Andare avanti

Da quando è uscito ho sentito parlare benissimo del primo romanzo di Roberta Recchia – ‘Tutta la vita che resta’ – e, come sempre, quando un libro è molto decantato, aspetto che l’effetto rimbombo scompaia prima di decidere di farmi un’opinione personale. Poi è arrivato in libreria anche il secondo dell’autrice e allora il momento di leggere ‘Tutta la vita che resta’ è arrivato.

L’autrice sceglie di raccontare una vicenda drammatica e terribile, che riecheggia quella del massacro del Circeo, scegliendo di partire da lontano.

Immergendoci nella storia di Marisa, della sua giovinezza piena di sogni, del suo brusco risveglio e dell’amore solido e pieno vissuto poi con Stelvio, l’uomo scelto dalla famiglia come ripiego ma diventato il fulcro del suo futuro, coronato dalla nascita di Ettore e Betta, e scandendo il racconto con un prima e un dopo. La vita serena, normale, anche noiosa e ripetitiva se vista dall’esterno del prima. E il baratro incommensurabile, pieno di silenzio e di rabbia, del dopo.

Marisa no, lei era diversa: per Marisa la famiglia era tutto.

In mezzo la violenza, descritta senza indugiare ma anche senza tralasciarne l’orrore. Una violenza che coinvolge due ragazze, due cugine, colpevoli solo di essere, soprattutto Betta, incoscienti e piene di vita.

Roberta Recchia racconta cosa resta dopo che un evento imprevisto spazza via ogni certezza. Quando la quotidianità fatta di ciambellone al limone, colazione al tavolo, raccomandazioni e amore viene travolta da una fatto drammatico e irreversibile.

Ma l’autrice fa di più: sceglie di lasciare al margine la sofferenza devastante e senza fondo di una madre, l’elaborazione del dolore, l’allontanamento dei due coniugi che non sanno ritrovarsi né sostenersi dopo quello che è accaduto e concentrarsi su un’altra vicenda, sull’altra vittima, Miriam, piena di sensi di colpa, che si rifugia in se stessa, senza che nessuno della famiglia si prenda la briga di indagare, o meglio di osservare attentamente, che quella giovane donna si sta spegnendo sotto i loro occhi.

Sarà l’incontro fortuito con Leo, uno spacciatore con una vita difficile, a cambiare le cose, dando l’innesco ad un percorso di rinascita, duro, tormentato e complicato.

‘Tutta la vita che resta’ è un romanzo doloroso che inchioda alle pagine. Una narrazione lineare e semplice, ma mai banale, che accompagna il lettore nei meandri di una storia fatta di tante sfaccettature del dolore e dei diversi modi in cui possiamo trovare conforto e aiuto.

Sullo sfondo abbiamo le indagini rallentate da omissioni, incompetenze e pregiudizi, che riprenderanno fiato solo per l’ostinazione e la volontà di un ragazzo che vuole che possa esserci almeno un po’ di giustizia per le vittime.

Roberta Recchia riesce a tratteggiare personaggi veri, reali, a cui è impossibile non affezionarsi. Il senso di perdita e di incompletezza di Marisa; la gioventù estroversa e solare di Betta; il coraggio di Leo; il baratro senza fondo in cui è caduta Miriam; la solidità dell’affetto di Stelvio; il voler salvare ad ogni costo le apparenze di Letizia; l’incredibile umanità di Bertilla; l’incapacità genitoriale di Emma; ma su tutti Corallina, imprigionata nel corpo sbagliato, umiliata ed offesa, derisa e sbeffeggiata eppure capace di dignità, affetto e solidarietà verso tutti.

Roberta Recchia scrive un romanzo corale sulle famiglie fallimentari, ma anche sui legami che pur non essendo convenzionali scardinano preconcetti e creano radici. Un romanzo che parla di dimenticanza – ricercata in modo assoluto da Miriam, terrore inconsapevole per Marisa – di sofferenza ma anche di speranza, perché la vita va avanti e anche di fronte al baratro occorre trovare gli strumenti per creare ponti e andare avanti.

«Possiamo chiuderci nel dolore, Bertilla, o decidere di prendere il buono che abbiamo intorno» disse Marisa posando la mano sulla sua scatola. «E’ difficile. Ma ho bisogno di credere che in tutto quello che è stato ci sia un senso che ora non possiamo comprendere. Che un giorno tutto sarà chiaro, che quanto è stato non è che il dettaglio di un disegno che ancora non abbiamo occhi per vedere.»

Tutta la vita che resta di Roberta Recchia – Rizzoli (2024) – pag. 399

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