Leggo i romanzi di Agatha Christie da una vita e ci sono romanzi che ho letto almeno tre volte, eppure al di là di alcuni casi, più unici che rari, ho la incredibile capacità di rimuovere il colpevole. Insomma posso tranquillamente rileggere il giallo perché tanto non ricordo assolutamente chi tra i mille personaggi che affollano le opere della regina del giallo inglese sia il colpevole e soprattutto non ho idea di quale sia il movente che ha spinto il colpevole a macchiarsi del crimine per cui si indaga.
Faccio questa premessa perché stavolta è successa una cosa abbastanza strana, ricordavo perfettamente il movente, ogni singolo dettaglio, e di conseguenza chi fosse l’assassino. Eppure ciò non ha compromesso il piacere della lettura e credo soprattutto per due motivi.
Primo perché abbiamo una Jane Marple decisamente alle prese con i problemi della vecchiaia. Sempre più impossibilita a muoversi autonomamente, trattata da una sorta di badante ante litteram, o come si diceva all’epoca dama di compagnia, come una mentecatta, con una decisamente ridotta capacità di osservare le persone e gli avvenimenti che animano la piccola St. Mary Mead. Insomma una Miss Marple a mezzo servizio fisicamente ma sempre capace di osservare, mettere in moto le cellule grigie e soprattutto dedurre. E le prime pagine in cui ricorda, e noi con lei, le varie indagini condotte quando era ancora pienamente in forma, sono velate di inesauribile malinconia.
Secondo in questa indagine tutto gira intorno ad una diva di Hollywood, una bellissima e bravissima attrice con vicende umane che l’hanno portata più volte sull’orlo dell’esaurimento, una donna con i nervi a pezzi, ma che dopo il suo trasferimento in paese è intenzionata a tornare sulla scena e riprendere il ruolo che le spetta.
«Questa gente è fatta così! Vede ispettore, la vita del cinema è vita di tensione continua. E quanto più grande è il successo, tanto è più grande la tensione a cui questi divi sono sottoposti. Ogni giorno, della mattina alla sera, vivono sotto gli occhi del pubblico. Quando girano un film, il loro lavoro è faticoso, terribilmente monotono, estenuante. Provare, riprovare, aspettare, provare e riprovare ancora. Ogni piccola scena viene girata separatamente, innumerevoli volte. È una cosa sfibrante. Vivono nel lusso, è vero, fanno una vita brillante, ma sempre sotto gli occhi del pubblico. Non possono mai… distendere i nervi.»
Un ritratto spietato ma veritiero delle dive, in continuo equilibrio tra eccitazione e depressione in un incessante saliscendi sulle montagne russe dell’umore instabile, reso ancora più instabile dall’uso smodato ed inconsulto di pillole per dormire, per svegliarsi, per alzarsi, per reagire. Ciò che rende eccezionali le loro performance recitative, ma rende anche impossibile una vita comune e normale.
«Il guaio è che Marina Gregg o è al settimo cielo, sicura di aver raggiunto per sempre il vertice della felicità, o è nel baratro della disperazione, convinta di non poterne risalire mai più. Se potesse fermarsi a metà strada fra questi due punti estremi sarebbe meraviglioso per lei, ma il mondo perderebbe una buona attrice.»
Un quadro che mi ha ricordato l’infelicità e fragilità della diva per eccellenza Marilyn Monroe, morta forse non per caso lo stesso anno di pubblicazione di questo romanzo.
Detto questo, gli ingredienti di questo giallo sono: un’attrice Marina Gregg, donna affascinante ma estremamente fragile e il suo entourage; una signora gentile e disponibile sebbene egocentrica e chiacchierona, che muore improvvisamente al ricevimento dell’attrice; un quadro raffigurante una Madonna con bambino; uno sguardo perso che trasforma Marina nell’enigmatica Signora di Shalott e un uso per lo meno disinvolto di pillole e calmanti… Un’indagine in cui tutto pare puntare su uno scambio di bicchiere e su una vittima morta per errore, ma Miss Marple ha altre idee.
«Marina Gregg aveva uno sguardo agghiacciato» disse la signora Bantry, sforzandosi di trovare le parole. «Come se avesse visto qualcosa che… oh, povera me, com’è difficile descrivere le cose. Ricordi la Signora di Shalott?»
Lo specchio si incrinò da parte a parte:
Il fato ha già deciso la mia sorte
Di Shalott la Signora singhiozzò.
Agatha Christie comunque si ispirò ad un noto fatto di cronaca dell’epoca. L’attrice statunitense Gene Tierney, infatti, aveva contratto la rosolia quando era incinta e la figlia nacque prematuramente e con delle forti menomazioni. La cosa particolare è che la Tierney scoprì le circostanze del suo contagio passo passo come descritte per mano della Christie in riferimento al personaggio di Marina Gregg (nome del medico australiano che per primo scoprì e studiò la rosolia), nel finale del romanzo.
Come per numerosi altri romanzi dell’autrice anche Assassinio allo specchio trova la sua trasposizione cinematografica con Angela Lansbury (La signora in giallo!) nei panni di Miss Marple e Liz Taylor in quelli di Marina Gregge oltre a loro Rock Hudson, Kim Novack, Tony Curtis insomma un cast stellare!
Assassinio allo specchio Autrice di Agatha Christie [The Mirror Crack’d from Side to Side 1962] Oscar Mondadori (2004) – traduzione di Lidia Ballanti – pag. 190