Okonkwo è un uomo coraggioso e fiero, conosciuto nei nove villaggi e anche oltre.
Inizia così, con la presentazione del personaggi principale, Le cose crollano di Chinua Achebe, romanzo simbolo della Nigeria, metafora dei cambiamenti inesorabili e definitivi della cultura e della civiltà autoctona a seguito della colonizzazione del continente.
Il romanzo diviso in tre parti ci porta prima in un mondo estremamente lontano dal nostro. Un luogo fatto di riti, tradizioni, credenze e costumi atavici, in cui il mondo è intriso di magia.
Okonkwo è un uomo che deve affermare tutto il suo valore e la sua prestanza per dimostrare di non essere come il padre, pigro, povero, amante della musica e dedito a gustarsi la vita. Per questo lui rivendica di essersi fatto da sé, instancabile lavoratore e temuto guerriero, poiché è così che deve essere un uomo che si rispetti. Lui è riuscito a costruirsi capanne, campi di ignami, ad avere mogli, figli, capre. Non è un “efulefu”, un “buono a nulla”, anzi proprio grazie alla caparbietà e ambizione, è riuscito a liberarsi della pessima reputazione del padre, acquistando rispetto e considerazione da parte degli altri membri del clan e diventando un personaggi di spicco ad Umuofia, immaginario paese igbo sulla sponda orientale del fiume Niger.
La sua vita è scandita dai ritmi lavorativi, le celebrazioni dei riti sociali, fino a quando, a causa di un suo comportamento, viene bandito dal villaggio e deve tornare al villaggio di origine della madre. Questo esilio che priva Okonkwo del prestigio e della rilevanza che aveva ma anche della possibilità di dire la sua quando ad Umuofia arrivano i primi missionari bianchi, accolti con diffidenza ma pronti ad insinuarsi poco a poco nel tessuto sociale delle tribù.
Da lì alla nascita degli stati coloniali il passo è breve. Nel giro di pochissimo vengono costruite strade e ferrovie, eretti tribunali, scuole, chiese, prigioni, a cui le popolazioni autoctone sono costrette ad adattarsi. Un cambiamento radicale e altrettanto repentino e inesorabile che porta al disfacimento di quella società che per secoli ha mantenuto inalterata la propria identità. Per secoli l’Africa è stata, infatti, un continente popolato perlopiù da tribù le quali, a causa della notevole estensione del territorio nonché di una vegetazione che non facilitava gli spostamenti, si incontravano sporadicamente. Non esistevano città, ma solo villaggi di capanne di fango e paglia, in quanto la popolazione era nomade.
Le cose crollano è il racconto di un cambiamento sociale drastico e impietoso, della perdita di un’identità lunga secoli, raccontata attraverso le vicende di un antieroe degno delle migliori tragedie classiche. Un protagonista per nulla affabile, anzi scorbutico e scontroso, non corrispondente allo stereotipo comune dell’eroe, eppure capace di far comprendere perfettamente il crollo e la disintegrazione della società arcaica africana spezzata e spazzata via dall’onda europea.
Un crollo che è quello dell’identità di un popolo, delle sue tradizioni e credenze, di tutto ciò che fa di un popolo una società, ma anche il crollo di un uomo, la sua identità, la sua fede, il crollo di tutto ciò in cui crede e in cui si riconosce.
E una domanda che alla fine resta senza risposta: davvero la cultura, la religione, gli usi imposti dagli occidentali sono migliori di quelli africani?
“L’uomo bianco capisce le nostre usanze riguardo la terra?” – “Com’è possibile, se non parla neanche la nostra lingua? In compenso dice che le nostre usanze sono malvagie; e lo dicono anche i nostri fratelli che hanno abbracciato la sua religione. Come pensi che possiamo combattere se i nostri stessi fratelli si sono rivoltati contro di noi? L’uomo bianco è molto intelligente. E’ arrivato tutto pacifico con la sua religione. La sua stupidità ci ha fatto ridere e l’abbiamo lasciato stare. Adesso ha conquistato i nostri fratelli, e il nostro clan non può più agire di comune accordo. L’uomo bianco ha premuto il coltello sulle cose che ci tenevano uniti e ci siamo divisi.”
Racconto di grande efficacia, che immerge il lettore negli usi e costumi degli igbo, tanto distanti e perduti quanto ammalianti e suggestivi, utilizzando tempi e stilemi narrativi del racconto popolare, con il ritmo pacato e musicale del racconto intorno al fuoco, evocando suoni, odori, colori di una Nigeria che Chinua Achebe vuole di proposito lasciare in un tempo indefinito, quasi stia narrando uno dei tanti miti ancestrali al quale i protagonisti della storia sembrano non voler più prestare ascolto. E grazie all’uso di proverbi, che aiutano a connotare i tratti culturali del clan, di leggende e metafore, nonché all’inserimento di moltissimi termini in lingua igbo intraducibili ma ricchi di significato, si entra pienamente nella storia che l’autore nigeriano vuole raccontare.
Le cose Crollano è generalmente considerato il più importante romanzo della letteratura africana, pubblicato per la prima volta nel 1958, e tradotto in oltre 50 lingue, con più di 10 milioni di copie vendute in tutto il mondo ed è adottato come libro di testo in moltissime scuole africane.
Il titolo originale del romanzo, Things Fall Apart è tratto dalla poesiaThe Second Coming di W. B. Yeats.
Le cose crollano di Chinua Achebe, Things Fall Apart traduzione di Alberto Pezzotta La nave di Teseo (2016)