atto di puro e semplice amore, per salvare i figli da un destino ancora più terribile della morte. Sethe reclama il suo diritto alla maternità. Una maternità, che in un sistema come quello schiavista, non era naturale, perché la madre poteva essere privata in qualunque momento del proprio figlio.

Amatissima è, infine, il viaggio di auto consapevolezza che compie Seth, affinché la donna torni a ricordare. Tony Morrison utilizza due neologismi: “Rememory” (che traduce la necessità di fare memoria di un passato rimosso) e Disremember” (che contiene in sé sia la negazione del ricordo che la sofferenza fisica provocata dall’atto del ricordare che provoca smembramento e frammentazione), per parlare del processo doloroso di chi ha perduto la propria identità e non vuole o non può ricordare. Solo al termine del processo, solo riconoscendo e ricordando Beloved, Sethe riesce a rappacificarsi con il suo passato e a guardare al futuro. Una vera e propria catarsi, che ricorda per struttura e forza una tragedia greca, richiamata anche dalla presenza delle donne della città, che, come nel Coro, rappresentano l’intera comunità che, dopo averla isolata, riaccolgono Seth all’interno della comunità in una chiusura del cerchio: la madre ostracizzata per aver ucciso è stata perdonata e torna ad essere membro della collettività.

Amatissima è un libro potente e doloroso, complesso e sfaccettato, che richiede attenzione e concentrazione nella lettura, ma è anche una delle riflessioni più lucide su uno dei tanti abomini della cosiddetta civiltà occidentale. Imperdibile.

Amatissima di Tony Morrison [Beloved 1987] – Frassinelli Pickwick (2020) traduzione di Giuseppe Natale – pag. 408

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