Il punto dove avevamo le ali

Ci sono libri che parlano di piccoli grandi miracoli, di creature magiche, di angeli, di cose impossibili agli occhi della ragione. Cose a cui, finché siamo piccoli crediamo senza chiederci se esistano oppure no. Per anni le fiabe, le fate, Babbo Natale, la Befana, la fatina dei denti, l’amico immaginario, sono altrettanto reali che il babbo, la mamma e gli amici. Poi all’improvviso, un giorno, quella magica, incommensurabile, straordinaria capacità di credere scompare: siamo diventati grandi e abbiamo perso il dono più prezioso che avevamo.

Skellig di David Almond, considerato un grande classico moderno della letteratura per ragazzi, ci parla proprio di questo.

Michael è un ragazzino che si è appena trasferito in un nuovo quartiere, è lontano dalla scuola e dagli amici. In più, la sorellina appena nata ha grossi problemi di salute e la madre non può occuparsi di lui. E anche il padre, seppur presente ed affettuoso, deve cercare di sistemare la casa in cui si sono trasferiti, che necessita di grandi opere di manutenzione e restauro. Così tra tristezza e preoccupazione per tutto quello che lo circonda, il ragazzino ha il tempo per esplorare il nuovo quartiere, guardare dentro un vecchio garage pericolante, pieno zeppo di ciarpame di ogni tipo e conoscere una strana ragazzina Mina, che vive nella casa accanto alla sua, non va a scuola, ama William Blake e apprende osservando la natura con curiosità, dipingendo, modellando la creta e facendosi domande.

«Vedi come la scuola ti chiude? Io qui disegno, dipingo, leggo, osservo. Sento il sole e l’aria sulla pelle. Ascolto il canto del merlo. Apro la mente. Aah! La scuola!»

E nel garage, tra la polvere, Michael trova una strana creatura, che all’inizio pare un senzatetto, rifugiatosi lì. Un uomo vestito di nero, pallido e magro, coperto di ragnatele e mosconi morti, con la faccia che pare di stucco. Il ragazzino inizia a prendersi cura di lui, gli porta aspirine per combattere il dolore alle articolazioni, il cibo cinese avanzato di cui è ghiotto e la birra scura, nettare degli dei.

Michael, seppur cerchi di capire da dove venga quello strano uomo, dopo avergli posto alcune domande su chi sia e da dove provenga, non insiste, lo accetta per quello che è.

Mentre prosegue la strana amicizia tra Michael e l’uomo del garage, le condizioni della sorellina peggiorano e il legame con Mina si fa più stretto. La ragazzina lo porta in una casa diroccata nella cui soffitta vive una famiglia di allocchi. Condivide con Michael le sue osservazioni: il continuo avanti e indietro degli uccelli, la preparazione del nido e i boli che cospargono il pavimento della soffitta. Il ragazzo decide così di portarla a conoscere la creatura: Mina è l’unica con cui può condividere quella strana amicizia, la sua mente aperta e senza pregiudizi è pronta ad accettare la creatura per quello che è.

«Che cos’è?»

«Non si può sapere. A volte dobbiamo solo accettare che ci sono cose che non si possono sapere. Perché tua sorella è malata? Perché mio padre è morto?» Mi prese la mano. «A volte pensiamo che dovremmo essere capaci di sapere tutto, ma non è così. Dobbiamo contentarci di vedere quello che c’è da vedere e il resto dobbiamo immaginarlo».

Skellig è un romanzo originale ed emozionante. In un’unica storia sono racchiuse le sofferenze di un adolescente alle prese con cambiamenti che scombussolerebbero un adulto: trasloco, malattia, incertezze sul futuro, i rapporti con i vecchi compagni che non funzionano più, la presa di coscienza della natura effimera e fragile di ogni cosa, il senso di inutilità, la scoperta di nuove relazioni e su tutte la presenza di un essere di nome Skellig da salvare.

«Dicono che le scapole sono il punto dove avevamo le ali, quando eravamo angeli. Dicono che sono il punto in cui ci ricresceranno, un giorno».
«È solo una storia, però. Una favoletta per bambini, no?»

«Chi lo sa? Forse una volta avevamo tutti le ali e forse un giorno le avremo tutti di nuovo».

«Secondo te la bambina aveva le ali?»

«Ah, sono sicura di sì. Basta  guardarla».

«A volte penso che non se ne sia mai andata del tutto dal paradiso e non sia mai arrivata del tutto qui sulla terra».

Skellig non edulcora la realtà, parla di trasformazione, di vita e morte, del ciclo costante della natura che per rinascere deve prima morire, richiamando e non a caso uno dei miti più belli dell’antichità, quello di Persefone, costretta a passare sei mesi negli inferi (il periodo dell’autunno e dell’inverno) ma che risale a primavera, ridando luce, colore e vita alla terra.

Un capolavoro per ragazzi, ma che commuoverà e convincerà ogni adulto che abbia mantenuto e preservato un po’ di quella magia di cui parlavo prima.

Skellig di David Almond [1998] Salani Editore (2020), con la traduzione di Paolo Antonio Livorati – pag. 151

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