Alaska di Anna Woltz è un romanzo di meno di centocinquanta pagine che riesce a toccare temi estremamente complessi in modo semplice, facendo nel contempo riflettere su quanto possa essere faticosa e difficile l’adolescenza, nonché quanto poco conosciamo dei dolori, che si nascondono dentro ognuno di noi, coperti dalla maschera che indossiamo di fronte al mondo. Perché essere sé stessi davanti agli altri è molto più difficile di quanto sembri a qualsiasi età. Ma nell’adolescenza lo è ancora di più. Perché essere etichettato in un certo modo è limitante, ma mette anche una sorta di confine, per evitare che qualcuno entri nel nostro territorio e possa in qualche modo approfittare di quello che siamo in realtà. Ma questa paura, in fondo, è di tutti, e l’unico desiderio e bisogno che abbiamo è essere accolti, accettati per quello che siamo. Perché solo così si scopre di non essere gli unici sbagliati, gli unici strani, gli unici che vengono da Marte.
Sven e Parker sono in classe insieme, frequentano il primo anno di scuola superiore e a primo acchito non si sopportano. Lui appare come un bullo, un gradasso, non perde occasione per prenderla in giro non appena se ne presenta l’occasione. Lei, che veste di nero e teme tutto, è ancora scioccata per quello che è accaduto alla sua famiglia durante l’estate e non ha ancora elaborato il fatto di aver dovuto rinunciare al suo amatissimo cane Alaska, a causa di un’allergia al pelo di uno dei fratelli.
Due mondi, due visioni, due opposti che non avrebbero motivo di incontrarsi. Se non fosse proprio per Alaska, il cane a cui Parker ha dovuto rinunciare e che ora è il cane da terapia di Sven.
Parte proprio di qui Anna Woltz, in una narrazione a capitoli alternati, in cui il lettore ha modo di seguire il punto di vista di entrambi. E capire così gli stati d’animo dei due ragazzini, raccontando lo stesso episodio da due punti di vista.
La sofferenza di Sven, la sua rabbia, il suo desiderio di farsi notare per qualcosa di diverso dalla malattia che ha.
«Immagina di girare per il resto della tua vita su Marte e che a qualsiasi marziano che ti viene incontro devi spiegare come respiri, che hai le caccole nel naso, come pisci, come vomiti. E ogni volta esclamano “oh” e “ah” e ti guardano come se fossi tu il tipo strano.» Alza le spalle. «Questa è la mia vita, ma non ho bisogno di andare su Marte.»
Il dolore di Parker, la sua voglia di riscatto e il desiderio di riprendersi il suo cane, di poter ricominciare a correre con lui, infilare le mani nel pelo folto e farsi consolare ogni volta che ne ha bisogno.
Ma questa notte all’improvviso ho pensato: okay. In ogni istante può succedere di tutto, non saprai ai ciò che ti toccherà vivere. Ti possono sparare addosso, puoi diventare rigido e cadere per terra, possono prenderti in giro perché ti metti ad abbaiare alla prima ora.
Però puoi anche ritrovare Alaska.
Puoi conoscere Sven.
E puoi scoprire che su Marte vivono più esseri umani di quel che pensavi.
Anna Woltz scrive un romanzo di formazione avvincente, ma anche toccante e molto coinvolgente dal punto di vista emotivo sulla difficoltà di crescere, accettare i propri limiti e i propri handicap, le proprie paure e le proprie fragilità. E ricordando a tutti gli adolescenti che trovare un amico non risolve i problemi ma aiuta a sopportarne il peso.
Alaska di Anna Woltz 2016- Beisler editore (2021) – traduzione di Anna Patrucco Becchi – pag. 180