Il legame indissolubile tra due fratelli

La linea del sangue, uscito in Italia dopo Salvare le ossa e Canta, spirito, canta in realtà è il primo libro scritto da Jesmyn Ward. E nell’affrontare la trilogia di Bois Sauvage, con il gruppo del #ilrazzismonellaletteratura abbiamo optato per l’anno in cui sono stati scritti dall’autrice, anziché la pubblicazione della casa editrice italiana.

Salvare le ossa di Jesmyn Ward racconta la storia di Christophe e Joshua, della solida Ma-mee e della sconclusionata Cille, ma anche di legami familiari sfilacciati e del difficile passaggio all’età adulta, ancora più ostico quando occorre ritagliarsi un posto a propria misura in un mondo spietato.

Christophe e Joshua sono gemelli cresciuti con la nonna, dal momento che la madre ha scelto di andare a vivere ad Atlanta e tornare a trovarli ogni tanto, mandando soldi ogni mese.

Una madre bella, disinibita che ama vestire di giallo, un colore che si adatta alla sua pelle e andare alle feste. Una madre assente, disinteressata, troppo giovane, troppo egoista.

A crescere i due ragazzi a dare loro affetto e stabilita è Ma-mee, che il diabete ha reso quasi cieca. Cuore e anima di questa famiglia frammentata, nutre per i nipoti affetto e dedizione assoluti. E’ fiera di loro, mentre partecipa alla consegna dei diplomi, e sicura che sapranno renderla orgogliosa.

I due ragazzi sono un’anima in due corpi, uniti fin dalla nascita, riflesso l’uno nell’altro.

Era ostinato. Da fuori non l’avrebbe detto nessuno: Christophe, quello impulsivo, irruento, suscettibile. Ma erano imprevedibili, quei due. Avevano i loro segreti e se li tenevano stretti: Christophe con la sua rabbia, che covava lenta sotto la cenere, e Joshua con la sua improvvisa, sporadica sventatezza. Sì, ciascuno aveva il suo carattere, ma la pelle di uno era la pelle dell’altro, come per tutti i gemelli.

Dopo il diploma, però, si allontanano. Uno trova lavoro in un cantiere navale, mentre l’altro nonostante le infinite domande compilate, ciondola in compagnia del gruppo di amici di sempre. Ragazzi che però spacciano e che convincono anche Christophe ad arrotondare vendendo erba.

Questa separazione apre un baratro tra i due fratelli. Joshua vorrebbe aiutare il fratello, impedirgli di fare qualcosa di cui si può pentire che lo può portare alla rovina. In tutto questo la comparsa del padre, un tossico vagabondo che entra e esce da programmi di riabilitazione crea ulteriore tensione tra i due.

Un romanzo in cui l’atmosfera della natura selvaggia, domata in piccole strisce di terra ritagliate tra mare e palude dagli abitanti, occhieggia qua e là nelle descrizioni del cielo, nei bayou, dove nuotano gli alligatori, tra il fruscio dei pini e le strida degli uccelli. Un luogo dove l’uomo sceglie di costruirsi un’esistenza che inevitabilmente si intreccia con il caldo, l’umidità e la natura incontrollata, forgiando coloro che ci vivono immersi. Un luogo quasi sperduto dove sorge Bois Sauvage. Un paesino del Mississippi circondato per tre lati dal bayou, non lontano dal Golfo del Messico. Casupole sparse e semi-fatiscenti, tutte in legno, o case mobili. Dove bianchi e neri vivono separatamente.

Sapeva che in teoria Bois Sauvage non aveva niente di speciale, eppure sì: conosceva ogni macchia boscosa, ogni cane randagio, ogni curva di ogni strada lastricata a metà, ogni spianata irregolare su cui sorgeva una casa sgangherata e cadente, ogni pozza d’acqua nascosta. Se le altre città costiere erano tutte vicine e si confondevano le une con le altre, tanto che solo qualche punto di riferimento, come un minimarket Circle K o una chiesa cattolica, gli segnalava che stava abbandonando una per entrare nell’altra, Bois Sauvage era sprofondata nell’insenatura, minuscola e isolata.

Una storia cruda di occasioni, di possibilità, di relazioni, interrotte e ricucite, di destini e di innegabili differenze come quelle che dividono i due fratelli, che però nel rapporto intrauterino hanno creato un legame talmente insondabile e profondo che torna prepotentemente a farsi sentire e a ricucire la rottura avvenuta.

Un romanzo di attesa, in cui il lettore sente che sta per accadere qualcosa ed è messo costantemente in uno stato d’ansia, acuito dal caldo, l’umidità, gli insetti, in una resa vivida che emerge dalla pagina scritta e che pare di percepire sulla pelle. Una sorta di romanzo di formazione in cui l’autrice riesce a farci sentire gli stati d’animo dei personaggi, la loro stanchezza, il loro sconforto, la voglia di ribellione, di fuga, ma anche l’attaccamento al luogo in sui sono nati e cresciuti e alla famiglia, seppur rappresentata solo dalla nonna amatissima. La tensione palpabile tra i due fratelli, le differenze che emergono e li dividono e l’affetto profondo e sotterraneo che li unisce sono resi magnificamente e ci consegnano una lettura ipnotica sebbene ancora acerba, soprattutto in confronto al ben più maturo e riuscito Salvare le ossa.

La linea del sangue [Where The Line Bleeds 2008] di Jesmyn Ward NNEditore (2020) – traduzione di Monica Pareschi – pag. 315

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