L’impareggiabile Hercule Poirot

Non so se vi ho mai raccontato come sono diventata un’appassionata lettrice di Agatha Christie. A 13 anni, sono stata ospite per un mese in una camera che aveva una collezione super assortita di romanzi della regina dei gialli. E quei volumetti Oscar Mondadori con la costa gialla mi hanno fatto compagnia e divertito parecchio in quella sonnolenta estate. Da allora ho iniziato ad acquistarli e collezionarli e ne ho letti e riletti molti.

Quando è uscito il post di Sara @istantanea_di_un_libro sulla sua ultima lettura, mi ha immediatamente incuriosita.

Sono andata alla ricerca del libro, ho scoperto che l’avevo letto nel 1995 (!) – lo so perché ho un mitico programmino sul computer su cui tengo traccia delle letture fatte – e mi sono detta perché no…

Il giallo parte in modo atipico, una vecchia signora (aveva oltrepassato la settantina!) muore e lascia un testamento che sbigottisce e sconvolge l’intero villaggio di Market Basing.

L’autrice si prende il tempo di ricostruire l’ambiente familiare: i nipoti della signora, la dama di compagnia, il personale domestico, accendendo già più di un dubbio sulla “naturalità” della morte della donna. Dubbio che si accentua quando, due mesi dopo, Poirot riceve una lettera della defunta che lo invita a trovarla per discutere su una questione che la lascia alquanto perplessa.

Poirot non resiste alla tentazione e accompagnato dal fedele Hastings, sempre in ritardo nel comprendere i meccanismi del ragionamento del suo amico, raggiunge Market Basing, e scoperto che la donna è deceduta da tempo e incuriosito sul ritardo con cui la lettera gli è pervenuta, decide comunque di investigare, dando il via, nel frattempo, ad una serie di siparietti irresistibili in cui si finge di volta in volta, il probabile acquirente della casa della defunta, uno scrittore che vuole scrivere la biografia del nonno della de cuius e così via.

Ma le sue cellule grigie sono sempre più pimpanti che mai (i pubblicitari dell’Acqua Lete si saranno ispirati alla loro vivacità per rappresentare le particelle di sodio?) e domanda dopo domanda risolverà l’enigma.

Parte rilevante c’è l’ha anche il cane Bob, con cui Hastings trova un’immediata sintonia che gli permette di dare voce alle espressioni canine.

Come sempre la Christie, prima di arrivare alla conclusione, riesce a far risultare tutti più o meno colpevoli e a dipanare con la solita maestria un giallo decisamente cervellotico.

«Sì, sa qualche cosa. Ma che cosa? La signorina Peabody dice che Charles Arundell ammazzerebbe sua nonna per due pence. La signorina Lawson dice che la signora Tanios ucciderebbe chiunque suo marito le dicesse di uccidere. Il dottor Tanios dice che Charles e Theresa sono due farabutti, ricorda che la loro madre è stata processata per assassinio, e asserisce tranquillamente che Theresa sarebbe capace di uccidere a sangue freddo chiunque non le andasse a genio. Hanno una bella opinione l’uno dell’altro, tutti quanti! Il dottor Tanios pensa o dice di pensare che c’è stata una pressione morale. Sua moglie evidentemente non lo pensa. Lei non desidera impugnare il testamento, ma poi arriva lui, e cambia parere. Vedete, Hastings, è come un gran pentolone che bolle, e ogni tanto qualche fatto interessante viene alla superficie. Qualcosa c’è nel fondo, sì, qualcosa c’è: lo affermo. Parola di Hercule Poirot!»

Comunque volete saper quale scena mi ha fatto ridere di più: quando Poirot in macchina con il fedele Hastings si tiene i baffi preoccupato che il vento possa scompigliare i suoi amati e preziosi mustacchi.

Quindi grazie Sara per la dritta è sempre un piacere leggere un buon libro

Due mesi dopo di Agatha Christie [Dumb Witness 1937] Arnoldo Mondadori Editori – Omnibus Gialli (1991) – traduzione di Enrico Piceni

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