Durante la lettura dei primi capitoli de La ladra di parole la sensazione dominante è stata quella di avere un déjà vu: avevo letto le stesse cose, la stessa storia di matrimoni forzati coinvolgenti ragazzine di 14-15 anni, seconde, terze mogli di mariti molto più anziani di loro. Del loro desiderio di studiare, di farsi una vita al di fuori di quelle tradizioni arcaiche, costrette invece a dei matrimoni combinati per volere delle famiglie; oltretutto odiate dalle moglie precedenti, private di un ruolo e di una rilevanza all’interno della famiglia e gelose di quelle ragazze più giovani di loro, forse capaci di dare l’agognato figlio maschio al marito di entrambe. Lo avevo letto nelle ‘Le impazienti’ di Djaili Amadou Amal ambientato in Camerun ma lo ritrovavo lì nel racconto di Abi Darè sulla Nigeria più arcaica.
E la prima impressione è stata perplessità.
Ma andando avanti l’autrice nigeriana crea una storia di riscatto e consapevolezza, regalandoci una storia di speranza e ricordandoci, ancora una volta, il privilegio di poter studiare, elemento di cui troppo spesso ci dimentichiamo.
Quante volte è capitato che i giovani noi – oppure i nostri figli – abbiano odiato quell’istituzione obsoleta, che ci costringe seduti per ore, in balìa di professori frustrati e programmi arcaici? Senza renderci conto della fortuna enorme che abbiamo e che per gran parte del mondo non occidentale è ancora una circostanza insperata e a volte una pura illusione ed utopia? Eppure saper leggere, scrivere e studiare permette di avere una chance, la possibilità di un futuro diverso, oltre a poter ragionare con la propria testa. Perché se ci pensiamo una donna ignorante, ancor più per certi versi di un uomo, è controllabile. Una donna che non ha studiato non ha alternative al matrimonio: a volte non sa nemmeno che può esistere una vita diversa, altre possibilità. Eppure ci sono tanti paesi nel mondo dove l’istruzione femminile è vietata come in Afghanistan o rara come in tantissimi paesi dell’Africa.
Adunni la protagonista di La ladra di parole nasce a Ikati, un villaggio dove l’acqua si attinge al pozzo – non arriva aprendo un rubinetto – dove la luce elettrica c’è e non c’è, e l’istruzione è un lusso, prerogativa dei maschi. Per le bambine il futuro è il matrimonio. E non un matrimonio voluto e desiderato, ma uno imposto, spesso con un uomo vecchio, già sposato, che vuole solo carne giovane e altre possibilità di avere figli.
Adunni sogna di diventare maestra: per lei è importante poter trasmettere il proprio sapere e la sua mamma l’ha sempre incoraggiata a realizzare questo sogno. Peccato che sia morta troppo presto e il padre, rinnegando la promessa fatta in punto di morte alla moglie, la dia in sposa per poter continuare a pagare l’affitto e a mangiare. Adunni deve lasciare la sua casa, la sua vita, suo fratello, i suoi sogni ed imbarcarsi in qualcosa che non vuole e che le fa paura.
«Mia mamma mi ha detto che l’istruzione mi dava una voce: ma io non voglio una voce come le altre, Ms Tia. Io voglio una voce forte, una voce che la sentono tutti. Voglio che entro in un posto e le persone mi sentono, anche prima che ho aperto la bocca. Nella vita voglio aiutare tante persone, così, quando divento vecchia e muoio, vivo ancora nelle persone che ho aiutato. […]»
Per una serie di disavventure si ritroverà a Lagos, nella capitale immensa e caotica della Nigeria, a fare la domestica nella casa di Big Madam, una donna che si è fatta da sola, dove grazie all’aiuto di Kofi, il cuoco ghanese, l’incontro fortuito con Mrs Tia, una donna cresciuta in Inghilterra, e la biblioteca della casa dove troverà il dizionario Collins e Il libro dei fatti: Nigeria tra passato e presente – che le permetterà, e noi con lei, di apprendere tantissimi fatti sulla Nigeria -, riuscirà a migliorare il suo inglese e cercherà di acciuffare la sua chance di scrivere il proprio destino.
La ladra di parole affronta alcuni argomenti particolarmente interessanti e offre parecchi spunti di riflessione. A partire da quanto già detto sul diritto all’istruzione e la libertà che esso rappresenta per tantissimi bambini dei paesi più poveri e meno sviluppati, e in particolare per la bambine che senza istruzione non hanno altra alternativa se non il matrimonio. Un matrimonio in età adolescenziale, con un uomo molto più vecchio, aggravato, nelle società poligamiche, dalla presenza di altre mogli che spesso mal tollerano e mal sopportano la presenza di una sposa più giovane nella loro casa, attribuendole la colpa di quanto invece è un’imposizione subita ed odiata.
In La ladra di parole, però, emergono altri temi, oltre all’importanza dell’educazione, della cultura e di credere nei propri sogni, incarnati dalle altre protagoniste femminili: Khadija, consapevole che non dipende da lei se il marito ha solo figlie femmine e non l’auspicato maschio. Big Madam, che, nonostante sia una donna potente, una commerciante di stoffe, con soldi, posizione sociale e prestigio, è ancorata ad un matrimonio con un uomo fedifrago, che vive alla sue spalle, la picchia e si approfitta di lei. E perfino Mrs Tia, che accetta, per amore del marito, di sottoporsi ad un trattamento umiliante e doloroso per riuscire a rimanere incinta.
In tutti e tre i casi la responsibilità di quello che accade è solo dell’uomo ma la colpa e la sventura ricade sulle donne, perché il retaggio culturale di rimanere senza un marito accanto o di non avere figli sono più forti dell’orgoglio ferito. Una società profondamente maschilista e patriarcale dove il posto delle donne è ancora in fondo alla scala sociale, profondamente legato a riti ancestrali e senso del possesso.
Interessante poi che la lingua usata, come avverte una nota all’inizio del volume, sia il cosiddetto broken English, “ovvero l’inglese parlato da persone non madrelingua e quasi del tutto prive di istruzione, quindi caratterizzato da errori grammaticali e sintattici di vario tipo”, mantenuto superbamente nella traduzione italiana, capace di farci entrare meglio nella mente di Adunni e di farci comprendere le difficoltà immense che deve superare per raggiungere i suoi obiettivi.
La ladra di parole di Abi Darè [The Girl with the Louding Voice 2020] Editore Nord (2021) traduzione di Elisa Banfi pag. 368