Tom Lake: l’elogio delle piccole cose

Tom Lake di Ann Patchett è un romanzo agrodolce che nel narrare la storia di una famiglia, parla anche di tanto altro: di teatro, di vita, del peso delle scelte e soprattutto della bellezza delle piccole cose.

Nel frutteto di famiglia, tra alberi di ciliegio, una madre e tre figlie, approfittando del tempo che gli ha “regalato” la pandemia” si confrontano forse per la prima volta. Perché in ogni famiglia ci sono ricordi condivisi, che spesso diventano leggende, certezze e malintesi nati da idee che non corrispondono esattamente alla realtà.

«Non è mai stata questa la storia» rispondo io. «Sarà stata la storia che vi siete raccontate voi ma non è quella che vi abbiamo detto noi.» Nel corso degli anni ho raccontato che a Tom Lake frequentavo Duke. Nel corso degli anni ho raccontato che il loro padre e io ci siamo conosciuti a Tom Lake. Ciò di cui mi rendo conto in questo momento, e anche Joe se ne rende conto, è che forse non abbiamo mai raccontato altro che questo. O forse sono bambine che guardano i loro genitori, e quindi le nostre vite sono cominciate quando sono cominciate loro e tutto il resto l’hanno colorato come volevano, con pastelli a cera.

E così mentre raccolgono ciliegie lungo file e file di alberi, la madre rievoca la sua vita, sfrondandola di tutti gli abbellimenti e le false verità che via via sono state inserite nella storia.

La narrazione, che procede su piani temporali diversi, inizia quando Laura ha solo sedici anni e sta dando una mano nella gestione delle audizioni di una produzione “dilettantistica” di Piccola città di Thornton Wilder. A forza di vedere provini, si convince che pur non essendo attrice, pur non avendo frequentato nessuna scuola o corso, pur non sapendo che cosa debba fare un’attrice, sa sicuramente che cosa non si deve fare in scena, ed è il caso che salga lei sul quel palco e provi ad ottenere la parte. Così, dopo aver rinunciato alla U nel suo nome, ed essere diventata Lara, ottiene il ruolo di Emily. Una Emily talmente perfetta che la porta via dal New Hampshire e dalla sartoria della nonna per depositarla a Los Angeles, dove gira un unico film, e poi a Tom Lake, vivace centro del Michigan celeberrimo per le sue stagioni teatrali estive e trampolino di lancio per talenti emergenti d’ogni sorta.

Tom Lake è la storia del periodo “d’oro” di Lara, del suo esordio, del suo talento, dell’amore per il fascinoso ma inattendibile Peter Duke, divenuto successivamente un divo di Hollywood, della possibilità che la ragazza ha avuto di diventare un’attrice famosa, ma anche la fotografia di una famiglia normale, che vive e lavora in una fattoria che va avanti tra pochi guadagni e l’eventualità, neanche troppo remota, che il maltempo o la siccità spazzino via mesi e mesi di duro lavoro. E’ anche il racconto di un luogo magico e speciale, dove chi arriva si sente accolto e sogna di tornarci prima o poi.

«Continuate a camminare» ci esortò Joe. Sperò le tsughe e i pini strobi e le querce rosse che non erano mai stati abbattuti o bruciati. Superò le rocce giganti, i maglioni muscosi. Sentimmo il profumo dei ciliegi, e poi del muschio e dell’acqua, e infine il bosco si aprì inaspettatamente su una spiaggia della Grand Traverse Bay del lago Michigan. Joe ci aveva portato ai confini del mondo.

Nello scorrere dei ricordi di Lara si sovrappongono i sogni delle tre figlie Emily, la più grande, che ha studiato agronomia e che vuole prendere in mano l’azienda agricola, la più ribelle ma anche quella che vuole seguire un destino fatto di fatica e pochi risultati, che vuole sposarsi con il ragazzo che ama da sempre.

Maisie, che studia veterinaria e cura gli animali di tutti i vicini di casa, la più determinata e sicura, quella che è resistente e razionale, con cui si può discutere senza paura delle conseguenze.

Infine Nell, la più piccola, che sogna di fare l’attrice, che non intende rimanere nel Michigan, che ama la sua terra ma si sente limitata e costretta a rimanere lì, che è anche quella che meno capisce perché la madre abbia scelto di rinunciare ad una possibile gloria per finire in una fattoria.

Con Maisie posso discutere, perché è forte e razionale. Avrò sempre paura di risvegliare la parte di Emily che è rimasta latente in me. Avrò sempre paura di rompere per sbaglio qualcosa di fragile e puro in Nell. Maisie invece è abbastanza resistente; nessuno avrà mai di che preoccuparsi per Maisie.

Tom Lake ci porta in una sorta di tempo sospeso, non solo quello della pandemia, ma anche quello del teatro dai provini al debutto, al ripetersi sera dopo sera della rappresentazione. Il racconto delle prove, del dietro le quinte, quel microcosmo irreale eppure realissimo in cui finzione e realtà si intrecciano, dove nascono amori, dove la vita a volte prende il sopravvento e neanche nel modo migliore.

Tom Lake è però soprattutto la scelta di Lara, la sua decisione di allontanarsi da un futuro almeno potenzialmente luccicante, che non porta con sé rimpianto e rammarico ma consapevolezza di aver fatto la scelta giusta, di essere dove vuole essere, pienamente, accanto alle tre figlie e ad un marito Joe che non avrà il fascino del divo cinematografico ma ha la solidità, l’affabilità, il calore dell’amore vero.

Tom Lake è un romanzo lento, ma mai noioso, senza grossi colpi di scena né stravolgimenti, nonostante ad un certo punto si possa quasi credere che tra le pagine si nasconda una grossa rivelazione o un segreto di famiglia gelosamente custodito.
Eppure il romanzo di Ann Patchett non è nulla di tutto questo, ma è un inno alla vita, alle scelte fatte col cuore, alla famiglia, agli affetti.

Un’ultima annotazione, a noi lettori europei Piccola città di di Thornton Wilder non dice praticamente nulla e si rimane piuttosto spiazzati soprattutto all’inizio del libro, in cui l’autrice dà per scontato che il lettore conosca la storia rappresentata, metafora dell’elogio delle piccole cose, nonché riflessione sulla morte e sulla quotidianità. L’opera, inoltre, è un pilastro della drammaturgia americana, un classico inserito nella programmazione scolastica.

Tom Lake di Ann Patchett 2023 – traduzione di Michele Piumini e Valeria Gorla – Ponte alle Grazie (2024) pag. 381

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