Una storia potente

Come il fiume, l’esordio letterario di Shelley Read, è un romanzo di estrema potenza, per la storia che racconta, per i temi che vengono fuori durante la lettura, ma soprattutto per la capacità dell’autrice di immergere il lettore completamente nella storia, di far soffrire con la sua protagonista, trasportandolo tra le pagine. Questa abilità emerge fin da subito, dalla descrizione del piccolo paese del Colorado in cui la vicenda si svolge e della comunità coesa ma diffidente, pronta a portare cibo e consolazione in caso di necessità ma anche a giudicare senza appello lo straniero, il diverso, lo strambo. Siamo nel 1948 a Iola piccolo borgo rurale e il paese, che, dopo pochi anni, scomparirà nel fondo di un lago, pullula ancora di vita, abitanti e braccianti che accorrono nel periodo del raccolto.

Ma dal fienile fino alla recinzione posteriore la nostra terra esibiva l’unico pescheto di tutta la contea di Gunnison, e i frutti vi crescevano polposi, succosi e dolci. Il confine orientale della proprietà era delimitato dalle rive sinuose del Willow Creek, con la sua acqua ghiacciata proveniente dalla neve di montagna ansiosa di riversarsi sui nostri alberi e sui modesti filari di patate e cipolle. Di notte, il torrente cantava una ninnananna fuori dalla finestra della mia camera, cullandomi finché non mi addormentavo nel letto di legno con le gambe e le sbarre della testiera affusolata in cui avevo dormito quasi tutte le notti della mia vita.

Victoria è una ragazza di diciassette anni che già ha dovuto affrontare la perdita e il lutto: in un’incidente ha perso la madre, la zia e il cugino, ritrovandosi unica donna a gestire la fattoria e il pescheto orgoglio e gloria della famiglia. Il padre dopo aver perso la moglie si è chiuso ancor più in se’ stesso. Lo zio, reduce della seconda guerra mondiale, menomato e infelice affoga la disperazione e l’inutilità della sua vita nella bottiglia. E il fratello, senza più la madre a fare argine, è sempre più incontrollato ed aggressivo. La giovane non ha tempo per andare a scuola o dedicarsi alle amicizie, deve dedicarsi alle mille incombenze quotidiane. L’incontro fortuito con Wil, un nativo americano cambierà per sempre il destino di entrambi. Ma in un paesino dove tutti si conoscono, e dove l’ignoranza e i pregiudizi la fanno da padroni, la frequentazione con un “pellerossa” non è accettabile. Echeggia, seppur non centrale rispetto alla narrazione, la tragedia dei nativi, cacciati dalle loro terre, invisi e visti con sospetto, accusati di qualsiasi crimine.

Al centro del romanzo, oltre a pagine di descrizioni che paiono affreschi resi magnificamente sulla pagina – pare davvero di veder muovere l’ala di un insetto o il colore di una foglia -, si staglia la figura della protagonista Victoria. Giovane eppure impavida, coraggiosa anche senza sapere di esserlo, pronta a fare scelte coraggiose pur di vivere a modo proprio. Un personaggio resiliente e solitario, che non ha paura di affrontare il silenzio e la vita in mezzo alla natura, che la metterà in più occasioni alla prova né di portare aiuto alla “stramba” del paese, la donna che vive isolata da anni, che non parla e vive circondata da animali. Victoria non esita neppure a spostare il pescheto di famiglia rimettendo in gioco tutto anche a costo di fallire.

Sì, Zelda aveva ragione nel sostenere che io, come il mio frutteto, avevo resistito in una nuova terra, sradicata dalle circostanze eppure capace di andare avanti lo stesso. Ma avevo anche vacillato ed ero caduta, avevo perso la mia determinazione e mi ero rifugiata nella paura più volte di quante potessi contarne. La forza, avevo imparato, era come il terreno di questa foresta, fatto di piccole vittorie e infiniti errori, di ore di sole seguite da temporali improvvisi che abbattevano tutto. Siamo tutti uguali, se non altro per il modo straziante e bellissimo in cui cresciamo, un imprevedibile pezzo per volta, cadendo, liberandosi dalle macerie, rialzandoci, e sperando in bene.

Un romanzo in cui il femminile impera nella sua natura più costruttiva e feconda, non solo la protagonista Victoria, ma anche Ruby-Alice, la reietta che non perde la sua umanità, Zelda moderna e spregiudicata ma anche piena di lutti interiori e Inga Tate che sa accogliere e lascia andare.

Shelley Read ci regala ritratti di donne indimenticabili e una storia potente, toccando nel contempo tanti temi importanti dal razzismo alla solidarietà, dalla forza che scaturisce nei momenti meno prevedibili all’importanza delle radici, dalla maternità negata alla necessità del cambiamento, e fa riflettere sulla forza generatrice ma anche distruttrice della natura.

Come il fiume di Shelley Read [Go As a River 2023] – Corbaccio (2023) – traduzione di Elisabetta De Medio – pag. 313

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