Per me tornare a Fairy Oak è come tornare a casa. Un posticino delizioso, dalle case di pietra, con il mare davanti e le montagne dietro, una valle nascosta dove le persone si conoscono tutte e dove al centro del paese regna Quercia con il suo vocione, che accoglie i viaggiatori, spaventa le fatine e intrattiene tutti con le sue chiacchiere.
“Fairy Oak era un villaggio molto grazioso. Le case di pietra avevano verande e giardini fioriti, protetti da muri ricoperti di more e rose selvatiche. Gli abitanti erano quasi tutti gentili e c’erano tanti, tantissimi bambini. Una cosa in particolare, però, rendeva il villaggio davvero speciale: a causa di un antico incantesimo, o forse per volere delle stelle del Nord, Fairy Oak era l’unico posto, di tutti i mondi reali e incantati, dove umani, umani con poteri magici e creature magiche vivevano insieme, mescolati da tempo in perfetta armonia. Streghe, fate, maghi abitavano le case di Fairy Oak come normali cittadini, e tali si consideravano in quella comunità.”
Un luogo magico per il paesaggio, che a me ricorda le atmosfere della Scozia, ma soprattutto per l’armonia che vi si respira. Lì da sempre convivono, senza particolari tensioni, magici e non magici. E fra le streghe e i maghi alcuni hanno poteri derivati dalla luce (come creare, curare, aggiustare), altri dal buio (tagliare, volare al buio, diventare invisibili).
La storia inizia con la nascita di due gemelle, a dodici ore di distanza l’una dall’altra, Pervinca, soprannominata Vì, affidabile e impavida, ribelle e intelligente, precoce e imprevedibile, e Vaniglia, soprannominata Babù, gentile e dolce, sincera e luminosa, ma anche coraggiosa e testarda. La prima è una Strega del Buio, la seconda della Luce.
Nel paese i bambini vengono affidati alla nascita a delle fatine, provenienti da paesi lontani, dai nomi impronunciabili. I nomi delle fate sono così lunghi e complessi e difficili da ricordare, perché pronunciando il nome per intero la si obbliga ad ubbidire.
La Fata Tata delle gemelle è Sefeliceleisaràdircelovorrà, ribattezzata Felì.
Nei primi tre libri della serie: Il segreto delle gemelle, L’incanto del buio e Il potere della luce è raccontata la lotta delle due sorelle e dell’intero viaggio contro un potere oscuro pronto ad inghiottire Fairy Oak e la sua comunità.
Le gemelle Periwinkle insieme alla coloratissima Flox, l’incantevole Shirley, Grisam Burdock, Acanti, Robin, Nepeta e tutti i loro amici, tornano successivamente in altre avventure auto-conclusive che approfondiscono la storia di alcuni personaggi: Capitan Grisam e l’amore, Gli incantevoli giorni di Shirley, Flox sorride in autunno e Addio Fairy Oak.
A distanza di 15 anni Elisabetta Gnone ha deciso, poi, di regalare agli affezionati lettori delle due gemelle, una nuova avventura legata alla ricerca delle origini di Fairy Oak, La storia perduta.
La nuova insegnante di storia ha infatti affidato ad ogni alunno un compito speciale: oltre a disegnare il proprio albero genealogico, occorre scoprire chi ha fondato il paese, visto che le versioni possibili sono addirittura tre. Tra ricerche in biblioteca, comparazione di storie e tradizioni locali, e soprattutto possibili avvistamenti di una balena, che la leggenda vuole tocchi le coste di Fairy Oak ogni duecento anni, si snodano le giornate delle gemelle e di tutti i loro amici, un gruppo eterogeneo e appassionato che si ritrova nel museo dedicato al Capitano Talbooth.
Infine in questo nuovo, e per ora ultimo, capitolo, per la prima volta, la storia non è raccontata da Felì ma dalla stessa autrice che regala a chi già conosce la storia tanti aneddoti, qualche dietro le quinte e soprattutto il piacere di ritrovare vecchi amici.
Ho letto tutti i libri dedicati a Fairy Oak e ne ho sempre apprezzato l’atmosfera di calore che riescono a trasmettere. Una serie che amo molto, che ho letto prima da sola, poi ad entrambi i miei figli, che unisce avventura, divertimento a tanta tenerezza. In questo piccolo villaggio in cui tutti si conoscono, che convive da sempre tra amicizia e rivalità, la magia fa parte dell’esistenza, le piccole fatine tate scorrazzano di qua e di là per controllare e proteggere i piccoli che gli sono stati affidati, e chi legge viene trasportato magicamente lì e sogna che un luogo così esista. Sono libri che definisco coccola, perché nel leggeri ci si sente come avvolti in una coperta, con una tazza di té caldo in mano, con un fuoco scoppiettante davanti. Una storia che profuma di cose buone, che fa sorridere per i nomi impronunciabili delle fatine, che intenerisce per i primi batticuore dei ragazzi, che rimane nel cuore, come le mollette che ritraggono ogni singolo abitante della città.
Il destino di una fata di Elisabetta Gnone – Salani editore (2021) – pag. 283