“Cantami, o Musa”… Inizia così Il canto di Calliope per richiamare quel “Cantami, o Diva del Pelide Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli achei”, imparato a memoria anni fa, ma mai dimenticato. Subito dopo, però, l’autrice vira non vuole raccontare ancora delle imprese gloriose, delle battaglie infinite, dell’ardimento e della codardia degli uomini che si batterono sotto le mura di Troia, ma vuole dare voce a chi non l’ha mai avuta.
L’Iliade è il poema della guerra, il poema degli eroi, del coraggio. I protagonisti sono tutti uomini. Le donne che vi compaiono sono tutt’al più delle mere comparse. Possono essere la causa indiretta di alcuni dei fatti narrati, ma nulla di più. Elena, la donna più bella, il cui rapimento (o fuga) ad opera di Paride è il fattore scatenante della guerra; Briseide, la cui restituzione scatena l’ira di Achille; Cassandra, le cui profezie, dono e maledizione di Apollo, non sono credute; Andromeda, la sposa innamorata e preoccupata di Ettore, che cerca di dissuaderlo a scendere in battaglia, la regina Ecuba altera e distante… eppure nessuna di esse è protagonista, sono solo personaggi strumentali al racconto di Omero.
Per questo a me Il canto di Calliope di Natalie Haynes è piaciuto, perché, pur essendo una rivisitazione di tanti miti e storie raccontate dai tragici o narrate dai poeti come corollario dell’Iliade, ho apprezzato il fatto che l’autrice voglia dare finalmente una voce alle donne, e decida di abbandonare il fragore delle armi e l’audacia degli eroi, per ascoltare le parole di chi ha visto il marito o il figlio ucciso dal nemico, di chi ha perso tutto e vede un futuro di schiavitù in terra straniera, bottino di guerra senza voce, spesso schiava dello stesso soldato che le ha ucciso la persona amata.
Ognuna delle donne che appaiono, hanno una storia tragica da raccontare, un lutto, un abbandono, uno strazio nascosto. E così tra le pagine scorrono le storie delle Troiane sedute sulla spiaggia, logore e sporche di fumo, mentre aspettano di essere spartite come cose, guardando la rocca fumante, ricordano la corte, i dieci anni dell’assedio, gli eroi via via uccisi, consapevoli, anche senza il dono della profezia, che il loro futuro non sarà certo luminoso. Ma anche quella di Clitennestra, che dopo il sacrificio della figlia Ifigenia, non ha più trovato pace, se non nel pensare alla vendetta contro il marito Agamennone. Quella di Cassandra che vede, come un terribile film, ciò che capiterà a Lei, alla madre, alla sorella Polissena. Quelle di Laodamia impazzita di dolore, Enone abbandonata e poi ricercata per interesse, Elena, origine di tanti dolori, eppure sempre misteriosa su ciò che lei vuole, e potrei continuare…
Perché le voci inascoltate di questo libro urlano per trovare finalmente qualcuno che le ascolti e le faccia emergere dall’oblio.
Un romanzo corale che rovescia la prospettiva classica. Ovviamente essendo composto da tante voci la narrazione è discontinua, frammentaria, a pagine intense, si susseguono altre quasi inutili, alla fine, però, quello che emerge è la follia della guerra, le cui vittime oggi come millenni fa sono sempre e principalmente le donne.
Il canto di Calliope di Natalie Haynes – Sonzogno editore (2021) – pag. 312