Dopo aver letto ed apprezzato Appunti sulla tua scomparsa improvvisa non ho fatto passare molto tempo prima di approcciare La magia dei momenti no di Alison Espach.
Altro tono, altra storia, ma una pari sensibilità e coinvolgimento in una storia che ho trovato più vicina e che mi ha conquistata nel suo alternarsi tra momenti brillanti a riflessioni molto profonde e molto vere.
Phoebe, la protagonista, sta passando un momento difficile: abbandonata dal marito, con una carriera accademica ferma e una vita piatta, ripetitiva e senza slanci, decide di regalarsi una notte in un albergo di lusso, il Cornwall, a Newport, Rhode Island, sull’oceano: una suite da 800 dollari a notte, con letto a baldacchino e tutti i servizi possibili. In realtà il suo scopo è porre fine ad una vita che non le riserva più nulla di quello che aveva immaginato. Phoebe non ha mai terminato il libro a cui lavora da sempre, non ha una cattedra, non è diventata madre e suo marito l’ha lasciata per l’amica comune più giovane e sicuramente capace di renderlo padre. Tutto a un tratto si è trovata di fronte un’esistenza vuota e senza senso e lei, che non è mai stata capace di colpi di testa, ha sempre cercato di stare al suo posto, di essere “normale”: ha indossato l’abito più appariscente che ha – di un deciso verde brillate e le scarpe dorate -, ha preso il volo aereo per Newport decisa a farla finita in modo, per una volta, teatrale. Arrivata nell’hotel però è immediatamente travolta dall’atmosfera di festa che vi si respira: l’albergo è stato prenotato per tutta la settimana per festeggiarvi un matrimonio. E la sposa, la scintillante, giovane e frivola Lila, non è in alcun modo intenzionata a farsi rovinare il matrimonio, organizzato in tutti i particolari e costato la bella cifra di un milione di dollari, da un suicida depressa, di mezza età.
Phoebe è travolta da Lila, dalla sua apparente perfezione e dall’altrettanta sicurezza con cui manovra tutti quelli che la circondano, dal promesso sposo Gary alle damigelle d’onore, alla madre Patricia, proprietaria di una galleria d’arte. E a poco a poco, viene coinvolta nel matrimonio, fino a diventare la damigella d’onore della sposa a cui spettano non pochi incarichi. Incontro dopo incontro, tra episodi assurdi e a tratti esilaranti, l’atmosfera forzatamente festosa lascia intravedere una realtà meno spumeggiante, affiorano i dubbi e soprattutto il vissuto di ognuno.
E Phoebe, che è sempre stata contenuta, per la prima volta si lascia andare, capisce di non avere nulla da perdere e diventa una sorta di confessore per tutti. L’estranea che non c’entra nulla e con cui si può parlare in piena sincerità di tutto, passato, presente e futuro, di quello che è successo, delle ferite che ha lasciato, del significato di tutto quello spreco di soldi e di quello che in realtà si vorrebbe. Questo esercizio di autenticità aiuterà anche Phoebe, le farà capire che ha ragione il suo analista a definirla “passeggera della vita”, sempre spettatrice e mai attrice, sempre in ombra, sempre timorosa, sempre ipercritica verso se stessa, malata di “perfezionismo improduttivo”, sempre a ritoccare e riscrivere le stesse pagine senza andare avanti, senza buttarsi.
Comincia a chiedersi se non sia quello il motivo per cui è lì: riempire il silenzio che gli invitati al matrimonio non sanno riempire, fare le domande che nessuno riesce a fare. Phoebe non ha nulla da perdere. Non fa parte di quella famiglia. Non fa più parte di niente ormai. È libera in un modo in cui nessuno di loro lo è […].
Alison Espach ci regala un romanzo dalla narrazione POP piena di verve e di umorismo intervallata a riflessioni pazzesche, e lo fa alternando svariati registri: dal pathos al grottesco, dal brillante al comico. In queste pagine affiorano temi dolorosi e momenti che paiono insormontabili mentre li si vivono, sempre narrati però in modo leggero.
Un romanzo in cui non mancano i riferimenti letterari: da Jane Eyre, oggetto di studio della protagonista, a Miss Dalloway, romanzo che non ha mai terminato. Dalle fiabe in cui le madri morivano nel giro di una frase, ai russi che “avevano capito tutto”, fino al pensiero di Jane Austen, il cui personaggio può essere “deluso dallo svolgersi degli eventi ma mai psichicamente distrutto” .
«Intendo dire che una storia può essere bella a prescindere dal finale. Solo per il modo in cui è scritta».
Perché la letteratura racconta la vita, la riflette, la accompagna e la vita di Phoebe è stata forgiata dalle tante storie che ha letto.
Un libro in cui tutti i personaggi risultano assolutamente azzeccati, dalla sorella dello sposo Marla, alla figlia Juice, dalla madre di Lila, Patricia, allo sposo Gary fino al cognato Jim, fragili, a tratti grotteschi, pasticcioni, imperfetti. E su cui spiccano Phoebe e Lila, diametralmente opposte, eppure complementari.
«Quando si smette di fingere?» chiede Lila.
«Vorrei poterti rispondere che smetti quando vuoi» dice Phoebe, ma sa che non è vero. È molto più dura di così. «Ma credo che in realtà smetti quando ti stanchi».
«Di cosa?»
«Di te stessa» dice Phoebe.
«Ma quanto tempo ci vuole?» insiste Lila, neanche fosse dal medico e stesse prendendo appunti:
«A me ci sono voluti quarant’anni».
«Be’, non è molto incoraggiante. Manca ancora un sacco di tempo».
La magia dei momenti no ci ricorda come sia possibile uscire anche da periodi dolorosi e soprattutto come la vita ci riservi sempre qualcosa di inatteso che travolge le nostre certezze. Spesso siamo succubi dei nostri stessi alibi, delle nostre paure, zavorrati a vivere una vita che non ci appartiene nella convinzione che non sia possibile fare diversamente. Incastrati in un’esistenza che non ci corrisponde, in scelte a cui non crediamo fino in fondo ma incapaci di uscirne.
La magia dei momenti no è un romanzo delle seconde possibilità che ci ricorda che la vita è imprevedibile nel male ma anche nel bene, basta saper cogliere i suggerimenti che ci trasmette.
La magia dei momenti no Alison Espach [The Wedding People 2024] -Traduzione di Benedetta Gallo – Bollati Boringhieri (2024) – pag. 426