Anna di Kleve: la “sorella del re”

Inutile dire che pur conoscendo i nomi delle sei mogli di Enrico VIII poco o nulla so delle ultime tre, le mie conoscenze si fermano alle prime tre o meglio a Caterina e Anna e a qualche riferimento su Jane. E’ quindi con grande curiosità che ho iniziato a leggere Anna Di Kleve, la regina dei segreti di Alison Weir. L’autrice come spiega nella postfazione, pur basandosi su documenti storici e fonti, ricostruisce con fantasia gran parte della vita della quarta moglie di Enrico VIII, colei che restò accanto al sovrano inglese per poco più di sette mesi, ma che grazie al suo atteggiamento accomodante riuscì ad ottenere non pochi favori e soprattutto il titolo di “sorella del re” mantenendo quindi ottimi rapporti con lui che le permisero di rimanere in Inghilterra e di condurre una vita agiata.

Anna, principessa di un piccolo ducato nell’attuale Germania, figlia di Giovanni III, Duca di Kleve – una città nella Renania settentrionale, a pochi chilometri dalla frontiera olandese, un territorio che all’epoca era costituito da un labirinto di elettorati e vescovati che Giovanni riuscì a riunire sotto un’unica signoria con capitale Dusseldorf – a undici anni, fu fidanzata a Francesco di Lorena, figlio ed erede del Duca di Lorena, ma nel 1535 tale fidanzamento, considerato come ufficioso, fu cancellato. Parecchi anni dopo, viene scelta come moglie di Enrico VIII per garantirgli l’alleanza dei principi protestanti. Anna aborrisce quando lo sa, pur consapevole, come le ripetono sua madre e suo fratello, che le alleanze matrimoniali sono necessarie alla sopravvivenza dei regni. In fondo in fondo neppure, sua madre, pur consapevole della necessità di un’alleanza importante, apprezza quell’unione, lei cattolica preferirebbe evitare di dare sua figlia in sposa ad uno scomunicato, che ogni fedele non può che disprezzare per la sua apostasia e la sua dubbia moralità.

La carriera matrimoniale di Enrico d’Inghilterra aveva alimentato i pettegolezzi del mondo cristiano per anni. Aveva avuto tre mogli, tutte morte miseramente. La prima avvelenata, stando alle dicerie, la seconda condannata alla decapitazione e la terza morta di parto solo due anni prima. Per tutti era un tiranno, sia in camera da letto, sia fuori.

Ciò nonostante le trattative proseguono, il re inglese chiede che gli sia mandato un ritratto veritiero della giovane, di cui cui viene incaricato il pittore di corte Hans Holbein. Anna non è una bellezza, probabilmente ha il mento appuntito e il naso troppo lungo eppure il dipinto ci mostra una giovane dall’aspetto gradevole e fonti dell’epoca affermano che l’immagine fosse attendibile e veritiera. Inoltre a differenza delle principesse del periodo non ha imparato danza, canto, non suona uno strumento e anche la sua conversazione, bloccata anche da problemi di lingua, visto che non conosce l’inglese, non brilla, persino i suoi abiti sono molto diversi da quelli indossati dalle dame inglesi. I negoziati però proseguono e Anna giunge in Inghilterra.

L’incontro tra i due non è certo caratterizzato da “amore a prima vista”, quando Enrico la conosce, storce il naso, la giovane non gli piace, e anche Anna si trova davanti un uomo di mezza età, neanche lontanamente somigliante all’aitante sovrano immortalato in tanti ritratti. Un uomo ormai appesantito dai chili, non particolarmente aitante, con una gotta cronica e un odore difficile da ignorare in quelle poche occasioni di fugace intimità. Eppure Anna apprezza la sua gentilezza, le cortesie che le presta, i regali che le manda, il tempo trascorso in sua compagnia a conversare o a giocare a carte.

Pur stimando la sua compagnia, Enrico che si è invaghito, di nuovo, di una dama della regina, comincia a sostenere che il vecchio fidanzamento con Francesco di Lorena non è stato annullato nel modo giusto e lui dopo tutti i problemi matrimoniali che ha avuto, vuole evitare che sorga qualche dubbio o impedimento ulteriori. I due si sposano, i dubbi sulla validità rimangono e in più, non si se per problemi di impotenza del re o perché Anna aveva qualcosa si sgradevole o “sbagliato”, il matrimonio non viene consumato.

Anna in un paese non suo, terrorizzata da quello che era successo alle mogli precedenti che non avevano assecondato i capricci del re, spaventata anche da quello che avrebbe potuto farle il fratello se fosse tornata in Germania, rimane in Inghilterra e riesce ad ottenere un ottimo mantenimento: possedimenti, castelli, fondi per gestire il patrimonio, una rendita annuale, gioielli e il titolo di “sorella del re” che le dà la possibilità di accedere a corte, di essere tra le prime dame del regno senza però quel continuo giudizio che ha già pesantemente sentito sulla sua pelle da quando è arrivata.

Anna ha capito che la corte è fatta di maldicenze e malelingue, le dame sono malevole e seminano pettegolezzi oltre a cercare di ottenere favori dal Re per sé o per la famiglia. Non è facile sopravvivere in un ginepraio di falsi sorrisi, di legami familiari, di amicizie vecchie di secoli, quando si è stranieri, si conosce poco la lingua, le usanze, i modi di fare, quando anche gli abiti che porta in dote vengono considerati non adeguati e le continue lotte di religione tra fazioni filo papiste e filo luterane rendono l’atmosfera incandescente perché basta un nulla per essere considerato traditore e finire sul patibolo.

Qualcuno potrà considerare Anna incolore, poco coraggiosa, una donna che alla fine decide di vivere in una sorta di gabbia dorata, fatta di continui spostamenti tra i suoi castelli, godendosi la cucina e amando, forse un po’ troppo l’ausilio dato dal vino, però credo che sia necessario comprendere come per una donna nel sedicesimo secolo non fosse così facile prendere posizione e decidere della sua vita autonomamente: Anna riuscì a ritagliarsi il massimo dell’autonomia consentita all’epoca per una donna senza marito.

Alison Weir sceglie poi una teoria fantasiosa, come dice lei stessa nella postfazione per cercare di spiegare alcune frasi dette dal re e la sua avversione per la sposa e imbastisce una possibile storia d’amore e di passione tra la quattordicenne Anna e il figlio bastardo di uno zio, Otho von Wylich, il grande amore che tale rimarrà per tutta la sua vita e che è la parte più appassionante, forse perché decisamente romanzesca della storia raccontata in questo libro.

L’autrice ci accompagna lungo tutta la vita di Anna von Kleve fino alla morte, probabilmente a causa di un tumore, e nelle ultime pagine ci illustra le cure, da inorridire, che venivano riservate per curare quel tipo di malattia all’epoca.

E alla fine questa principessa tedesca, educata in modo diverse dalle altre principesse inglesi o francesi del periodo, priva di una istruzione adeguata, sempre accompagnata dalla affezionata ed amorosa balia Madre Lowe, amante di un bicchiere di vino del Reno, della buona tavola, rifiutata da un vecchio (per l’epoca) obeso e malato Re, sempre alla ricerca di un luogo e di un equilibrio, mi è rimasta davvero simpatica.

Anna di Kleve La regina dei segreti di Alison Weir [Anna of Kleve. Queen of Secrets 2019]- Superbeat (2021) – traduzione di Chiara Brovelli- pag. 533

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