Parte lentamente La settimana bianca, come se Carrere ritenesse necessario preparare il lettore.
Nicolas è un ragazzino di dieci anni che si accinge a partire per la prima volta da solo con la sua classe. E’ un bambino pieno di insicurezze, con una famiglia che appare allo stesso tempo castrante ed anafettiva. I genitori, all’inizio, appaiono ossessivi, pieni di premure e preoccupazione, non si fidano, infatti, di lasciarlo andare in autobus con gli altri compagni di classe, per via di un incidente che ha coinvolto una scolaresca pochi giorni prima; poi risultano addirittura incuranti quando il padre dimentica di lasciargli lo zaino che contiene tutti gli abiti necessari al bambino per trascorrere la settimana in montagna.
In questa sua prima esperienza fuori casa le paure di Nicolas sono tante: teme di bagnare il letto, di non riuscire a far parte del gruppo, di essere isolato dai compagni, preso in giro.
Tanto è trasparente nel suo confronto con gli altri, quanto vivida e intensa è la sua immaginazione. Il suo mondo interiore è popolato da storie cupe, paure arcaiche, incubi. Nella mente di Nicolas si mescolano e aggrovigliano, creando un mondo oscuro e minaccioso, ricordi di famiglia, discorsi fatti dal padre e racconti dell’orrore che il bambino legge di nascosto dai genitori. L’universo onirico del piccolo è gremito di incubi, in cui rapimenti, violenza e crudeltà la fanno da padrone.
Al mattino non ne ricordava i dettagli, ma conservava la sensazione di essere trascinato verso un orrore indicibile, da cui rischiava di non svegliarsi più. Era al luna park. La carcassa metallica del bruco si alzava al di sopra dei baracconi, e il sogno lo invitava a seguirla. L’orrore si annidava lassù, e lo aspettava per divorarlo. La seconda volta comprese di esserci andato vicino, e che la terza gli sarebbe stata fatale. Lo avrebbero ritrovato morto nel suo letto, e nessuno avrebbe capito che cosa gli fosse accaduto. Allora decise di rimanere sveglio: Naturalmente non ci riuscì mai del tutto, il suo sonno smanioso fu visitato da nuovi incubi, dietro i quali temeva si nascondesse quello del luna park e del bruco. Fu in quel periodo che scoprì di avere paura di dormire.
Carrere si prende tempo per disegnare la psicologia e la personalità del piccolo protagonista. Un bambino che vuole scomparire nella notte, ma che vuole anche trovare qualcuno che lo veda, che si prenda finalmente cura di lui. E che per farlo è disposto a manipolare la realtà, a dare spazio alla sua immaginazione, infondo le parole servono anche a creare ciò che non esiste.
Mano a mano che le pagine scorrono si fa strada il dubbio che queste sue morbose e malate fantasie non dipendano solo da un’immaginazione galoppante ma da qualcosa che ha visto o sentito e che ha iniziato a lavorare nella sua testa.
La narrazione procede in un crescendo in cui costruzione mentale e realtà finiscono inevitabilmente per scontrarsi, originando un finale scioccante.
Un libro inquietante che scava poco a poco nella mente del lettore, attraverso un’infinità di “non detto” ed ambiguità. Un horror psicologico che insinua in chi legge un senso sempre più strisciante di disagio. Pagina dopo pagina sale l’angoscia. Chi legge si sente come una mosca imprigionata in una tela di ragno, che sa che il colpo fatale arriverà, ma non so né da chi, né come.
Carrere tramite una scrittura asciutta, precisa, chirurgica, non indulge all’empatia, non cerca di generare pietà per il suo piccolo protagonista, ma trascina dentro l’incubo che Nicolas sta vivendo. Tramite vivide pennellate cattura l’attenzione totalizzante del lettore, lasciandolo infine confuso e smarrito. Tra queste pagine, forse perché protagonista è un bambino, l’autore francese dimostra maestria nella capacità di descrivere il male, che si insinua, si fa ombra, compare e scompare, riaffiora, sembra farsi beffe di chi cerca di combatterlo, come saprà dimostrare, in modo ancor più radicale ne L’avversario.
La neve ricopriva ogni cosa. I fiocchi continuavano a cadere, volteggiando dolcemente nel vento. Era la prima volta che Nicolas vedeva tanta neve, e dal fondo del suo sconforto provò un senso di meraviglia.
Rimase un istante sulla soglia, immobile, poi allungò una mano e un fiocco vi si posò delicatamente. Uscì.
Un romanzo disturbante che alla fine diviene devastante.
La prova, semmai ce ne fosse bisogno, di come l’horror non abbia bisogno di soprannaturale, di mostri, di creature malvagie, perché la realtà supera sempre la fantasia.
La settimana bianca di Emmanuel Carrère – Adelphi (2014) – pag. 138