Un fantasy storico troppo o troppo poco…

Questo libro ha stazionato esattamente per vent’anni in libreria, e in più di un’occasione ho avuto la tentazione di venderlo o regalarlo. Ci voleva Sara per decidermi a farlo uscire dal limbo in cui risiedeva e prenderlo in mano.

Che cosa ho trovato nelle quasi novecento pagine di Jonathan Strange e il signor Norrell di Susanna Clarke e soprattutto valeva la pena leggerlo?

Iniziamo col dire che è un libro stranissimo, fantasy ma dall’impianto storico.

La vicenda si svolge in Inghilterra all’inizio del 1800, un’Inghilterra storica, reale, dove però la magia esiste. Una magia ormai relegata a teoria più che a pratica. E maestro di conoscenze esoteriche è il signor Norrell, che non perde occasione per acquistare o scovare testi che parlino di magia, tanto che la sua biblioteca è fornitissima. Il suo scopo è quello di essere l’unico a detenere il controllo sulla magia, togliendo agli altri anche la semplice possibilità di istruirsi o conoscere il mondo magico dal momento che, secondo lui, tutti i maghi esistenti sono assolutamente inadatti ed incapaci di detenere e controllare un simile potere.

Di tutt’altra pasta, e nel momento in cui entra in scena il libro ha un’impennata e diventa molto più interessante, è Jonathan Strange, un giovane che dopo la morte del padre, avendo ricevuto una cospicua eredità, alla ricerca di uno scopo nella vita, decide di diventare mago. Per lui è una scelta come un’altra, poteva essere avvocato, magistrato, artista, invece sceglie la magia. Lo fa applicandosi e diventa successivamente allievo del signor Norrell che pur decidendo di istruirlo, centellina gelosamente i testi da fargli leggere. Ma il modo in cui i due si approcciano alla magia è totalmente diversa: tanto teorico e comunque spaventato da quello che può celarsi dietro a incantesimi o evocazioni Norrell; quanto pratico, entusiasta, desideroso di riportare in auge la magia e soprattutto di portare un aiuto concreto a chi ne ha bisogno Strange.

Dall’inizio del libro vi è poi una presenza invisibile, un uomo dai lunghi capelli bianchi, uno spirito che in realtà è stato lo stesso Norrell a risvegliare, evocandolo per far tornare in vita la giovane promessa sposa di Lord William Pole, nobiluomo che sarà determinante per il successo e la fama di Norrell. Un uomo che vuole fare re il valletto di Lord Pole, Stephen Blake, e che costringe quest’ultimo ogni sera a partecipare a dei misteriosi balli a cui è presente anche Lady Pole nello strano castello di Senzasperanza.

Quando il governo chiede aiuto ai maghi per contrastare Napoleone, Jonathan Strange parte per la Spagna, dove finisce per aiutare Wellington, dando sostegno alle truppe, creando scompiglio, facendo apparire e sparire strade, foreste, facendo piovere e nel contempo vivendo l’esperienza della dura vita militare.

Al ritorno in Inghilterra la frattura che già esisteva tra i due diventa sempre più evidente e l’allontanamento tra Norrell e il suo allievo si concretizza.

Per Strange la magia non è solo argomento di studio ma deve tornare ad essere viva a scorrere nella vita quotidiana, con i pochi mezzi a sua disposizione, visto che tutti i testi di studio appartengono a Norrell che non ha nessuna intenzione di condividerli con Strange, cerca di utilizzare gli strumenti a sua disposizione per evocare uno spirito che lo possa aiutare nella sua missione. E questa evocazione porterà non poco scompiglio e creerà a cascata una serie di conseguenze anche gravi.

Storia reale, Napoleone, Wellington, Giorgio III e la sua strana pazzia (le pagine che raccontano l’incontro di Strange con il re e il suo desiderio di aiutarlo in qualche modo, allontanandolo dal controllo ferreo e dal trattamento che gli infliggevano i suoi medici, mi ha ricordato lo sceneggiato La regina Carlotta nato dalle costole della serie Bridgerton), Lord Byron e il suo viaggio in Italia, l’anno senza estate, Venezia, si intrecciano alla storia di Re Corvo, alla mitologia fantastica che popola il folklore inglese.

Un fantasy di quasi mille pagine, scritto come un romanzo storico di fine Ottocento, che ci mette troppo tempo ad ingranare, che si perde in mille rivoli, con un eccessivo uso delle note a piè di pagina, che vogliono rendere gli elementi fantasy come reali, storicamente accaduti, ma che non fanno altro che appesantire ulteriormente la narrazione.

Susanna Clarke nel suo primo romanzo scrive un’opera ambiziosa, inserisce storia, folklore, avventura, scontri epici, posizioni diametralmente opposte, magia e realtà e frulla tutto in un romanzo che alla fine risulta veramente eccessivo. Troppe pagine, troppi filoni narrativi, troppe descrizioni, troppi personaggi, troppi intrecci, una parte iniziale di quasi seicento pagine, una narrazione che stenta ad ingranare e si perde in infinite digressioni. Un protagonista a dir poco noioso, pedante e irritante come il signor Norrell e uno scombinato e assurdo come Jonathan Strange e un’infinità di altri personaggi che appaiono e scompaiono per poi ricomparire cento e più pagine dopo…

Per rispondere alla domande iniziale: valeva la pena leggerlo? Ni. Bello, ma… Fantasy, ma… Appassionante, ma … Troppo lungo, troppo lento, troppo descrittivo, insomma troppo e allo stesso tempo troppo poco.

Un romanzo sfibrante, che personalmente non è mai diventato avvincente, non mi ha mai catturato e che mi ha lasciato un senso di incompiutezza una volta finito.

Una fatica che alla fine non mi ha ripagato.

Jonathan Strange e il signor Norrell di Susanna Clarke [Jonathan Strange & Mr Norrell 2004] – Edizione Mondolibri (2005) – traduzione di Paola Merla – arricchito da ventisette illustrazioni di Porta Rosenberg – pag. 887

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