Il gioco di Ripper di Isabel Allende è il primo thriller, nonché al momento unico, scritto dall’autrice cilena, famosa per le sue storie familiari e i suoi ritratti di donne forti e resilienti.
Isabel Allende è stata una delle mie scrittrici preferite per anni.
La capacità di raccontare storie soprattutto familiari, creando un’atmosfera magica, quasi soprannaturale, unita alla crudezza delle vicende del Cile durante e subito dopo il colpo di stato che portò all’avvento di Pinochet, me l’hanno resa cara.
Il suo stile di scrittura e il suo modo di mescolare storie minime intrecciandole alla Storia, oltre alla peculiarità di ogni cantastorie che si rispetti di ammaliare, intrecciando destini e avvenimenti, approfondendo però l’aspetto psicologico di ogni personaggio, si è sposato perfettamente ai miei gusti per anni. Non per nulla D’amore e d’ombra è uno dei miei romanzi preferiti di sempre.
Ho tutti i suoi libri e ho continuato ad acquistarli anche quando la lettura delle sue opere non mi ha appassionato più come prima: discrete sì, ma non meravigliose. E così nella libreria se ne sono accumulati cinque o sei ancora da leggere.
Tutta questa premessa è necessaria per dire che conosco lo stile e la scrittura di Isabel Allende e quando circa dieci anni fa, fu pubblicato Il gioco di Ripper, pubblicizzato come il primo thriller della scrittrice cilena, ero davvero curiosa di vedere come una storia del genere fosse stata resa: si era snaturata per scrivere un libro non nelle sue corde o aveva snaturato il genere per renderlo compatibile a se stessa? Ci ho messo dieci anni per saperlo anche perché nel frattempo altre letture spingevano e mi allettavano di più.
Come racconta la stessa scrittrice nei ringraziamenti, l’agente della Allende, Carmen Balcells, suggerì alla scrittrice cilena e al marito, l’autore di gialli William C. Gordon, di scrivere un romanzo a quattro mani. Come dichiara la stessa Allende: «Ci provammo, ma dopo ventiquattr’ore fu evidente che il progetto si sarebbe concluso in un divorzio e pertanto lui continuò a dedicarsi alle sue cose – il suo sesto romanzo poliziesco – e io mi rinchiusi a scrivere da sola, come sempre.»
Un romanzo intriso di temi e personaggi cari all’autrice. Ricco di digressioni, di descrizioni, in cui si assapora e si sente tutta la magia della sua penna. Un thriller atipico insomma.
La protagonista Amanda è una diciassettenne un po’ stravagante, dotata di una vivida intelligenza unita ad una grande immaginazione e affascinata dalla parte oscura della natura umana che ha creato un gioco di ruolo online, Ripper, ispirato a Jack lo Squartatore. Unendo un gruppo di persone fuori dagli schemi sparsi per il mondo, che grazie alle abilità di ognuno analizzano e uniscono fatti, coincidenze, sospetti, teorie. Un ragazzo della Nuova Zelanda, paraplegico, che ha scelto il ruolo di Esmeralda, gitana astuta e curiosa. Un adolescente timido e solitario del New Jersey, nei panni di sir Edmund Paddington, colonnello in pensione, esperto di armi e strategie militari. Una ragazza di Montreal di diciannove anni che impersona Abatha, una sensitiva in grado di leggere il pensiero e comunicare con i fantasmi. Un orfano afroamericano di tredici anni, con un quoziente intellettuale 156, che ha scelto di essere Sherlock Holmes. Amanda ha lasciato a se stessa il ruolo di maestra del gioco, aiutata da uno sbirro, un gobbo non particolarmente sveglio, ma obbediente e leale di nome Kabel, alter ego, del, tutt’altro che tonto, nonno della protagonista.
Quando a San Francisco iniziano a verificarsi strani omicidi il gruppo decide di investigare e capire se assassini apparentemente slegati e senza nessun punto di contatto, in realtà non siano legati a doppio filo. Il tutto contando sulla possibilità di ottenere informazioni riservate e aggiuntive dal padre di Amanda, Bob Martin, ispettore capo della polizia della sezione omicidi.
Isabel Allende dedica ampio spazio a descrivere e raccontare la vita di ogni personaggio in particolare della madre di Amanda, Indiana una hippy biondissima e sensuale, guaritrice in una clinica olistica, sposatasi e separatasi dal padre di Amanda quando era molto giovane, con una grande facilità nel creare legami, dando fiducia al prossimo, e cercare di aiutare i suoi clienti, sbloccando la loro energia e riconnettendoli con l’universo; di suo padre e dei due uomini che si contendono l’amore di Indiana: Alan Keller, ricco erede di una delle famiglie dell’alta borghesia di San Francisco, raffinato esteta, patito d’arte, senza occupazione ma con tanti soldi e Ryan Miller, enigmatico e affascinante navy seal, ferito durante la sua ultima missione in Afganistan che lavora per il governo e si dedica ad una faticosa routine con il suo cane Attila.
Soprattutto nella prima parte ne risulta un patchwork composito della vita di San Francisco in cui il mondo colorato, new age e fuori dagli schemi della clinica olistica e degli amici di Indiana si contrappone a quello concreto e brutale della polizia del suo ex marito e ai ricordi dell’addestramento e poi delle missioni come navy seal di Ryan Miller.
Nella seconda parte, le indagini e gli avvenimenti che coinvolgono i protagonisti virano e il thriller prende quota, con un ultima parte decisamente adrenalinica.
Concludendo a me è piaciuto, non è sicuramente il miglior thriller mai letto, sicuramente non è l’opera più riuscita della Allende e probabilmente il genere non è pienamente nelle sue corde, ma per rispondere alla domanda iniziale l’autrice non si è snaturata né ha snaturato il genere: ha mescolato, rendendo Il gioco di Ripper un thriller in cui trovano ampio spazio i caratteri distintivi della sua scrittura: moltiplicazione dei punti di vista, pagine descrittive e digressioni su temi che le stanno a cuore, ma anche suspense e intreccio giallo, con movente e colpevole azzeccati.
Il gioco di Ripper [El juego de Ripper 2013] di Isabel Allende – traduzione di Elena Liverani – Feltrinelli (2013) pag. 462