Mamma & Me & Mamma

Il primo decennio del XX secolo non era un gran periodo per nascere nera, povera e femmina a St. Louis, in Missouri, ma Vivian Baxter era nata nera e povera, da genitori neri e poveri. Più avanti sarebbe cresciuta e le avrebbero detto che era bellissima. Da donna adulta sarebbe stata conosciuta come la signora dalla pelle color burro d’arachidi con i capelli all’indietro.

Inizia così con un omaggio alla bellezza e alla forza della madre Lei che mi ha liberata di Maya Angelou. L’ultimo di sette libri autobiografici in cui la scrittrice e poetessa afroamericana ripercorre la sua vita. Una vita c’è da dire assolutamente anticonformista e particolarmente movimentata.

Qui al centro della narrazione c’è il rapporto tribolato e complicato con la madre Vivian. Donna indipendente e anticonvenzionale, che gestiva case da gioco, una sorta di “gangster”, tosta e determinata. Un rapporto nato in età adolescenziale, perché quando i genitori avevano posto fine al loro disastroso matrimonio, il padre aveva portato i due figli, Maya e Bailey, tre e quattro anni dalla nonna paterna a Stamps in Arkansas, nel sud segregato. E lì i due fratelli erano cresciuti nell’emporio della nonna, imparando la bellezza della letteratura e domandandosi a più riprese il perché dell’abbandono della madre. Perché così era stato vissuto da entrambi: la madre li aveva abbandonati e se lo aveva fatto significava che avevano fatto sicuramente qualcosa di sbagliato.

Poi con l’adolescenza i due fratelli tornano a stare con la madre e per Maya non è un ritorno tranquillo, perché non si fida di lei, non riesce a chiamarla mamma, al punto di decidere di darle il nome di Lady. Vede l’amatissimo fratello Bailey innamorato perso di quella donna che li ha lasciati per anni da soli e non capisce. Per la prima volta si sente davvero sola.

Sarà solo l’arrivo inaspettato di un figlio a cambiare tra loro le cose. Nel momento in cui Maya diventa a sua volta mamma la presenza della madre diventa determinante. Da lì in poi la mamma sarà presenza costante, affettuosa, pronta ad intervenire ogni volta che la figlia ha bisogno di lei, pronta a sostenere le sue scelte, anche quando sembrano assurde o frutto di colpi di testa.

Mi copriva le spalle, mi supportava. Questo è il ruolo di madre, e in questa visita ho capito chiaramente, e per la prima volta, perché una madre è davvero importante. Non solo perché dà da mangiare e anche amore e coccole e addirittura vizia un bambino, ma perché in un modo curioso, e forse misterioso ed etereo, sta in uno spazio vuoto. Si colloca tra l’ignoto e il noto.

Maya Angelou, nel raccontare il suo rapporto, fatto di alti e bassi, di momenti di incomprensione, di allontanamenti e riavvicinamenti, con Vivian, ci indica quale sia il ruolo di una madre. Un ruolo complesso e sfaccettato che si basa sul sostegno, sul saper trasmettere forza, sull’accettare un figlio, senza intromissioni o pressioni, sapendo quando farsi da parte e quando accorrere.

Lei che mi ha liberata è un omaggio affettuoso al coraggio, la vitalità, l’orgoglio che la madre le ha trasmesso e che le ha permesso di percorrere la sua intera esistenza a testa alta, senza farsi affossare dalle prove terribili che ha vissuto – come la violenza subita a otto anni -, dandole la libertà di sperimentare, di essere quello che ha voluto, passando da mille lavori – tranviera, cameriera, spogliarellista, ballerina, cantante, compositrice, scrittrice, attrice, regista, produttrice attivista – , sempre a testa alta, fino ad arrivare a far sentire alta la sua voce di donna afroamericana in tutto il mondo.

La madre ha liberato la figlia fornendole il concreto esempio di come essere libera. E’ grazie a Vivian che Maya è stata liberata dalle gabbie del colore della pelle, della “razza”, in cui poteva essere ingabbiata in quanto afroamericana, cresciuta in una comunità segregata in Arkansas, insegnandole la forza salvifica del perdono, l’amore per se stessa e le possibilità che si aprono se solo si crede nelle proprie capacità, nonché il femminismo, il tutto non attraverso slogan o parole ma con la sua stessa vita.

Lei mi ha liberato è un intenso memoir sul rapporto sempre conflittuale e complesso, ma anche affettuoso e complice tra madre – figlia.

Maya Angelou ha un modo di scrivere spezzettato, episodico, che a volte perde un po’ di vista l’insieme. Richiama episodi o fatti dando per scontato di averne già parlato o che chi legge li conosca già, elemento che può essere spiazzante o lasciar interdetti ed incuriositi. Aver letto precedentemente Io so perché canta l’uccello in gabbia, in cui l’autrice racconta la sua vita fino ai diciassette anni, mi ha permesso di godermi molto di più questo secondo libro e aver voglia di approcciarmi ancora alla vita incredibile di questa donna.

Lei mi ha liberata di Maya Angelou [Mom & Me & Mom 2013] -traduzione di Beatrice Gnassi – Le Plurale Editrice (2023) pag. 161

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