Le teste da staccare

Arrivò il tempo di staccare le teste di Hubert Klimko-Dobrzaniecki un romanzo amaro che porta in un’isola remota a conoscere due storie di uomini soli.

Inutile dire che la prima cosa che mi ha colpito di questo libro, prima ancora della copertina o della trama è stato il titolo, così inusuale, così particolare, così evocativo: Arrivò il tempo di staccare le teste… di cosa? chissà perché ho pensato ai pesci… In realtà la spiegazione arriva quasi a fine libro e sono teste a cui non avevo davvero pensato!

Comunque il titolo originale è “Bornholm, Bornholm”, un’isola della Danimarca situata nel mar Baltico a circa 160 km a est di Copenaghen e a 37 km al largo della costa svedese, nell’arcipelago di Christiansø (Ertholmene) il più orientale della Danimarca. E l’isola nel suo isolamento e nella sua particolare collocazione ha un suo perché all’interno del libro.

Un romanzo che alterna due voci maschili, due uomini divisi dal tempo, circa quarant’anni, e dallo spazio, a cui l’autore dedica un capitolo ciascuno, rendendo curioso il lettore di capire quale sia il legame tra i due e se le due storie alla fine si intersecheranno o meno.

Uno, professore di biologia tedesco, alla vigilia dell’invasione della Polonia e dello scoppio della seconda guerra mondiale, la cui storia è narrata in terza persona.

L’altro, un giovane danese originario proprio di Bornholm, trasferitosi in Inghilterra che parla in prima persona in una lunga ed accorata confessione al capezzale della madre.

Due storie parallele di abbandoni, di disamori, di disillusioni. Due storie amare accomunate dalla necessità di trovare un senso e una sorta di accoglienza da parte di chi li circonda. Per il primo il rapporto tormentato e di profonda incomunicabilità che lo lega alla moglie, una donna fredda a cui lo uniscono i due figli ancora piccoli, ma con cui non ha che fugaci e aridi scambi. Per il secondo un rapporto totalizzante, ossessivo, tossico con la madre, che cerca in ogni modo di fargli il vuoto intorno, di rendere il figlio completamente dipendente e succube da lei. Per entrambi la necessità di fuggire, di prendere le distanze emotive ma anche fisiche da queste due figure di donne profondamente castranti e limitanti.

Hubert Klimko-Dobrzaniecki racconta la loro storia con profonda sincerità, senza reticenze né abbellimenti, in modo a volte piuttosto crudo, anche per la scelta di non nascondere i pensieri meschini, le pulsioni, la violenza sottesa a certi comportamenti. Lo scrittore polacco lascia che i due protagonisti lottino con la loro realtà difficile, le proprie debolezze, con i sogni non realizzati, le perdite, le delusioni. Ma è bravo a non lasciarsi guidare dal sentimentalismo, a mantenere una distanza emotiva che però non diventa mai freddezza.

Arrivò il tempo di staccare le teste è un romanzo sulla mancanza d’amore, sulla necessità di cogliere un senso in un destino a volte avverso, di trovare famiglia in perfetti estranei. E’ un uomo che divide due farfalle spillate insieme su un quadro per rappresentare la fine del suo rapporto con la moglie. Sono due anziani che nel reciproco legame trovano la forza di sopravvivere. E’ un padre che vede il suo sogno di paternità spazzato via.

Come funzionava quella cosa dell’amore, e come si faceva a capire se era amore vero? Lo decideva il tempo? Per amare occorreva un motivo o si amava nonostante tutto? O forse l’amore non era che una mera invenzione degli scrittori, dei poeti e di altri simili dementi, i quali scodellavano un mucchio di fesserie e le cui opere Horst trovava indigeribili? Da che ne aveva memoria, non ricordava di aver mai considerato il suo rapporto con la moglie in quel modo.

Un romanzo amaro ma che apre riflessioni ed introspezioni in chi legge.

Arrivò il tempo di staccare le teste di Hubert Klimko-Dobrzaniecki – Keller editore (2019) – traduzione di Marzena Borejczuk – pag. 305

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *