Dolore e pianto sotto le mura di Troia

Amando i miti greci ed essendo sempre alla ricerca di buoni retelling, dopo aver apprezzato Il silenzio delle ragazze di Pat Barker, un intenso e mio parere riuscito romanzo ispirato all’Iliade, non potevo lasciarmi sfuggire il seguito Il pianto delle Troiane, che riprende esattamente dove era terminato il primo.

Achille, l’eroe più feroce, ma per certi versi anche il più umano, è morto per mano del vigliacco Paride. Colpito al tallone da una freccia. Ucciso non in un combattimento corpo a corpo ma da lontano. Alla sua morte, anche per tenere fede ad un oracolo che profetizza che Troia cadrà solo se sotto le sue mura combatterà suo figlio Pirro, quest’ultimo si unisce alla spedizione achea.

E infatti il romanzo inizia nella pancia del cavallo, dove si trovano i soldati più valorosi, pronti a erompere fuori non appena la cittadinanza dormirà, portando ulteriore dolore e morte. E Pirro è tra di loro. Un ragazzino pieno di ardore, che deve dimostrare al mondo e anche a se stesso di essere all’altezza di quel padre leggendario che non ha mai conosciuto di persona.

Attraverso una narrazione in cui i punti di vista di Pirro, Briseide e Calcante si alternano, Pat Barker ricostruisce la caduta di Troia, l’uccisione di Priamo e quella di Astianatte, la paura e l’umiliazione delle donne troiane prese prigioniere dai greci e spartite come bottino di guerra. Nel seguire i destini calpestati di bambini che non diventeranno mai grandi, di donne che dovranno abbandonare la loro terra natia, per seguire uomini che hanno uccisi i propri cari e le hanno private del futuro, l’autrice condanna, ancora una volta, l’orrore della violenza, la sete di sangue e di dominio che abbrutisce ed acceca, la distruzione insensata di città, l’uccisione di innocenti. Una carneficina in cui le donne, i vecchi e i bambini, sono le vittime per eccellenza.

Ha ucciso il mio bambino, sai?

Lo sapevo, anche se da poco. Sulle prime avevo dato al colpa a Odisseo, poiché l’avevo sentito dichiarare con appassionata intensità che ogni maschio troiano doveva morire , compresi i bambini nel ventre della madre. Dovevano morire tutti, aveva detto, specialmente la stirpe di Priamo. Nessuno che potesse avanzare una qualsiasi pretesa al trono doveva restare vivo, nessuno che potesse catalizzare la resistenza e il desiderio di vendetta.

E nell’accampamento acheo, in attesa del vento propizio che riporti a casa gli eserciti achei, non conta essere nate principesse o regine, perché a tutte spetta un destino di infelicità e sofferenza. E così sfilano Cassandra, consapevole di cosa l’attende quando giungerà con Agamennone a Micene; Elena, che nonostante tutto il dolore causato, torna tra le braccia di Menelao; Ecuba, privata di ogni regalità; Andromaca che ha visto il destino del figlio compiersi davanti ai suoi occhi e ora è costretta a giacere con il suo uccisore e Briseide che ricorda Achille mentre vede suo figlio combattere contro i propri demoni, oscurato dall’ombra paterna.

Se Il silenzio delle ragazze mi aveva convinto e conquistato proprio nella descrizione accurata dei protagonisti e nell’atmosfera che l’autrice era riuscita a creare, rimanendo fedele al mito classico, Il pianto delle troiane rimane una spanna sotto.

Manca il pathos che reggeva l’altro. Pirro non è all’altezza di Achille. Briseide, a metà tra la prigioniera troiana, contesa tra Agamennone e Achille e la “sposa” di uno dei fedeli amici e alleati del piè veloce, stenta a trovare la sua voce. Le vicende legate al cadavere di Priamo, la ribellione di alcune schiave, la figura di Calcante, sacerdote troiano che però offre i suoi servizi ai greci, non riescono ad elevare la narrazione. E anche le figure femminili che erano rilevanti e centrali nel primo, qui appaiono sbiadite e di contorno.

Insomma un romanzo discreto ma nulla di più, purtroppo.

Il pianto delle troiane di Pat Barker ]The Women of Troy 2021] – traduzione di Carla Palmieri (2022) – pag. 321

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