Nonostante il titolo sia lo stesso dell’opera a prima vista non avevo associato il romanzo d’esordio di Scilla Bonfiglioli con uno dei dipinti che più amo. Solo grazie al post di Giorgia @leggererileggere le mie piccole e spesso distratte cellule grigie hanno unito le sinapsi e fatto il collegamento. Per questo appena fatta questa scoperta ho deciso di voler leggere questo romanzo che racconta la storia del “La sposa del vento” e del suo autore Oskar Kokoshka.
Il romanzo si apre con una scena conturbante ed ammaliante, una sorta di sogno in cui reale e immaginifico si sovrappongono e si confondono. Scena che si capirà soltanto al termine del libro. Al centro della scena Oskar Kokoshka inquieto e tormentato artista, pittore, ma anche drammaturgo, capace di dare voce ai demoni della propria coscienza e quasi presagire quanto avverrà a breve in Europa, suscitando sdegno e scandalo nel pubblico.
All’inizio del novecento, Kokoschka, iscritto alla Scuola d’Arti Applicate di Vienna, viene preso sotto l’ala protettrice di Gustav Klimt, esponente della secessione artistica viennese e assoluto punto di riferimento artistico dell’epoca. Invitato a partecipare alla prima grande esposizione di Vienna, il giovane Kokoschka, spinto dal maestro, cerca di strappare il velo di perbenismo e rappresentare la Nuda Veritas.
«La Nuda Veritas». La voce di Klimt si confuse nel rumore della pioggia. «Non mi interessa della tua tecnica, questo è il motivo per cui ti voglio: non hai paura di guardare la fragilità di Vienna, nascosta dallo splendore delle sue architetture. Mi hai detto di voler mettere in mostra il teschio che si nasconde sotto un bel viso e questo è ciò che serve a tutti noi. Ho bisogno di te».
Nell’atmosfera conservatrice e decadente della Vienna asburgica l’esposizione delle sue opere provocano scandalo, il pubblico non è abituato a visioni drammatiche e demoniache come quelle di “Okappa”, e finisce per marchiarlo come il “Selvaggio di Vienna”. Definito scandaloso e blasfemo, si allontana dalla capitale austro-ungherese e trova accoglienza in Germania dove riscuote notevole successo, collaborando con la rivista Der Sturm, fulcro e traino di correnti artistiche nuove, come l’Espressionismo.
Kokoschka è un artista tormentato, capace di vedere al di là delle apparenze, dentro l’animo umano ricolmo di sofferenza, passioni negative, visioni infernali. La sua mente e i suoi incubi, sono popolati da “portatori di sogni”, ombre demoniache su cui domina Lilith, un demone femmina –la signora dell’aria e la sposa del vento– che lo tiene ostaggio della sua stessa arte. L’artista è dotato di una sorta di Terzo Occhio che gli permette di disinteressarsi della fedeltà esteriore al modello, nello sforzo di coglierne l’essenza vitale, distruggendo le apparenze per mettere a nudo l’anima.
La furia dell’artista, il suo mondo popolato di visioni, la presenza costante di Lilith che pare quasi prendere possesso del corpo dell’uomo sono descritti magistralmente dall’autrice, che intrappola il lettore nelle ossessioni deliranti di Kokoshka, che aumentano a dismisura nel momento in cui conosce Alma Mahler, vedova del compositore Gustav Mahler. Alma diventa la sua musa, il soggetto del suo lavoro, il suo credo. La loro è una relazione inquieta, violenta. Un rapporto morboso e totalizzante, devastante per entrambi: geloso fino allo sfinimento lui, oppressa dalle ossessioni dell’uomo lei.
E questa loro passione viene ritratta nel capolavoro del pittore: La sposa del vento realizzata nel 1914. Il pittore e la sua amante sono rappresentanti in una barca o guscio mentre tutto intorno turbinano le forze del vento e dell’acqua in un fantastico scenario, dipinto nei toni dominanti del grigio e del blu. Il colore dato con dense pennellate si fa impetuoso e crea un alone spumoso e in movimento, quasi una risacca, attorno ai due amanti adagiati. Kokoschka riesce a concretizzare nell’immagine il sogno, la visione e a dare la sensazione dell’andamento ondoso, la forza rotatoria ondeggiante e drammatica che si contrappone alla calma dell’abbraccio dei due amanti.
L’autrice ci trasporta nella Vienna di inizio secolo scorso e ci porta a conoscere il gruppo di artisti che ruota intorno a Gustav Klimt e ad Oscar Kokoschka: Adolf Loos, Herwarth Walden e Else Lasker-Schüler, Carl Moll, Hans Posse, restituendo al contempo la sensazione della coltre temporalesca che si avvicina.
«Quest’epoca sta finendo sotto i nostri occhi, Oskar. La delicatezza e lo sfarzo di cui Vienna non riesce a fare a meno non sono altro che un trucco di scena ostinato. Viviamo in un mondo che è arrivato al tramonto».
Tutto deflagrerà poco dopo con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Conflitto a cui parteciperà l’artista, uscendone ferito nel corpo e devastato nell’anima, ossessionato da Alma, dalla fine della loro relazione, dai demoni sempre più insistenti e striscianti nella sua mente, fino alla realizzazione di un manufatto inquietante e sconvolgente – una bambola dalle dimensioni e fattezze di Alma – che riuscirà a liberarlo una volta per tutte da tutte le sue angosce.
Scilla Bonfiglioli, appassionata di storia dell’arte, riesce a catturare il tormento dell’artista, l’incantesimo dell’ispirazione, che per essere libera di esprimersi totalmente arriva a stringere un patto con la follia. L’artista deve, infatti, essere libero di arrampicarsi dove agli altri è negato l’accesso, di penetrare nel mistero, facendosi solleticare dai propri fantasmi, rendendo vivi i propri incubi. E ci regala la storia di un capolavoro, in un omaggio al suo autore e ad un’epoca che si dissolve nella follia della guerra.
La sposa del vento di Scilla Bonfiglioli, Fazi Editore (2024) pag. 326