L’idea dello spettatore che assiste senza poter far nulla ad un delitto o ad un fatto particolarmente drammatico è un qualcosa che suscita sgomento e fascinazione e come tale è stato oggetto di altre opere basta pensare a La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock o La ragazza del treno di Paula Hawkins, non è da meno Agatha Christie, che in Istantanea di un delitto sviluppa l’idea in modo originale e decisamente peculiare.
Inizio folgorante: una donna in treno che mentre sta lì, un po’ insonnolita e annoiata, vede dal finestrino, nel convoglio del treno che si affianca e corre parallelo a quello dove viaggia, un uomo di spalle che sta strangolando una donna.
Fu a questo punto che rimase con il fiato mozzo e quasi si alzò dal posto. Con le spalle rivolte al finestrino, e a lei, c’era un uomo. Teneva le mani strette intorno al collo di una donna e stava strangolandola lentamente… spietatamente. La donna aveva gli occhi fuori dalle orbite, la faccia cianotica e congestionata. E la fine venne mentre la signora McGillicuddy fissava, strabiliata, la scena. Il corpo della vittima si accasciò inerte tra le mani dell’uomo.
E nonostante lo choc e lo stupore denuncia immediatamente il fatto al capotreno e poi arrivata in stazione ripete la segnalazione.
La signora in questione, Mrs. McGillicuddy, è grandissima amica di Jane Marple ed è attesa proprio da lei a St. Mary Mead. Quest’ultima quando la vede arrivare scioccata e incredula a quanto ha assistito, mette subito in moto le sue conoscenze e la sua curiosità per venire a capo della situazione.
Ma il giorno dopo nessun cadavere è stato trovato né lungo il binario né nello scompartimento del treno. E da lì a credere che la signora abbia avuto una visione e nulla di quanto ha visto corrisponda a verità il passo è breve.
Finirebbe lì e probabilmente saremmo in presenza di un delitto quasi perfetto, se non ci fosse la zampino dell’incommensurabile Miss Marple, che conosce bene la sua amica, sa che manca d’immaginazione e non è suggestionabile quindi è fermamente convinta che ciò che ha visto corrisponda a verità.
Miss Marple non è intenzionata a lasciar impunito quello che è oltretutto, secondo la sua ferrata logica, un delitto non passionale ma premeditato. E così consapevole che l’età e gli acciacchi le renderebbero impossibile svolgere le indagini sul campo, assolda Lucy Eyelesbarrow perché diventi i suoi occhi e le sue orecchie, facendosi assumere nella tenuta di Rutherford Hall – dove tutti gli indizi portano al cadavere – nelle vesti di governante per le festività natalizie. Lucy è una giovane intelligente e intraprendente, una sorta di Mary Poppins senza poteri magici, dotata di capacità organizzative, doti culinarie fuori dal comune, predisposizione per i lavori manuali, savoir-faire con le persone anziane, insomma una sorta di governante dalle mille risorse, ricercatissima e pagata abbondantemente.
Il grande merito di Lucy Eyelesbarrow era che, una volta entrata lei in una casa, ne uscivano subito preoccupazioni, ansietà e dura fatica. Lucy Eyelesbarrow faceva tutto, provvedeva a tutto, risolveva tutto. Era straordinariamente competente in ogni campo possibile ed immaginabile. Assisteva genitori anziani, accettava la custodia di bambini piccoli, curava i malati, cucinava divinamente, sapeva andare d’accordo con vecchi domestici inaciditi e brontoloni (ma, di solito, non esistevano), era piena di tatto con le persone insopportabili, sapeva prendere per il loro verso alcolizzati cronici, era bravissima con i cani. Ma soprattutto, non le pesava fare qualsiasi lavoro. Lavava il pavimento della cucina, zappava il giardino, ripuliva lo scempio fatto dei cani e portava il carbone!
Una delle sue regole, però, era quella di non impegnarsi mai per un periodo troppo lungo. Di solito accettava un lavoro per quindici giorni… un mese al massimo, e soltanto in casi eccezionali. Certo che, per quei quindici giorni, si faceva pagare profumatamente! Ma, durante quel periodo, la vita si trasformava in un paradiso. Ci si poteva rilassare completamente, partire per l’estero, rimanere a casa e fare quello che si voleva con la sublime certezza che, nelle mani abili di Lucy Eyelesbarrow, tutto funzionava a perfezione sul fronte domestico.
Questo sposta il campo e ovviamente tutto il fulcro del romanzo sui proprietari di Rutherford Hall e sulla famiglia Crackenthorpe, svariati figli, un nipote e il vecchio padre Luther, intenzionato a non mollare i cordoni della borsa e a rendere la vita impossibile al suo prossimo.
Da qui in poi il romanzo rientra nell’alveo della “normalità”: indagini domande, indizi, varie piste, possibili colpevoli, come sempre nei gialli della Christie praticamente tutti potrebbero essere gli autori dell’omicidio.
E qui per me finisce l’originalità e la particolarità della storia, un inizio, come ho detto prima folgorante e una coprotagonista come Lucy, davvero sorprendente per i canoni di Zia Agatha che fa il paio con la professionale governante Mary Dove di Polvere negli occhi, sebbene quest’ultima avesse un pizzico di ambiguità in più.
Leggo Agatha Christie da una vita, ne apprezzo lo stile, mi piace il sottile humour che traspare dalle sue opere, la fotografia di luoghi idilliaci dove in realtà si nasconde il male, l’ambiguità che abita in ogni famiglia, dove segreti e bugie la fanno sempre da padrone, nei suoi libri mi sento a casa, anche se praticamente mai, riesco a rivolvere il giallo o individuare il colpevole, eppure… se devo essere sincera, al di là della piacevolezza, alla fine di ogni libro mi resta troppo poco. Le trame si sovrappongono, i meccanismi simili, i personaggi assomiglianti, le ambientazioni analoghe, l’individuazione del colpevole miracolosa e soprattutto l’analisi psicologica ridotta all’osso, che impedisce di cogliere che cosa ha spinto il colpevole a macchiarsi di una simile colpa e di comprendere completamente il suo comportamento.
Istantanea di un delitto di Agatha Christie [4.50 from Paddington 1957] traduzione di Grazia Griffini – Mondolibri (2004) – pag. 184