Il potere dell’ascolto

Vi siete mai chiesti quanto è utile saper ascoltare? Trovare il tempo e aggiungerei la voglia per mettersi in ascolto? Perché ognuno di noi nasconde una storia più o meno interessante, più o meno dolorosa e trovare qualcuno che abbia voglia semplicemente di ascoltare e così facendo accolga la sofferenza dell’altro è un dono prezioso a qualunque età.

E’ da questa necessità che prende l’avvio Proteggimi di Jacqueline Woodson, secondo libro che leggo dell’autrice americana; una delle più importanti voci della narrativa contemporanea per ragazzi, vincitrice dell’Hans Christian Andersen e dell’Astrid Lindgren Memorial Award, penna di rara sensibilità.

Siamo a New York, nel quartiere di Brooklyn, nella classe della professoressa Laverne, che con grande lungimiranza riunisce sei ragazzini con problemi di apprendimento in un’aula, la 501, ribattezzata APP (Aula Per Parlare). Ritiene che una volta alla settimana abbiano bisogno di spazio e tempo a disposizione per potersi confrontare, per esporsi e raccontare la loro vita.

Sto cercando solo di darvi lo spazio per parlare delle cose di cui parlano i ragazzi quando non ci sono gli adulti.

E se, come dice lo zio di Haley quando si racconta una storia la parte più difficile è trovare l’inizio, dopo i primi momenti di imbarazzo, la paura di essere giudicati, la vergogna, l’inadeguatezza vengono sostituiti dal calore, dalla comprensione, dall’ascolto, dall’accoglienza. E l’aula 501 diventa un luogo protetto, un posto dove ognuno può far sentire la sua voce, raccontare la sua storia, senza paura di essere giudicato o deriso. E le storie, quelle storie che ci caratterizzano, ci distinguono, raccontano chi siamo e da dove veniamo, si sovrappongono, perché infondo il mondo è proprio questo “storie sopra altre storie, dall’alba dei tempi”.

La professoressa Laverne ha tirato fuori il telefono e ha detto: Sorridete, ragazzi. Nella foto, io e Holly abbiano le dita intrecciate, e i nostri collant sembrano la cosa più pazza mai esistita. Amari ha il cappuccio, mezzo su e messo giù, mentre Tiago, Estebane Aston guardano tutti da un’altra parte. La foto è attaccata al mio frigorifero. Sembriamo tutti così piccoli, le guance piene dei bambini, la camicia fuori dai pantaloni, le scarpe di Tiago slacciate.

E le individualità emergono: la fragilità di Haley, che sta crescendo con lo zio, dopo la morte della madre e l’incarcerazione del padre; l’energia di Amari, che si sta rendendo sempre più conto cosa vuole dire avere la pelle nera; la tristezza di Esteban, che attende notizie dal padre recluso in un centro di detenzione perché cittadino irregolare; lo sconforto di Ashton, unico bianco, che si è trasferito da poco ed è oggetto di bullismo; la vergogna di Tiago, che viene da Puerto Rico e vorrebbe poter parlare spagnolo quando vuole senza che qualcuno gli dica “Tornatene al tuo paese” e l’allegria di Holly, che pare la più risolta e positiva.

Nelle storie dei sei ragazzi emerge tutta la difficoltà di essere ispanici o afrodiscendenti. Per chi ha un colore della pelle diverso dal bianco, giocare con una pistola giocattolo, portare il cappuccio della felpa tirato su o solo camminare per strada può essere pericoloso. E’ un dato di fatto, un elemento con cui convivere, da accettare, per quanto ingiusto sia. E ognuno di loro deve imparare a conviverci e a comportarsi di conseguenza, anche se questo non impedisce di sognare un mondo diverso.

Settimana dopo settimana, mentre Haley comincia a registrare le loro voci, per ricordare i momenti trascorsi insieme e le storie condivise e perché si crei un legame che possa resistere al passare del tempo, un modo per lanciarsi la sfida di rivedersi a distanza di anni e riascoltarsi, Esteban legge le poesie scritte dal padre e Amari disegna loro sei come supereroi.

E se Black Panther fosse solo un bambino in questa scuola, ha proseguito. Un bambino qualsiasi. E’ quello che pensavo ieri sera. Tutti gli eroi dei fumetti un tempo sono andati a scuola, e se i ragazzini come noi fossero i supereroi, giusto? I veri supereroi.

Infondo anche Peter Parker ha ottenuto il suo superpotere in modo tragico, perché anche dalle cose più brutte possono nascere cose belle ed importanti.

Proteggimi è un inno alla bellezza della condivisione. Parlare ed essere ascoltati non cambia le cose, non modifica il fatto che Amari non potrà più giocare con una pistola giocattolo o che Haley ha perso la madre quando era piccola e non la conoscerà mai, ma fa affiorare la solidarietà, l’affrontare le situazioni pesanti della vita insieme, condividendo il fardello delle prove più impegnative.

Con uno stile semplice ma estremamente poetico ed evocativo Jacqueline Woodson regala una storia potente, che affrontando i temi dell’immigrazione, della discriminazione razziale, del carcere, del bullismo, ci fa riflettere sulle migliaia di storie che ci circondano e sulla necessità di mettersi sempre in ascolto.

Proteggimi di Jacqueline Woodson [Harboir Me 2018] – Fandango Weird Young (2024) traduzione di Chiara Baffa – pag. 152

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