Ci sono libri di cui non è facile parlare sia per la complessità delle storie e delle emozioni che suscitano, sia perché il rischio spoiler è altissimo e sebbene molte persone lo abbiano letto e molte di più abbiano visto il film che ne è stato tratto, è giusto preservare il piacere a chi ancora deve immergersi tra quelle pagine. Uno dei libri del genere è Espiazione di Ian McEwan.
Un romanzo estremamente drammatico, diviso in tre parti, tre atti, come un’opera teatrale, che adopera ritmo e stile diversi, dove McEwan, in un viaggio anche metaletterario, cerca di far comprendere, di raccontare un po’ della fascinazione e del potere dello scrivere, la capacità dello scrittore di entrare nella testa, nelle emozioni, nelle pulsioni dei personaggi e riuscire a far vedere, o per lo meno intravedere, lo stesso fatto, lo stesso avvenimento da diversi punti di vista: facendo capire come cambiando la visuale, cambi anche tutto il resto.
Come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere dei destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono. Non c’è nulla al di fuori di lei. È la sua fantasia a sancire i limiti e i termini della storia. Non c’è espiazione per Dio, né per il romanziere, nemmeno se fossero atei.
McEwan, tramite il personaggio di Briony, immagina lo scrittore come una sorta di divinità, che ha nei confronti dei personaggi un potere di vita e di morte, l’assoluto controllo di ciò che può capitargli. Un potere che la porta a manovrare anche la vita reale come fossero pagine di un manoscritto, con effetti prorompenti e drammatici, dalle conseguenze inaspettate e dolorose, impossibili da riparare con la scrittura.
La storia è ambientata nel 1935, e qua e là si sentono gli echi della situazione politica: Hitler fa paura, l’Inghilterra si sta riarmando, c’è chi vede una guerra ormai imminente, chi pensa sia solo esagerazione e anche qualcuno che, da quella situazione, sta traendo enormi profitti economici. Al centro della narrazione c’è la della famiglia Tallis. Famiglia benestante, proprietaria di una meravigliosa casa in campagna, tre figli, un marito impegnato politicamente a Londra, una moglie sempre annoiata e sofferente, che passa la maggior parte del tempo nella sua camera, tra malori e mal di testa. La tranquillità è rotta dall’arrivo dei cugini, due gemellini di dieci anni, e della loro sorella maggiore, Lola, quindicenne, i cui genitori si stanno separando, con grande sgomento e preoccupazione dei figli, ma anche per il grande scandalo che circonda questa notizia. Per tenerli lontani dalle chiacchiere i tre fratelli vengono mandati dalla zia, che ha sempre guardato con sospetto e un pizzico di gelosia, gli atteggiamenti poco attenti alle convenzioni e alle regole della buona società, della sorella. Ora guarda con malanimo il suo soggiorno a Parigi, giustificato per curare un esaurimento nervoso, ma che nascondo una sorta di fuga d’amore.
I tre ragazzi sono frastornati e poco intenzionati di stare alle regole del gioco. Vorrebbero tornare a casa e allo stesso tempo cercano di richiamare su di sé attenzioni che nessuno sembra intenzionato a dargli. Briony che, all’inizio è entusiasta dell’arrivo dei cugini, e per loro e per il ritorno a casa del fratello, ha addirittura scritto e vuole mettere in scena una commedia, non ci mette un attimo, quando le cose non vanno esattamente come aveva deciso, a stracciare la locandina della commedia e a mandare all’aria i programmi. Da questo nasceranno tutta una serie di conseguenze che avranno effetti gravissimi sui protagonisti.
Nel frattempo seguiamo le vicende di Cecilia la sorella maggiore, diplomata a Cambridge con risultati non proprio brillati, ma che non sa cosa vuole dalla vita, e di Robbie, ragazzo talentuoso e dotato, figlio del giardiniere, che lo ha abbandonato con la madre quando era molto piccolo, e preso sotto l’ala dal padrone di casa che ha deciso di pagargli gli studi. Già laureato a Cambridge, vuole una seconda laurea in medicina per rendersi più utile agli altri e fare qualcosa di più costruttivo, che non facendo l’architetto di giardini.
Cecilia ha un rapporto di odio amore con Robbie, cresciuti insieme, appartenenti a due ceti sociali diversi, amici da una vita, ma con una fortissima attrazione sessuale l’uno verso l’altra.
In questa prima parte McEwan caratterizza straordinariamente protagonisti e semplici comparse, dando la sensazione al lettore di star assistendo ad una sorta di piece teatrale. Il punto di vista cambia continuamente, le motivazione, i sogni, i desideri di ognuno vengono analizzati sia nella percezione interna del personaggio che da quello di Briony, vero deus ex machina della vicenda, per far entrare meglio nella storia e mostrare come singoli episodi possano essere interpretati in modo diverso a seconda di chi vi assiste. Un lungo prologo che è quasi un romanzo a sé, in cui emerge la personalità di Briony adolescente, talentuosa nella scrittura, ma immatura, incapace di distinguere realtà e finzione, che vuole far parte del mondo degli adulti senza comprenderlo ancora completamente.
La seconda parte si sposta avanti nel tempo, siamo all’inizio della seconda guerra in Francia dove le operazioni militari stanno andando molto male. I francesi si stanno ritirando davanti all’avanzata nazista, e anche gli inglesi stanno subendo enormi perdite. E qui ritroviamo Robbie disilluso e ferito dalla vita.
Qui McEwan racconta tutto l’orrore della guerra, con una descrizione scarna e cruda: i bombardamenti continui degli stuka, le famiglie spezzate, gli arti che penzolano dagli alberi, la fame, la voglia d’acqua, il desiderio di potersi permettere un’intera notte di sonno, gli incubi, la continua marcia verso Dankerque, il non sapere se una volta davanti la mare troveranno barche che li riporteranno a casa, sapendo che l’arrivo dei tedeschi è incombente e che quindi il tempo a loro disposizione è agli sgoccioli.
Nella terza parte ritroviamo Briony cresciuta, desiderosa di espiare la propria colpa, consapevole di aver determinato la rovina delle persone a lei care, impossibilitata, però, a modificare il corso delle cose.
Espiazione è un romanzo immenso che tramite una costruzione ellittica ragiona sul senso di colpa, sull’ambiguità della verità, sul potere creativo della scrittura.
Da una prima parte in cui il lettore è immerso in una realtà solo apparentemente armoniosa, ma che vibra già di desideri repressi, fraintendimenti e tensioni sottili, che preannunciano i successivi avvenimenti, ad una seconda incentrata sulla follia della guerra, fino alla terza che lascia frastornato ed attonito il lettore.
Uno di quei libri che ti si appiccica addosso e su cui è impossibile non tornare a ragionare a distanza di tempo.

E, nonostante la complessità del romanzo. il film del 2007, diretto da Joe Wright ed interpretato tra gli altri da Keira Knightley, James McAvoy, Saoirse Ronan è riuscito a rimanere fedele alla pagina scritta e a riportare su pellicola tutte le sfaccettature e le caratteristiche dell’opera letteraria. Indimenticabile lo spettacolare, iconico, abito verde indossato da Keira Knightley, reputato come uno dei migliori costumi della storia del cinema.

Espiazione di Ian McEwan [Atonement 2002] – traduzione di Susanna Basso – Einaudi Super ET (2015) – pag. 381

