Ho perfettamente nitida nella mente l’immagine di me bambina, dieci, undici anni all’incirca, che scendo da una scala, sistemandomi una gonna immaginaria e ripeto la frase finale di Via col vento: «Ci penserò domani, […].Dopotutto, domani è un altro giorno».
Da piccola non so quante volte ho visto il film alla televisione, credo che passasse e ripassasse all’infinito in quei pomeriggi domenicali lunghissimi. E così ho conosciuto la storia narrata da Margareth Mitchell. Poi, diventata un po’ più grande l’ho letta la prima volta. Poi l’ho riletta da adulta, cogliendo tante cose che all’epoca non avevo capito. E provando sinceramente anche una sorta di antipatia per la protagonista più volitiva e resiliente che la letteratura annoveri.
Perché se Via col vento è tantissime cose e dopo cercherò di sintetizzare la sua infinita bellezza, Scarlett la sua protagonista è l’elemento centrale, il sole attorno a cui ruota tutto il resto. Una donna forte e indomita, seppur carente di intelligenza emotiva. Scarlett è moderna, anticonvenzionale, piena di furore, machiavellica, proprio nella definizione del “fine giustifica i mezzi” del Principe, non ha nessuna remora morale, nessun scrupolo, nessun freno a fare ciò che è contro la sua educazione, i suoi principi pur di raggiungere il suo scopo, il suo fine che è quello di non patire più la fame. Ed è pronta a sciuparsi le mani, a cogliere il cotone, ad uccidere un uomo, a sposare chi non ama, a progettare di concedersi come amante ad un uomo che fondamentalmente disprezza, a lottare con le unghie e con i denti per non essere sopraffatta da ciò che sta accadendo, e tutto perché lei non vuole più tirare giù le tende di casa per farsi un vestito o dividere un misero pasto con tutti i membri della sua famiglia, consapevole di essere cambiata e che nulla per lei e per gli stati del Sud sarà più come prima. Lei ha un unico obiettivo: salvare Tara, quei “campi rossi solcati dall’aratro, i prati verdi di erba tenera, i fiumi gialli e sonnolenti, e le case bianche e fresche fra le magnolie”, ricostituire la piantagione di famiglia e non soffrire più la fame e per farlo è disposta a mettersi sotto i piedi tutti i fondamenti su cui è stata educata. Per gran parte del romanzo Scarlett continuerà a citare Ellen, sua madre, come un modello di virtù ed abnegazione a cui anelare ed ispirarsi, ma allontanandosene, nei fatti, sempre di più.
Quello che colpisce di Scarlett, oltre alla sua forza interiore è la totale mancanza di sensi di colpa. Scarlett non indugia a rimuginare, a pentirsi di quello che ha fatto, a soppesare: le sue scelte d’istinto. Sposa Charles pur non amandolo, solo per far tacere le malelingue, sposa Frank, “rubandolo” alla sorella, per avere i soldi necessari a pagare le tasse di Tara e lo fa a testa alta, sopportando, con noncuranza lo scandalo, gli sguardi di riprovazione, le accuse di comportamenti inappropriati. Si mette contro l’intera buona società di Atlanta con indifferenza, e disinteressandosi delle conseguenze.
E nel farlo afferma se stessa, diventa imprenditrice, prende in mano la propria vita, rivendica la capacità di amministrare un’impresa come un uomo, anzi meglio di un uomo, a testa alta.
Tutt’a un tratto l’idea di avere le stesse capacità di un uomo la riempì di orgoglio e di un desiderio irrefrenabile di dimostrare le proprie capacità e guadagnare come un uomo, avere soldi propri, senza dover elemosinare né dover rendere conto a nessuno.
Margaret Mitchell non solo mette al centro della scena una donna rivoluzionaria e modernissima, ma è bravissima nel tratteggiare l’evoluzione e il cambiamento di questo personaggio: da frivola ragazzina interessata solo a cosa indossare e a civettare con tutti i ragazzi della Contea, a donna che deve sopravvivere, ricostruire la sua proprietà e difendere la famiglia allo sbando.
Accanto a lei l’uomo che, come dice ad un certo punto Mammy, è come Scarlett “un mulo bardato da cavallo”. Un reietto, un approfittatore, un uomo senza scrupoli che segue solo la propria coscienza, il proprio cervello, che si arricchisce grazie alla guerra, che sbeffeggia gli ideali sudisti, che è consapevole che il Sud non ha né i mezzi, né gli uomini per vincere la guerra, ma che comunque a modo suo, è intriso di quei valori. Rhett, che all’inizio appare solo come un’affascinante farabutto dalla pessima reputazione, dimostrerà invece di che pasta è fatto. Un uomo che nasconde sentimenti e dolori dietro una patina di sarcasmo e menefreghismo. Un uomo da cui Scarlett è attratta e allo stesso tempo respinta, proprio perché sono fatti della stessa pasta. I loro diverbi, le schermaglie che variano da colpi di fioretto a vere e proprie bordate caratterizzeranno l’intero romanzo. Rhett è un uomo con cui può parlare da pari, che non la tratta mai come essere inferiore, che non corre a difenderla o proteggerla, ma di cui capirà il valore e i sentimenti che nutre per lui solo quando sarà troppo tardi. Ossessionata da quell’Ashley così distante da lei. Da quella passione giovanile per un uomo di cui non capisce i valori, che continua a desiderare, con la caparbietà che la contraddistingue, pur comprendendo a poco a poco quanto è lontano da lei, quanto le sue idee, i suoi sogni, le sue passioni siano stridenti con quelli in cui si riconosce lei. E accanto ad Ashley quella Melanie, che sbiadisce al paragone di Scarlett, ma che incarna e rappresenta quelle donne fondamentalmente buone, quelle che non vedono mai il male in nessuno, che difendono a spada tratta quello in cui credono. Un’amica che non abbandonerà mai Scarlett, l’unico faro nel mare in tempesta. Un’alleanza la loro inverosimile, eppure centrale e fortissima nell’economia del romanzo.
Accanto a loro tantissimi altri personaggi, alcuni meteore, apparse in una pagina o poco più, altri ricorrenti nella narrazione, ma tutti, nessun escluso, strepitosamente caratterizzati: da nonno Merriwether a Zio Henry rinvigoriti dalla guerra, alla nonna Fontaine, capace di vedere Scarlett senza preconcetti, da Archie, uxoricida ed ex carcerato preso sotto l’ala protettrice da Melanie a Will, che da fittavolo diventerà il centro propulsore della rinascita di Tara, per non parlare del pilastro di Mammy, materna ma anche capace di comprendere la sua amatissima Scarlett e disapprovarla allo stesso tempo.
Ma se Via col vento è soprattutto un romanzo fatto di personaggi vividi ed indimenticabili è anche l’affresco della fine di un’epoca: il Sud ricco, fatto di piantagioni infinite in cui si coltiva soprattutto cotone, utilizzando gli schiavi, di ricevimenti, di chiacchiere, di visite, di momenti indolenti, di codici sociali, che verrà spazzato via dalla guerra di Secessione. Un mondo i cui abitanti sono una cerchia ristretta di aristocratici che vivono di balli, di cavalcate, di inviti. Un mondo fatuo destinato a finire che a me ha ricordato l’Ancien Régime spazzato via dalla Rivoluzione Francese. Pieni di privilegi, incuranti del prossimo, circondati di lussi, incapaci di vedere l’approssimarsi della fine.
«Succederà quel che sempre succede quando una civiltà si sgretola: le persone dotate di intelligenza e coraggio sopravvivono e gli altri lentamente scompaiono. E’ quantomeno interessante, anche se non rassicurante, assistere a un Götterdämmerung».
«Un che?»
«Un crepuscolo degli dei. Purtroppo noi del Sud, ci siamo illusi di essere dei».
I sopravvissuti dovettero rimboccarsi le maniche, iniziare a lavorare, vedere il mondo in cui erano nati e cresciuti sostituito da un mondo diverso, molto più villano, in cui i ricchi yankee imposero il loro stile di vita, i neri ottennero il diritto di voto, le prerogative della vecchia classe dirigente furono spazzate via. Alcuni ce la fecero, altri furono spezzati da un mondo che non riconoscevano.
«Ve lo dico io: perché chiniamo il capo di fronte all’inevitabile. Non siamo come il frumento, ma come il grano saraceno! Sotto la tempesta il frumento maturo si abbatte perché è secco e non si piega al vento. Il grano saraceno, invece, anche maturo ha ancora molta linfa e si piega. Cessato il vento, si rialza dritto e forte come prima. Non siamo una tribù di gente tutta d’un pezzo. Siamo molto flessibili, quando soffia il vento, perché sappiamo che la flessibilità aiuta. Nei momenti difficili, chiniamo la testa di fronte all’inevitabile, ma senza lamentarci, e lavoriamo con il sorriso sulle labbra in attesa che il venti cambi. Stiamo al gioco dei vincenti, sebbene li consideriamo inferiori, e prendiamo loro quel che c’è da prendere ma, non appena riacquistiamo le forze, ci ribelliamo a chi ha costretto a piegarci. Il segreto della sopravvivenza, bambina mia, è questo ». Dopo una pausa, aggiunse: «Non dimenticarlo mai».

E Margaret Mitchell è bravissima a descrivere questo mondo. Personalmente trovo che l’accusa che le è stata più volte rivolta di aver descritto un mondo inesistente, di aver calcato la mano su quanto i neri vivessero bene, fossero persone di famiglia, dimenticando tutti gli orrori della schiavitù, di aver edulcorato la nascita del Ku Klux Klan come necessaria a salvaguardare l’onore delle donne e difendersi dalla violenza degli schiavi liberati, sia miope. Margaret Mitchell era figlia di quel Sud, aveva ascoltato i racconti familiari che decantavano quella società idilliaca, ma nel romanzo e a più riprese mette in bocca ad alcuni personaggi la consapevolezza che quel mondo stesse declinando, che non avesse né i mezzi né la forza per vincere quella guerra. Il mondo incarnato da Ashley era un mondo destinato a finire.
Altrettanto ovvio che per noi lettori del 2025 la descrizione dei neri come bambini che hanno bisogno di essere indirizzati e guidati, perché fondamentalmente incapaci di autodeterminarsi, stia stretta e irriti profondamente.
Se qualcuno ancora non ha letto Via col vento, lo faccia, non se ne pentirà.
1200 pagine che scorrono che è un piacere, una scrittura descrittiva, vivida, con personaggi che paiono uscire dalla pagine tanto sono mirabilmente caratterizzati. Senza dimenticare che Via col vento è anche un romanzo storico, fatto di battaglie, dalla sconfitta dei Confederati, minori di uomini e di equipaggiamento rispetto agli Yankees, a Gettysburg al loro continuo ripiegamento. Dall’incendio di Atlanta, allo sbandamento della popolazione, la fame, la distruzione dei campi coltivati e la fuga dei negri dalle piantagioni di cotone.
E in questo contesto narrato magistralmente dall’autrice, spicca la protagonista femminile più rivoluzionaria, moderna, femminista mai venuta alla luce.
Via col vento è un inno alla determinazione, alla fiducia nei propri mezzi, all’idea che ogni giorno si può ricominciare da capo la propria vita. La famosa frase che chiude il romanzo “Domani è un altro giorno” è una sorta di mantra, il principio cardine che guida Scarlett anche nei momenti peggiori. Ogni volta che è stanca, depressa, giudicata, ogni volta che non ce la fa più, che sente le forze abbandonarla, si ripete che domani è un altro giorno, che domani può ripartire, ricominciare, cambiare. Un invito che possiamo accogliere e fare nostro anche noi, perché Scarlett è un personaggio che, al di là di tutto, insegna davvero tanto.
Un grande classico come diceva Calvino è quello che non ha mai finito di dire quel che ha da dire. Lo leggi, lo rileggi, ci ritorni volentieri, ci apprendi sempre qualcosa e alla fine ti lascia sempre orfano.
Via col vento di Margaret Mitchell [Gone with the Wind 1936]– Neri Pozza Editore (2021) – traduzione di Annamaria Biavasco e Valentina Guani – pag. 1194
Concordo profondamente con quello che dici. Anche io da ragazzina ho guardato mille volte il film innamorandomi di Rhett e odiando Scarlett perché non lo ricambiata… poi ho letto il libro ho amato tutto, l’evoluzione di Scarlett, l’odiata Melanie che ho rivalutato, la descrizione di un mondo che come dici tu lei romanza perché è quello della sua infanzia ma è ben consapevole di amare perché è il suo ma che è imperfetto e destinato a soccombere. Leggendo il tuo commento mi è venuto in mente il tenero e immenso amore di Scarlett per suo padre che la spinge ad amare Tara sopra ogni cosa e forse anche a idealizzare Ashley, fino a quando diventa una donna consapevole dei suoi desideri e dei suoi limiti.
Come sempre perfettamente concorde con te.
Un romanzo mondo che all’interno racchiude mille aspetti ed infinite riflessioni.
E come tutti i super romanzi ogni rilettura è una nuova scoperta