Tra gli infiniti e per certi versi inenarrabili orrori della seconda guerra mondiale, negli ultimi anni è emerso anche il fenomeno delle comfort women, donne giovani, a volte poco più che bambine, costrette a subire infiniti rapporti sessuali per dare svago e sollievo alle truppe nipponiche nei territori occupati durante l’avanzata nell’estremo oriente: Cina, Laos, Vietnam, Cambogia, Singapore, Filippine, Indonesia. Ovunque arrivasse l’esercito giapponese, giovani donne venivano prelevate dalle loro case e incarcerate nei “centri di conforto”, dei veri e propri bordelli, dove dietro costante minaccia venivano sfruttate come schiave sessuali, con controlli medici irrisori, poco cibo e la possibilità, non proprio remota, di contrarre malattie più o meno gravi. E a fine guerra, dopo aver sopportato sevizie fisiche e psicologiche, l’onta di essere considerate ed additate come prostitute, disonore della famiglia e come tale allontanate.
E’ di questo che parla Storia della nostra scomparsa di Jing – Jing Lee. Un romanzo che intrecciando presente e passato, ricostruisce storie di famiglie distrutte e nel contempo racconta dell’immensa difficoltà di superare e ripartire, lasciandosi alle spalle quello che era successo. Trattandosi di una sorta di rimozione collettiva, l’orrore subito da queste giovanissime, quello che avevano patito, unito a ciò a cui avevano dovuto assistere, non ebbe modo di essere rielaborato. Il fatto di essere sopravvissute era un’ulteriore condanna a ciò che avevano sopportato. La società non le vedeva come vittime dell’occupazione e della guerra, ma come conniventi del nemico, collaborazioniste da mettere alla gogna.
Nel romanzo la storia di Wang Di, ormai anziana e appena diventata vedova si intreccia con quella di Kevin un tredicenne a cui è appena morta la nonna. Due storie apparentemente distanti e con nessun punto di contatto che invece serviranno ad entrambi a dipanare la matassa di omissioni, bugie e segreti lunga cinquantanni.
Perché Wang Di non ha mai fatto i conti con il suo passato. Ha cercato di dimenticare che a sedici anni durante un raid dell’esercito nipponico nel suo villaggio è stata strappata dalle braccia dei genitori e condotta via, per ritornarvi tre anni dopo spezzata nello spirito e nel corpo. E la vita condotta dopo, per quanto serena, grazie soprattutto al matrimonio con Soon Wei, non è mai riuscita a sanare completamente il dolore e la vergogna. Anche Soon Wei ha perso tanto durante la guerra: la sua intera famiglia, genitori, fratelli, parenti, la moglie e il figlioletto di 18 mesi sparito chissà dove. Ma lui ha scelto di ricordare e di affidare la sua memoria a dei nastri registrati presso una biblioteca perché quello che è accaduto non vada perso, perché anche dopo la sua morte chi vuole possa sempre sapere che cosa è accaduto e che cosa è andato perduto.
Kevin invece ha ricevuto una sorta di confessione dalla nonna prima di morire, qualcosa che lui non capisce fino in fondo ma che vuole ha tutti i costi comprendere, dando il via ad una sorta di indagine a discapito del tempo passato e della difficoltà di ritrovare le tracce del passato dopo tanto tempo.
Storia della nostra scomparsa può essere il romanzo giusto per approcciarsi a questo argomento, per iniziare a scoprire qualcosa di più sulle comfort women, anche se a mio parere rimane tutto molto superficiale. La storia del passato, i capitoli ambientati tra il 1942 e il 1945 sono sicuramente più convincenti di quelli ambientati nel presente, anche se l’autrice sceglie di limitare il racconto, di non affondare più di tanto il bisturi nelle sofferenze delle giovani donne recluse.
E forse è questo il motivo per cui Storia della nostra scomparsa, nonostante la drammaticità dei temi affrontati non è riuscita ad emozionarmi più di tanto, così come l’intreccio narrativo e la rivelazione finale non mi hanno convinta fino in fondo. Promosso con riserva.
Storia della nostra scomparsa di Jing-Jing Lee [How We Disappeared 2019]– Fazi editore (202) – tradizione di Stefano Tummolini pag. 399