L’amore che fa male

Che dire di questo romanzo che ho letto già tre volte ricavandone ogni volta impressioni diverse?

La donna di Gilles di Madeleine Bourdouxhe, pubblicato nel 1937 da Gallimard ed accolto da critiche molto favorevoli, non è un romanzo che lascia indifferenti.

Già dalle prime righe, dalla cura che Elisa mette nel preparare la cena al marito, veniamo immediatamente catapultati nel suo mondo. Nell’universo di una donna che ha messo al centro il suo uomo. Elisa lo ama, totalmente, incondizionatamente, tutti i suoi gesti, tutti i suoi desideri, persino l’amore verso i suoi figli sono catalizzati dal sentimento che prova per lui.

Un amore così totalizzante che nel momento in cui si rende conto che tra il marito e la sorella Victorine, frivola e superficiale, sta nascendo qualcosa, si sente sommergere da questa consapevolezza. Annientata, annullata dal fatto che il marito possa provare per un’altra quello che dovrebbe provare per lei, schiacciata dalla certezza che «Gilles non mi ama più». Cosa può fare di fronte a quel fatto incontrovertibile e al tempo stesso terribile? Non può trovare appoggio in lui: Gilles, in questo caso, non può più aiutarla né sostenerla.

Da quel momento la vita di Elisa pare assestarsi in questa cognizione.

Dopo qualche giorno, però, Elisa, era riuscita a riprendere senza cedimenti il ciclo di occupazioni che costituivano il suo tran tran settimanale. A poco a poco la catastrofe aveva perso ai suoi occhi il carattere esacerbante della rivelazione. Tutto quanto la circondava non aveva più quell’aspetto terribile di rivolta o di incredulità.

Una coscienza che cresce nell’immagine del marito annichilito dall’amore che prova per Victorine, «La ama…» pensò. «Come la ama!», e che la fa decidere di diventare una sorta di spalla, di confidente per lui, di rimanere al suo fianco, di sostenerlo, nella speranza che questa passione si plachi e lui torni a guardarla come faceva prima.

In questa lotta Elisa è sola né la madre, né il prete quando cerca conforto in loro, le rivolgono un gesto gentile, di comprensione o di affetto. E’ sola assolutamente sola in questa battaglia contro se stessa e contro il mondo, si rende conto che la gente mormora, che le malelingue hanno già cominciato a sforbiciare e a dare il loro giudizio su quanto accade. L’atteggiamento incurante, addirittura sprezzante della sorella la ferisce, sembra addirittura indifferente del male che fa, come se non la riguardasse.

Per Gilles, Elisa è e resta sua moglie, ma è per Victorine che sente un fuoco, un gran fuoco, che gli fa perdere il lume della ragione, che lo rende incapace di controllarsi, che non lo fa dormire la notte, che lo porta ad inseguire la cognata, di cui non si fida, perché sa che per lei ci sono altri uomini, altre relazioni.

Madeleine Bourdouxhe riesce tramite poche pennellate a descrivere la vita di una cittadina belga, il grigiore, il fumo delle ciminiere, il lavoro estenuante degli operai costretti a turni massacranti, ma anche a raccontare la vita di Elisa, la sua infanzia, la sua giovinezza, la nascita dell’amore per Gilles, lo sbocciare del loro amore.

E descrive magistralmente la tempesta dell’animo della donna, il senso di fallimento che prova quando la sua vita che orbita intorno ad un idillio domestico si disfa nella consapevolezza del disamore.

Amore… dove sei, amore? Non ci sei più. Eri dentro di me, e io non ero altro che te. Amore? Niente. Io non sono niente. Apparenze, miraggi, speranze, forme mutevoli del mondo… la vita continua… Dove sei, Elisa? […] Ma chi è Elisa? Non riconosco più questa donna… non sono più niente. La moglie di Gilles? Oh, amore, perché mi hai abbandonata…

La sua è una scrittura essenziale, scarna, che cesella ogni singola parola e riesce a restituire l’intero mondo di Elisa e della sua ossessione d’amore. E riesce a farlo anche attraverso cambi di prospettiva: l’io narrante spesso ragiona con la testa di Élisa, a volte interloquisce direttamente con i personaggi, altre volte diventa quello di Gilles, e gli stessi tempi verbali passano dal passato al presente storico, che serve

a sottolineare alcuni passaggi particolarmente importanti del romanzo, quasi estraendoli dal flusso narrativo ordinario per conferire loro un carattere singolare con una sorta di ”intensità cinematografica”.

Ed interessante notare come il titolo originale del romanzo sia La femme de Gilles, «Se avessi voluto dire soltanto “moglie” avrei usato la parola “épouse”…» come dichiarò l’autrice stessa. Élisa non è solo una moglie, ma è una donna, la donna di Gilles, e vuole continuare ad esserlo pienamente, sia pur nel contesto matrimoniale.

La prima volta che ho letto La donna di Gilles ho trovato incomprensibile la protagonista. Passiva, inerte, addirittura accomodante di fronte ad una situazione che invece, a mio parere, necessitava fuoco e fiamme, ribellione. Ero forse troppo giovane per comprendere le sfaccettature dell’animo di Elisa, la sua ossessione d’amore, il suo annullarsi completamente nell’amore del marito, al punto da arrivare a sostenerlo quando lui la tradisce con la sorella.

L’ho riletto un paio d’anni fa e ho ho sofferto con Elisa, ho sentito la sua fragilità, il suo amore che si annienta nella speranza di raddrizzare una situazione ingestibile. Ho compreso il suo dolore, la sua impossibilità ad agire in altro modo.

L’ho riletto una terza volta, assaporando le parole, le immagini che avevo tralasciato, e ho amato ogni singola pagina.

Perché La donna di Gilles è una storia bellissima, seppur tristissima, dalla prosa poetica ed evocativa, che apre uno spiraglio sulla complessità dei sentimenti e le infinite sfumature del dolore e dell’amore.

La donna di Gilles di Madeleine Bourdouxhe [La femme de Gilles 1937] – Edizione Mondolibri (2002) – traduzione Graziella Cillario – pag. 148

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