Frammenti di vita dolorosa

Un flusso di coscienza, in cui si sovrappongono una serie di pensieri che si intersecano con ricordi, a volte scollegati. Brevemente risplendiamo sulla terra di Ocean Vuong è una serie di ricordi, riflessioni, pensieri, analisi compiute dall’autore e confluite in una lettera alla madre.

La storia dell’autore, le sue sofferenze, le persone amate, Trevor ucciso da un overdose, la nonna Lan che l’ha cresciuto e protetto dalle sfuriate della madre, la difficoltà di integrazione, la mamma e la nonna che non hanno mai imparato l’inglese e lo hanno costretto a trasformarsi fin da bambino in interprete per far fronte alle loro esigenze, il nonno americano Paul.

Quella notte mi sono ripromesso che non sarei mai stato di nuovo senza parole quando avresti avuto bisogno che parlassi per te. Ecco com’è iniziata la mia carriera da interprete ufficiale di famiglia. Da quel momento in poi, avrei riempito i nostri vuoti, i nostri silenzi, i balbettii, tutte le volte che avrei potuto. Facevo avanti e indietro tra codici, ero un interruttore. Mi sono spogliato della nostra lingua e ho indossato il mio inglese come una maschera in modo che gli altri potessero vedere il mio viso, e così anche il tuo.

Un libro da cui promana una grandissima sofferenza: un ragazzino giallo, gay, cresciuto da due donne, che hanno subito la guerra, tutte e due traumatizzate, tutte e due con un disturbo post traumatico da stress che lasciano il paese natio per cercare una vita nuova e più promettente in America. L’arrivo in un paese che assicura una vita migliore ma anche una società che ghettizza e mette all’angolo il diverso. I tentativi di integrarsi, lo scontro con una mentalità di una provincia povera e degradante. Il famigerato sogno Americano che si rivela crudele, se non nasci nel posto giusto, con la pelle del colore giusto, e la giusta immagine. E la necessità, connaturata e logica, di trovare una propria identità, il proprio posto nel mondo, un percorso reso più difficile dalla mancanza di riferimenti, dalle possibilità limitate, dalla marginalità dei luoghi e delle aspettative. Un’identità che è anche necessità di fondere due mondi, due culture, due lingue tanto diverse e ostili tra loro, il Vietnam e l’America.

Una prosa che è poesia, frammentata, ellittica, piena di ripetizioni metafore, il mondo animale a rappresentare la brevità e la crudezza della vita (i bufali che si buttano nel dirupo, le farfalle monarca che fanno un viaggio di sola andata).

Frammenti di vita che si cristallizzano in un racconto che è parcellizzato, frammentato al cui centro c’è la vulnerabilità dell’essere umano, la sua impotenza nei confronti della fugacità della vita.

Brevemente risplendiamo sulla terra di Ocean Vuong è una lettera che un figlio Little Dog scrive alla madre Rose per mettere nero su bianco i suoi sentimenti, per farsi comprendere e forse vedere per la prima volta. Una lettera scritta mediante un linguaggio nuovo inventato, innestando l’inglese sul vietnamita: una nuova lingua che è frutto dell’unione tra il vietnamita stentato, appreso dalla madre, e l’inglese della scuola e della vita di tutti i giorni, due realtà (non solo linguistiche) che tra loro cozzano. Una lingua nata per poter comunicare con la madre e cercare di colmare la distanza tra di loro.

Una lettera che rappresenta anche un ponte tra due culture tra due mondi – tra America e Vietnam, passato e presente, mondo naturale e mondo umano, presenza e assenza – una riflessione sui legami, spesso dolorosi, ma anche sulla scoperta della propria omosessualità, sulle droghe, sul razzismo, sulla brevità e fragilità dell’esperienza umana, senza però perdere la voglia di cercare la bellezza nonostante tutta la violenza che alberga nel mondo.

Sì, c’era una guerra. Sì, noi eravamo partiti dal suo epicentro. In quella guerra, una donna si era regalata un nuovo nome, Lan, e in quel nome si era fatta una creatura bellissima, poi avevo trasformato quella bellezza in qualcosa che valeva la pena trattenere. Da quella bellezza era nata una figlia, e da quella figlia, un bambino. Per anni non ho fatto che dire a me stesso che siamo nati dalla guerra, ma mi sono sbagliato, Ma’. Siamo nati dalla bellezza. Non permettere a nessuno di confonderci con i frutti della violenza. Piuttosto quella violenza, essendosi trasmessa ai frutti, non è riuscita mai a rovinarli.

Romanzo d’esordio del poeta vietnamita naturalizzato statunitense Ocean Vuong, in una narrazione definita dallo stesso autore in un’intervista, un “Kunstlerroman”, una “dichiarazione di intenti artistici”, che si fonda su una commistione di generi, tra poesia e narrativa, romanzo e metafiction, saggio, epistola, fluire di pensieri. Una polifonia e ricchezza linguistica, culturale, formale, a tratti frammentaria, cui seguono brani aderenti a ciò che riconosciamo come romanzo tradizionale, mentre i piani temporali e le tradizioni linguistiche si intrecciano. Una narrazione spesso faticosa da seguire, ma che alla fine, se si ci lascia trasportare, arricchente di immagini e di significati.

Brevemente risplendiamo sulla terra di Ocean Vuong  [On Earth We’re Briefly Gorgeous, 2019], traduzione di Claudia Durastanti La Nave di Tesero (2020)

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